Cresce l’allarme degli allevatori per le aggressioni di lupi ed orsi: “Situazione insostenibile”. Tutti i dati
Grande preoccupazione - anche alla luce di un rapporto pubblicato recentemente sul tema – per le ripercussioni sul mondo zootecnico. Giacomo Broch: non si può chiedere alla nostra categoria di rinunciare a sé stessa in nome di un animalismo che attribuisce al singolo carnivoro gli stessi diritti di una persona umana e non considera le immani sofferenze degli altri animali al pascolo, vittime di orsi e lupi
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TRENTO. Il comparto zootecnico trentino è formato da 41.879 bovini allevati in 1611 allevamenti (di questi, 850 sono stalle professionali con 36mila capi), 34mila pecore e 11mila capre. Il territorio coltivato è di 110mila ettari, di cui la stragrande maggioranza, 90mila, a pascolo. 375 malghe allevano 24mila capi, e altre 200 sono specializzate 46mila capi di capre e pecore. Un settore che impiega 2mila addetti e produce 150milioni di litri di latte l’anno, per un valore di 100 milioni di euro. A questi si aggiungono altri 5mila capi da carne per 10milioni di euro di valore di produzione.
Ma il valore reale non è solo economico, bensì quello legato alla cura delle aree montane, alla bellezza del paesaggio, al mantenimento dell’ecosistema alpino. Nel 2021 sono stati 1259 gli animali domestici colpiti da orso e lupo e 825 nel 2022. Dodici mesi fa sono stati predati 53 bovini, l’equivalente di un allevamento medio trentino. Lo stesso per gli ovicaprini, 426 capi: la dimensione di un gregge che attraversa le nostre valli. Per il 2023 l’andamento sembra essere simile.
Non serve aggiungere altro per capire che la convivenza problematica tra mondo dell’allevamento trentino e grandi carnivori non sembra destinata ad attenuarsi nell’estate in corso. Per fare il punto della situazione, anche alla luce dei dati contenuti in un rapporto redatto recentemente, la sede della Federazione Provinciale Allevatori, a Trento, ha ospitato una conferenza stampa. Sono intervenuti Giacomo Broch, Antonello Ferrari e Massimo Gentili, rispettivamente presidente, vicepresidente e direttore della Federazione.
“Non si può chiedere alla nostra categoria di rinunciare a sé stessa in nome di un animalismo che attribuisce al singolo carnivoro gli stessi diritti di una persona umana e non considera le immani sofferenze degli altri animali al pascolo, vittime di orsi e lupi – spiega Broch - Parliamo di innocenti, piccoli e adulti di vacca, capra, pecora, asino, cavallo, aggrediti e brutalizzati con ferite laceranti, agonie e sofferenze indescrivibili che lasciano inorridito chiunque abbia una minima conoscenza degli animali e del territorio”.
"Senza considerare il dolore degli allevatori e delle loro famiglie che con questi animali tessono rapporti che durano generazioni e sono alla base dei valori che motivano queste difficili scelte di vita. E senza dimenticare le pesanti conseguenze economiche, i mancati investimenti, le perdite di produzione nei confronti delle quali i risarcimenti suonano spesso come una vera e propria beffa”.
Per il 2023 non sembrano esserci segnali di miglioramento, anzi. A Malga Boldera, sui monti Lessini, le predazioni si stanno verificando con una frequenza crescente settimana dopo settimana. In meno di un mese, sono stati predati 13 bovini e 2 asini, nonostante l'installazione di un recinto elettrificato anti-lupo. Un singolo allevatore ha perso 8 animali su 11, liberi al pascolo in un'area considerata come modello per quanto riguarda le protezioni.
Non meno preoccupante, per chi in alta montagna deve vivere o operare, l’aspetto aggressioni: il rapporto afferma che “nel corso del 2021 sono stati registrati 24 eventi di incontro ravvicinato fra uomo e orso. Nella maggior parte dei casi (19) gli orsi hanno manifestato indifferenza. In cinque occasioni, invece, l’orso ha manifestato comportamenti che lo hanno portato ad approcciare/avvicinare le persone (3) o a manifestare comportamenti di minaccia”.
“Senza montanari – aggiunge Broch - non c’è futuro per la montagna. Se perdiamo gli alpeggi, se gli allevatori si ritirano dalla montagna non viene meno solamente il presidio fisico della montagna: vengono meno le basi culturali ed etiche sulle quali si è retta la nostra Autonomia e la capacità di presidio del territorio attraverso le amministrazioni locali. Per questi motivi riteniamo fondamentale rilanciare la lotta contro i grandi carnivori: per salvare le nostre imprese e per salvare la potestà autonomistica attraverso cui governiamo i nostri territori”.