La denuncia: «Ore d’attesa per il rientro a casa in ambulanza dopo una visita»
Il marito di una donna affetta da sclerosi multipla racconta l’odissea vissuta da molti invalidi o anziani in Trentino, che non possono essere riportati a domicilio con l’auto: «Gli infermieri del pronto soccorso hanno sollecitato più volte, ma senza risultato. Chiedo se ci sono pochi mezzi o poco personale? Quale è il problema?»
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TRENTO. Aspettare ore e ore in pronto soccorso con una malattia degenerativa invalidante perché non ci sono ambulanze che possano effettuare il trasporto al domicilio dopo una visita.
Ad una donna di 57 anni di Fai della Paganella che da più di 15 anni combatte contro la sclerosi multipla nel mese di luglio è capitato non una volta, non due ma ben tre volte. Tre accessi al pronto soccorso per una brutta caduta in casa e lunghissime attese, dopo aver ricevuto le cure del caso, sdraiata su un lettino, con i disagi che sono solo lontanamente immaginabili da chi non soffre di questa patologia.
Per questo ora il marito ha deciso di portare alla luce il problema che - dice - non riguarda solo sua moglie - ma tutte le persone in gravi difficoltà che non posso essere trasferite al proprio domicilio con un qualsiasi mezzo. «Quello che mi chiedo è se manchino ambulanze o personale perché la situazione è davvero insostenibile», dice.
Era il 12 luglio quando la donna è caduta nella sua abitazione. In mattinata è stata chiamata l'ambulanza per portarla in ospedale e non c'è stato nessun problema, è arrivata in tempi rapidi. Nel pomeriggio, alle 15 e 36, al marito è stato consegnato il foglio di dimissioni e nello stesso momento è stata avvisata la centrale del 118 che la paziente poteva essere trasferita al domicilio.
A quel punto sono passate più di quattro ore prima che qualcuno la caricasse in ambulanza e la portasse a Fai. «Siamo arrivati a casa che erano le 20 e mia moglie è giunta stremata».
Pochi giorni dopo la situazione si è ripetuta. «Tre giorni dopo mia moglie aveva ancora male al braccio destro dove le avevano posizionato il tutore. L'ambulanza ha ricevuto l'ordine di andare a Cles e lì hanno sostituto il tutore e immobilizzato maggiormente il braccio. Sono stati rapidissimi. L'accettazione è stata alle 10 e 52 e meno di un'ora dopo avevamo finito. Peccato che anche in quell'occasione abbiamo dovuto attendere per 4 ore un'ambulanza per tornare a casa».
E per la terza volta il disservizio c'è stato il 21 luglio. La donna è stata inviata a Cles in quanto lamentava dolore anche all'altro braccio per quella che poi si è rivelata una frattura dovuta sempre alla caduta avvenuta 10 giorni prima. Alle 14 il personale del pronto soccorso aveva emesso un referto e l'invio a domicilio. Questo, però, è avvenuto verso le 19, quando è arrivata la Croce Bianca Rotaliana, la prima disponibile dopo quasi cinque ore di attesa.
«E non è colpa degli infermieri o del personale del pronto soccorso. Anzi, loro hanno continuato a sollecitare tanto che in tutti i referti, più volte, è stato scritto. "si sollecita l'arrivo dell'ambulanza per il rientro a casa". Va detto che per loro questo è è un lavoro in più. Potrebbero prendersi cura dei pazienti e invece devono continuamente telefonare per capire quando arriverà il mezzo che riporta i pazienti al loro domicilio. Io i medici e gli infermieri sia del pronto soccorso di Cles, che quelli di Trento non posso che ringraziarli, così come quelli dell'ambulatorio ortopedico che ci hanno accolti con molta umanità. Ma il problema è organizzativo e di risorse».
Ma quella dei tempi d'attesa non è l'unica anomalia segnalata da questo marito che ormai, suo malgrado, è diventato esperto di prestazioni sanitari.
«Sempre per la sua malattia mia moglie ha avuto un problema al nervo trigemino. Qui a Trento non effettuano l'operazione che ci hanno proposto a Negrar dove potevano fare velocemente una visita privata mentre per una vista in convenzione ci volevano mesi. Ovviamente, visto il dolore che aveva mia moglie abbiamo optato per la libra professione e poi per l'intervento in tempi rapidi (questo in convenzione), ma per la visita ci hanno detto che, essendo effettuata in regime privatistico, non avevamo diritto al trasferimento in ambulanza. Io mi chiedo: la paziente è sempre lei, la prestazione anche, non viene effettuata in Trentino, ma siccome ho deciso di pagare per anticipare i tempi alloro non abbiamo diritto all'ambulanza. Un controsenso come è inammissibile far aspettare questi pazienti ore»