Salute / Giustizia

Ragazzina malata sconfigge la Provincia: riconosciuta la sua invalidità, avrà l’assegno di accompagnamento

Affetta da una gravissima patologia che incide sulla vita sociale. L'invalidità della piccola, ora dodicenne, era stata valutata nel 2019, ma nel 2021 con la revisione degli accertamenti sanitari erano state riconosciute solamente le «difficoltà persistenti» a volgere compiti e funzioni della sua età

di Marica Viganò

TRENTO. La ragazzina, a causa di una grave invalidità, ha bisogno di una continua assistenza. Non è in grado di compiere in autonomia le attività quotidiane e anche la partecipazione ad una gita rappresenta un ostacolo. Per i genitori non è semplice conciliare l'assistenza alla figlia con l'attività lavorativa (necessaria perché garantisce loro lo stipendio necessario per le cure), e lungo questa strada in salita si sono - comprensibilmente - sentiti persi quando l'Azienda sanitaria e la Provincia hanno tolto loro l'assegno di accompagnamento, sostituendolo con quello di frequenza.

Un cambio che non rappresenta solo un sostegno economico inferiore, ma che significa una differente valutazione dell'invalidità. Assistiti dall'avvocato Lorenzo Eccher, mamma e papà hanno deciso di andare in tribunale: il giudice - pur in presenza di una conclusione del consulente tecnico d'ufficio favorevole alla decisione della Commissione dell'Azienda sanitaria - ha accolto il ricorso, precisando che la ragazzina risulta attualmente invalida, con inabilità lavorativa e necessità di assistenza «non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita».

Ai genitori spetta dunque l'assegno di accompagnamento. L'invalidità della piccola, ora dodicenne, era stata valutata nel 2019, ma nel 2021 con la revisione degli accertamenti sanitari erano state riconosciute solamente le «difficoltà persistenti» a volgere compiti e funzioni della sua età. Ma in quei due anni non c'era stato alcun miglioramento delle condizioni e la Commissione effettuò la seconda valutazione sulla base di documenti e non dopo una visita della paziente.

La piccola è affetta da una gravissima patologia che colpisce un neonato ogni 2 milioni: in passato ha subìto interventi chirurgici delicati e tuttora deve essere assistita anche per le esigenze quotidiane fondamentali. Pesanti sono le conseguenze sulla socialità, perché la situazione clinica non le consente di andare a dormire a casa delle amichette, di partecipare un campeggio estivo o ad un ritrovo sportivo. Anche la gita di un solo giorno è impegnativa.

La stessa ragazzina, sentita dal Ctu del tribunale, ha spiegato che vorrebbe praticare il calcio, ma non può, e che ha difficoltà anche ad andare in bici. Il giudice, accogliendo il ricorso, ha condiviso le conclusioni cui è pervenuto il tribunale di Trento nella sentenza 57/2020 (riguardo ad un caso di diabete giovanile, sempre seguito dall'avvocato Eccher), ritenendo che «a fronte di un dettato normativo non univoco ("difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età"), appare preferibile un'interpretazione che attribuisca un maggior rilievo al profilo qualitativo, anziché a quello quantitativo»: «Anche la persistente difficoltà di svolgere una sola attività può fondare l'accertamento dello stato di invalidità di un minore qualora attenga a un aspetto essenziale della sua personalità, come accade per l'attività fisica finalizzata alla pratica sportiva (anche solo di base)».

Per il giudice, le patologie della minore incidono su aspetti essenziali della sua vita sociale, con ripercussioni talmente gravi su di lei e sui familiari da far ritenere integrate le condizioni per il riconoscimento dell'invalidità.

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