Due giugno / L’evento

Festa della Repubblica, gli interventi di Fugatti e Ianeselli

Mario Eichta, noto per la sua lunghissima attività in ricordo di tutte le vittime della Grande Guerra, ottiene l'onorificenza di Grande Ufficiale. Tra i nuovi cavalieri anche l'avvocato e presidente dell'Ana Paolo Frizzi di Trento, l'ex consigliere provinciale Guido Ghirardini di Caldes, Giuliano Mattei (ex presidente Nuvola) di Ala, Giovanni Menotti (Riva del Garda), e il luogotenente Gianluca Trentin di Levico Terme

TRENTO. La cerimonia per la festa della Repubblica si è svolta domenica due giugno in piazza Duomo. Oltre ai cavalieri del lavoro Matteo Bruno Lunelli e Fausto Manzana nominati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, le onorificenze dell'Ordine "Al Merito della Repubblica Italiana" concesse dal Capo dello Stato ai cittadini trentini sono 20. Mario Eichta, noto per la sua lunghissima attività in ricordo di tutte le vittime della Grande Guerra, ottiene l'onorificenza di Grande Ufficiale.

Nomina a commendatore per Franco Danieli di Trento, mente del progetto Spiagge sicure. Diventano ufficiali il tenente colonnello Livio Rocchi di Trento e Rinaldo Stroppa di Borgo Valsugana (presidente della sede sezionale dell'Associazione Nazionale Carabinieri - Sezione Valsugana Orientale).

I nuovi cavalieri sono Maurizio Adami di Trento, Mario Carboni di Trento, il primo luogotenente Agostino Celoro di Trento, Fiore Cerana di Tre Ville, Giuseppe Cervi di Strembo, Agostino Confente di Trento, l'avvocato e presidente dell'Ana Paolo Frizzi di Trento, l'ex consigliere provinciale Guido Ghirardini di Caldes, Domenico Giamberardino (deceduto) di Trento, Giuliano Mattei (ex presidente Nuvola) di Ala, Giovanni Menotti (Riva del Garda), Paolo Nicolini di Valdaone, Alessandro Pontara di Rovereto, Vincenzo Russo, il tenente colonnello Renzo Tovazzi di Pergine Valsugana, il luogotenente Gianluca Trentin di Levico Terme.

Dopo aver rivolto un saluto al nuovo Commissario del Governo Giuseppe Petronzi, il presidente Fugatti ha sottolineato l’importanza di uno sforzo comune per porre fine ai conflitti che segnano oggi lo scenario internazionale e che provocano numerose vittime anche fra i civili, soprattutto bambini e anziani. É importante richiamare, ha affermato, i principi fondamentali della nostra Costituzione antifascista, che esclude il ricorso alla guerra come strumento per la soluzione della controversie. Sottolineata anche l’importanza della partecipazione attiva di ogni cittadino, soprattuto dei giovani, alla vita pubblica, esercitando responsabilmente i diritti e contribuendo alla soluzione dei problemi comuni. Nelle parole del presidente della Provincia anche il valore dell’unità delle istituzioni al di là delle legittime e salutari differenze, affinché la volontà comune prevalga sui distinguo e sulle posizioni di parte. Infine, gratitudine è stata espressa nei confronti del Capo dello Stato e di tutti coloro che oggi in piazza vestivano una divisa impegnati nella sicurezza, nell’ordine pubblico e nella protezione civile, e verso i rappresentanti di Associazioni combattentistiche, d’Arma e della Memoria per la loro solidarietà, il loro impegno e il loro spirito di sacrificio.

L’intervento di Ianeselli

“Dobbiamo aver cura della Repubblica. Dobbiamo aver cura dell’Europa”. È stato il Presidente Sergio Mattarella a rivolgerci questa duplice esortazione, rimasta nel cuore di molti, nell’appassionato intervento che ha inaugurato l’anno di “Trento Capitale europea e italiana del volontariato”. La cura della nostra Repubblica, che oggi compie 78 anni, è stata immediatamente associata dal Presidente alla cura dell’Europa, strette in un binomio altamente significativo, come se il valore della più grande conquista politica del secondo dopoguerra italiano fosse rafforzato e trovasse un’espressione compiuta solo nella cornice della cooperazione e della pace europea.

Questo legame, di cui forse oggi non si coglie fino in fondo il significato, era ben chiaro pure ai Costituenti eletti il 2 giugno 1946: infatti, anche se allora l’Europa politica esisteva solo nelle idee e negli scritti di audaci visionari, l’articolo 11 della nostra Carta fondamentale già prefigurava la necessità di guardare oltre i confini nazionali, stabilendo che l’Italia, “in condizioni di parità con gli altri Stati”, può consentire quelle “limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” e dunque promuovere e favorire “le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Si trattava di parole rivoluzionarie in un continente che fino a poco tempo prima era dilaniato dalla guerra tra Stati e tra cittadini dello stesso Stato. Parole che si nutrivano delle riflessioni degli antifascisti al confino, da Altiero Spinelli a Ernesto Rossi, autori di quel manifesto di Ventotene che immagina una rivoluzione democratica europea ispirata ai principi di pace, giustizia e libertà. L’idea dell’integrazione del continente, di cui poi fu alfiere il trentino Alcide De Gasperi, presupponeva infatti una comunità di valori che tutt’oggi chiedono di essere tradotti in norme, progetti, riforme. Chiedono, in definitiva, quella cura concreta e fattiva a cui ci ha esortato il Presidente Mattarella.

L’Europa della cooperazione pacifica, della democrazia e del rispetto delle minoranze è stata una reazione all’altra Europa, quella autoritaria, liberticida e bellicosa del nazifascismo. Allo stesso modo, la Repubblica nata in seguito al referendum del 2 giugno non è solo antimonarchica, è anche e soprattutto antifascista. I costituenti esclusero infatti la possibilità di scrivere una Costituzione afascista, che considerasse il Ventennio una parentesi avulsa dalla nostra storia, un’esperienza conclusa per sempre che ci rendeva immuni dal riemergere di tendenze autoritarie. Da Aldo Moro a Palmiro Togliatti passando per Piero Calamandrei, i costituenti affermarono in un appassionato dibattito che nessuna tabula rasa era possibile e che la Costituzione, e dunque la Repubblica, dovevano essere esplicitamente antifasciste per almeno due motivi: per sottolineare la loro derivazione diretta della Resistenza e per dare agli italiani democratici una base ideologica condivisa, al di là delle diverse posizioni politiche.

Credo sia opportuno richiamare le radici ideali di questa festa civile per essere attrezzati ad affrontare un periodo difficile e pieno di incognite, stretto tra due guerre di cui non vediamo la fine e percorso da un’ondata di violenza politica che ha avuto il suo acme nell’attentato al premier slovacco Robert Fico. I conflitti e le difficoltà di oggi ci dimostrano che la democrazia europea non è un destino inesorabile, è un compito quotidiano. Anche la nostra Repubblica parlamentare, imperniata sul principio di rappresentanza e su un diritto di voto a cui ci siamo assuefatti in fretta, non può dirsi acquisita per sempre. Va difesa, protetta dai tentativi di snaturarla, messa nelle condizioni di trasformare le paure, legittime, di tanti cittadini in sollecitudine per il bene comune.

A pochi giorni dal cinquantesimo anniversario della strage di piazza della Loggia, vorrei concludere con le parole mai pronunciate dal sindacalista Franco Castrezzati il 28 maggio 1974. Il suo discorso, interrotto dallo scoppio di un ordigno che causò la morte di otto persone e il ferimento di almeno cento, non ha perso un briciolo della sua attualità. “Se vogliamo assestare un colpo salutare ai rigurgiti fascisti, diamo un volto più preciso a questa nostra democrazia. Diamogli il volto della libertà, ma di una libertà sostanziale e non solo formale; della libertà dal bisogno e della libertà di stampa (...) Diamogli il volto della partecipazione, di un governo cioè nel quale il popolo si vede, si specchia e si sente rappresentato. Diamogli il volto della giustizia attraverso la quale l’eguaglianza fra tutti i cittadini sia esaltata in coerenza con i valori di dignità della persona umana”.

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