Nozze combinate, padre condannato: figlia costretta a sposare un cugino in Pakistan
Questa volta c'è il lieto fine: grazie al coraggio della madre, pure lei nata in Pakistan, che ha denunciato anni di soprusi e di violenze e ha voluto difendere i diritti delle sue figlie, il matrimonio è stato sciolto. Il certificato di divorzio è arrivato attraverso il Consolato generale del Pakistan, nell'autunno scorso
SAMAN Uccisa perché rifiutò il matrimonio combinato
TRENTO. Non aveva neppure 20 anni quando il padre l'ha obbligata a sposare un cugino. Un matrimonio organizzato via telefono dall'Italia, all'insaputa della ragazza, e celebrato nel febbraio del 2022 in Pakistan, Paese d'origine della famiglia. La giovane, costretta a dire sì sotto minaccia, è nata in Pakistan ed è cresciuta in Trentino.
Lo stesso genitore, finito a processo per maltrattamenti in famiglia e induzione coatta al matrimonio, vive in Italia da quasi due decenni, ma evidentemente non si è mai integrato, non ha voluto aprirsi ad una cultura differente da quella d'origine. Non si spiegano altrimenti le nozze combinate della secondogenita e le liti con la moglie, colpita con pugni e schiaffi, perché era contrario al modo di vestirsi della figlia maggiore.
Una storia di ingiustificato attaccamento a tradizioni arcaiche e patriarcali che, purtroppo, non è nuova alle cronache. Ma questa volta c'è il lieto fine: grazie al coraggio della madre, pure lei nata in Pakistan, che ha denunciato anni di soprusi e di violenze e ha voluto difendere i diritti delle sue figlie, il matrimonio è stato sciolto. Il certificato di divorzio, datato giugno 2023, è arrivato attraverso il Consolato generale del Pakistan, nell'autunno scorso.
Grazie a questo documento nei giorni scorsi si è potuto chiudere il procedimento nei confronti del padre, 49 anni: il giudice Enrico Borrelli lo ha condannato a 4 anni di permanenza agli arresti domiciliari in una regione diversa rispetto a quella in cui vivono le persone offese (la moglie, le due figlie ed i tre figli maschi della coppia, che si trovano in una casa rifugio e in strutture adeguate) e a 35mila euro di risarcimento del danno (parte dell'importo è già stato versato).
Lo scioglimento del vincolo coniugale in Pakistan era una condizioni imprescindibile per la tutela di moglie e figli, rappresentati dall'avvocato Giuliano Valer. Si tratta, del resto, di un documento non semplice da ottenere in quanto vengono richieste ripetute manifestazioni di volontà e notificazioni, che necessitano della collaborazione del padre della sposa e dei familiari che vivono in Pakistan.
La stessa cerimonia nuziale era stata organizzata con la complicità dei parenti, approfittando del periodo in cui la ragazza, assieme alla madre e alla sorella, si trovava in Pakistan in visita alla famiglia. In quella situazione, il padre, rimasto in Italia, aveva telefonato alla moglie disponendo che la secondogenita si sposasse con il cugino; l'uomo aveva aggiunto che in caso di rifiuto sarebbero state uccise da lui o da suo fratello e che, comunque, il loro passaporto sarebbe stato ritirato affinché non potessero tornare in Italia.
A portare in tribunale l'uomo era stata la moglie, accusandolo di maltrattare, offendere e picchiare lei ed i figli, e anche di minacciarli di morte. Inizialmente aveva dichiarato di aver subìto violenza sessuale, ma su questo punto aveva poi precisato: «Pur senza trasporto emotivo, il mio consenso c'era. Lui era stato un marito premuroso e corretto prima di abusare di sostanze alcoliche e di droga».