Emergenza / Intervista

Mauro Bombardelli, il "Bomba" , soccorritore speleo subacqueo: tanta tecnica per quegli interventi da incubo

Primo e per molti decenni unico in Trentino: «Ho raggiunto le 4 ore di immersione, per un chilometro. Quando parto preferisco essere da solo, perché è meglio un solo morto in caso di incidente»

di Roberto Franceschini

TRENTO. Ogni tipo di soccorso, di per sé, è sempre particolarmente impegnativo e richiede quindi una specifica preparazione qualunque sia l'intervento richiesto per aiutare una persona in difficoltà. A mio parere, ma non solo, i soccorsi più difficili sono quelli effettuati nelle cavità naturali, ancor più quando gli infortunati e talvolta, ahimè, anche delle vittime, sono all'interno di una grotta ricolma di acqua.

Ecco quindi arrivare i soccorritori speleosubacquei: poco meno di una quarantina a livello nazionale. Disponibili ad intervenire ventiquattrore al giorno per 365 giorni all'anno su base volontaria, operativi in quasi tutte le regioni nazionali con delle sofisticate attrezzature tecnico-medicali, per soccorrere quanti rimangono bloccati in qualche cavità naturale o artificiale, che presentino tratti allagati parziali o totali, in acque confinate e di difficile accesso.

Operatori inseriti a pieno titolo nel Cnsas (Corpo Nazione Soccorso Alpino e Speleologico) presieduto da Maurizio Dellantonio.

Nello specifico, il soccorso speleologico è articolato in 17 Zone nazionali a sua volta suddiviso in diverse Stazioni. Il Trentino fa parte della XVII Zona, mentre se vengono richiesti dei soccorritori speleosubacquei per interventi nel nostro ambito territoriale ci si avvale dei volontari presenti in Veneto, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

Ed è solo dal 1984 che fu istituita una specifica commissione speleosubacquea in seno alla sezione speleologica nazionale, dopo che negli anni precedenti si erano verificati alcuni tragici incidenti nella cavità carsiche del nord Italia, mentre è del dicembre 1989, ad Oliero (Vicenza) il 1° Incontro nazionale dei tecnici del soccorso speleosubacqueo.

Il primo ed unico soccorritore trentino ad essere stato abilitato per questo tipo di soccorsi, dal 1994 al 2017, è stato Mauro Bombardelli soprannominato "Bomba". Classe 1960, operatore nel settore dei pannelli fotovoltaici, residente nella frazione Luch di Drena nell'Alto Garda Trentino, al quale abbiamo rivolto alcune domande personali e storiche.

Quando e per quale motivo ha deciso diventare un soccorritore speleosubacqueo?

«Dopo aver conseguito diversi brevetti come sub negli anni 1992-94, mi sono avvicinato alla meravigliosa realtà della speleologia subacquea che mi ha affascinato sin dalle prime esplorazioni in quei particolari percorsi sotterranei, entrando poco dopo come volontario nella 6ª Stazione Soccorso Speleosub di Verona».

A quanti interventi di soccorso ha partecipato?

«Ad una decina, quasi sempre in Veneto. Una regione ricca di ambienti ipogei soprattutto nella zona di Valstagna (Vicenza) in Valsugana, famosa per le cavità sommerse di Oliero e l'impegnativa risorgiva carsica dei Fontanazzi, nelle grotte del Subiolo, Cavol dei Siori e Cavol dei Veci. Quest'ultima cavità con uno sviluppo spaziale di 365 metri ed un dislivello sino ad oggi raggiunto di -149 metri».

Quale è stata la cavità più impegnativa ed emozionante?

«Nonostante l'abbia percorsa decine e decine di volte, senza alcun dubbio "El Bus della Spia" alle pendici orientali del Gruppo di Brenta nel comune di Sporminore in Valle di Non. Conosciuta fin dal Medioevo, poi grazie alle prime descrizioni di Marx Sittich von Volkenstein nel '600, quindi per delle esplorazioni, nel 1738, da parte lo studioso Anton Roschmann e per i successivi importanti rilievi svolti dal geografo irredentista Cesare Battisti nel 1905».

Ma quanto è penetrato nelle viscere di questi cunicoli, sifoni e laghi sotterranei?

«Personalmente ho superato 1 chilometro sott'acqua, raggiungendo una profondità massima di -82 metri per un totale in immersione di ben 4 ore e 40 minuti, utilizzando diverse bombole, erogatori e luci di emergenza e sempre in totale solitudine».

Ma come, da solo?

«Personalmente preferisco immergermi in solitaria, con solo degli appoggi logistici esterni all'asciutto della grotta, perché in caso di incidente meglio un solo morto che assieme a più compagni "eterni". Questa è la mia opinione ed il mio modo di operare nelle grotte sommerse. Eppoi, se siamo in gruppo si riduce notevolmente la visibilità in acqua, perché è facile alzare l'impalpabile argilla depositata un po' ovunque».

Ma quale è la massima profondità raggiunta in acque libere ed in grotta?

«Ho un personale di -112 nello specchio lacuale del Garda, nella zona antistante porto San Nicolò a Riva del Garda, mentre in grotta ho raggiunto i -95 in una cavità del Kosovo nei Balcani».

Ma quando si immerge a quelle profondità cosa prova?

«Apprezzo ancor più la solitudine, il sentirmi circondato da posti che nessuno prima di me ha potuto ammirare, ascoltare il mio corpo ed i miei limiti fisici e psicologici. Amo poi studiare queste cavità, fare delle ricerche scientifiche e delle accurate planimetrie di quanto scoperto. In Trentino sono 936 le grotte inserite nel catasto provinciale censite grazie alla Legge provinciale n. 37 del 31 ottobre 1983, la "Protezione del patrimonio mineralogico, paleontologico, paletnologico, speleologico e carsico", senza dimenticare poi l'aspetto artistico nel scattare delle fotografie e dei video unici nel loro genere».

E quale è l'elemento più importante durante queste esplorazioni solitarie e del quale non potrebbe assolutamente fare a meno?

«Certamente avere al proprio fianco il filo d'Arianna. Quel fine ma solido cordino per poter segnare la strada percorsa nel labirinto ipogeo, il quale ti consente poi di uscire agevolmente alla luce del sole per riprogrammare delle nuove esplorazioni».

E chi vuole menzionare e ricordare tra i soccorritori speleosubacquei?

«Un posto di diritto spetta senz'altro al primo soccorritore spelosub a livello mondiale. Il triestino nonché palombaro Tomaso Ravkin che il 28 aprile 1894 salvò dopo 10 giorni ben 7 esploratori, rimasti bloccati nella grotta di Lurloch presso Graz in Austria, quindi il pugliese Raffaele Maria Onorato che ha fatto crescere l'intero movimento del soccorso speleosub nazionale ed autore di oltre 140 pubblicazioni specifiche».

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