Materne aperte a luglio, per il Consiglio di Stato la scelta non è stata incoerente
L'organo giudicante ha respinto il ricorso di Uil Fpl e di due insegnanti contro il calendario scolastico 2020/2021 stabilito dalla Provincia nel post pandemia. Riconosciuto che i bimbi erano stati i più penalizzati per il Covid non potendo usare gli strumenti della Dad
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TRENTO. Nel periodo di emergenza Covid i bimbi delle materne furono i più penalizzati dalla chiusura delle scuole, perché troppo piccoli per utilizzare le strumentazioni della didattica a distanza. Dunque la scelta organizzativa della Provincia di estendere il calendario scolastico al mese di luglio «non è di per sé incoerente rispetto all’obiettivo dichiarato di compensare “la limitata continuità dei percorsi educativi e dei percorsi relazionali” degli alunni».
La Sezione quinta del Consiglio di Stato - presidente Paolo Giovanni Nicolò Lotti, estensore Valerio Perotti - ha respinto il ricorso presentato da Uil Fpl settore enti locali e da due insegnanti di scuole dell’infanzia contro la decisione della Provincia di Trento di prolungare al mese di luglio 2021 l’attività educativa a favore dei bimbi da 3 a 6 anni.
Già il Tar di Trento, con sentenza di gennaio 2022, aveva bocciato il ricorso del sindacato e delle insegnanti, ricordando che l’epidemia aveva imposto periodi di mancata fruizione del servizio scolastico e che «la legittima aspettativa degli interessati (gli insegnanti, ndr) a godere delle ferie tempestivamente richieste e già concesse in conformità dei rispettivi contratti collettivi di lavoro appare recessiva rispetto agli interessi delle famiglie perseguiti mediante l’estensione del calendario scolastico per le scuole dell’infanzia».
Il sindacato e le due insegnanti hanno però deciso di andare a fondo alla questione, presentando appello al Consiglio di Stato. Come anticipato, il ricorso è stato respinto: i motivi sono stati valutati inammissibili, con la condanna di Uil Fpl a pagare a favore della Provincia le spese di giudizio, pari a 4mila euro, Sostiene il Consiglio di Stato che «nessuna palese irragionevolezza è dato rilevare nelle scelte operative dell’amministrazione».
Innanzitutto - come evidenzia la sentenza - i bambini delle scuole dell’infanzia erano stati i più penalizzati dalla chiusura delle scuole «non avendo potuto servirsi delle strumentazioni utilizzate per la Dad nei periodi di chiusura, per obiettiva incapacità di farlo».
Nelle sole scuole provinciali dell’infanzia si registrarono 43 quarantene di intere sezioni. Viene sottolineato che «la cosiddetta Lead (“Legami educativi a distanza”), attivata nel 2020 nella prima fase del lockdown, non aveva propriamente finalità di insegnamento, ma mirava a conservare “visivamente” i contatti con le famiglie ed i bambini».
Ne consegue che la decisione di estendere il calendario non è stata incoerente, trattandosi di offerta formativa in continuità con le finalità della scuola, ossia creare «opportunità di esperienza altre, specifiche e congrue al periodo estivo».
Per i magistrati della Sezione quinta sono inammissibili perché troppo generici i motivi di ricorso sulle ferie non godute dalle insegnanti (ferie già richieste ed ottenute, in un caso con la motivazione di effettuare un ciclo di cure termali), e riguardo all’eventuale risarcimento.