Abitare / Problemi

Prezzi della casa alle stelle, il monito degli architetti: fuga da Trento, e tutto intorno i costi salgono

A soffrire è la «fascia media», troppo ricchi per l’Itea, troppo poveri per comprare, e dopo il boom di Pergine ora si gonfiano Lavis e Aldeno «a cascata»

di Nicola Maschio

ROVERETO. L'efficientamento energetico non è una priorità. O meglio, gli architetti sarebbero pronti a metterlo in pratica, ma per il momento manca quella che (forse) è la cosa più importante: i soldi. E quindi la categoria attende, concentrandosi però su altri elementi. Come per esempio l'emergenza abitativa in senso più generale: l'assenza di case e spazi per chi è in cerca di un'abitazione, la poca disponibilità che fa impennare i prezzi e che costringe le persone a spostarsi verso altri centri abitati. Dove però l'offerta di case non riesce a soddisfare la domanda. E questo porta ad un nuovo rialzo dei prezzi. Insomma, un cane che si morde la coda.

Il tema è profondo e il presidente degli architetti trentini, Marco Piccolroaz, ha cercato di spiegarlo durante "Percorsi dell'abitare", il convegno regionale della categoria tenutosi giovedì a Rovereto, nella sede di Trentino Sviluppo. Presidente Piccolroaz, la sostenibilità quindi non è in cima alla vostra lista delle priorità? «Non al momento, ma serve fare una precisazione: è importante, nessuno lo mette in dubbio, tuttavia la nostra categoria è già pronta e formata per metterla in pratica. Abbiamo conoscenze e competenze, ma ora servono le risorse per passare ai fatti».

C'è però la questione europea, con gli obiettivi sfidanti per il 2030 e per il 2050… «Certo, tuttavia anche questa tematica è chiaramente legata non solo alle tempistiche, ma anche alla disponibilità economica. Oltre ovviamente al tema delle imprese e del loro numero, che non sappiamo se saprà soddisfare le reali esigenze di questa direttiva. Non dimentichiamoci poi che saranno i privati a dover mettere in campo questi interventi, quindi la disponibilità parte da loro. Insomma, serve ragionare su un "contenitore" più ampio che consideri i cambiamenti della società».

È da quest'ultimo punto che deve partire, oggi, la vostra categoria? «In cima alla gerarchia delle priorità c'è la programmazione consapevole, che si incrocia con le politiche abitative, con la questione urbanistica e con le tensioni legate al comparto del turismo, che in alcuni luoghi sta veramente mettendo in difficoltà le comunità locali».

Ma concretamente, quale è il problema oggi? Mancano case? «Sì certo anche questo. C'è una "fascia grigia" della popolazione che non rientra nelle assegnazioni di Itea ma che, allo stesso tempo, non riesce a stare nel libero mercato. Questo perché da una parte la quantità di case non riesce a far fronte alla domanda, dall'altra però i costi si sono alzati parecchio. Inoltre, ci sono Piani Regolatori fermi a 15 o addirittura 20 anni fa che, in alcuni Comuni, non permettono ulteriori edificazioni. Allora le persone si spostano, ma anche questo ha delle conseguenze».

Riusciamo a fare un esempio concreto? «È presto detto. Ipotizziamo mamma, papà e un bambino: se a Trento ci sono poche abitazioni e quelle che ci sono hanno costi troppo elevati, come nel caso del quartiere delle Albere, la ricerca si sposta altrove. Per esempio a Pergine, che ha un quinto della popolazione del capoluogo, ma dove quest'ultima è aumentata molto negli ultimi anni. E infatti oggi è impensabile e impossibile, a Pergine, trovare i prezzi di quindici anni fa. Ecco allora che anche quel centro, più piccolo, si trova "colmo" e chi cerca casa deve spostarsi verso altre mete. E il ciclo si ripete. Non a caso in tempi recenti abbiamo visto aumenti di edificazioni e di prezzi in zone vicine alla città, penso a Lavis e Aldeno».

Quali allora le soluzioni? «Penso ai centri storici: vanno resi appetibili in termini di servizi. Una città senza servizi, coordinati tra loro, non permette di affrontare il tema dell'emergenza abitativa. Ci sono realtà che si gonfiano e si sgonfiano in modo ormai incontrollato e che, in queste situazioni, vanno in sofferenza in quanto non possono offrire i giusti servizi perché non strutturate per rispondere a questi cambiamenti».

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