Salute / Demografia

In Trentino non nascono più bambini (specialmente negli ospedali di valle): parla il primario Taddei

Dalle valli del Noce le mamme preferiscono andare a Trento; a Cavalese numeri stabili, ma bassissimi: «Un problema complesso, da valutare»

di Patrizia Todesco

TRENTO. Dopo il crollo delle nascite registrato nel 2023, il 2024 ha visto numeri meno preoccupanti, con un calo limitato (-35). Rimane ovviamente la questione dei punti nascita, con il forte calo registrato a Cles (-50, da 232 a 182) e l'aumento di Cavalese (+33, da 137 a 170) che comunque si mantiene su valori decisamente bassi.

Di questo, ma anche della carenza di professionisti disponibili a lavorare negli ospedali di valle, dell'aumento dell'età media delle mamme e delle liste d'attesa per patologie ginecologiche benigne abbiamo parlato con il dottor Fabrizio Taddei, primario del reparto di ginecologia e ostetricia del S. Chiara e a capo del Dipartimento transmurale ostetrico-ginecologico.

Dottor Taddei, come è andato il 2024 dal punto di vista delle nascite?

Siamo soddisfatti perché c'è stata una certa stabilità. Abbiamo avuto un calo dei parti dello 0,4%, quindi non significativo, e questo fa pensare che quella tendenza ad una forte riduzione del 2023 si sia arrestata.

Ci sono invece stati cali sui parti nei punti nascita periferici, in particolare a Cles.

Abbiamo avuto una redistribuzione. Il numero totale è stabile, ma l'impressione è che le donne scelgano di spostarsi. Cavalese ha avuto un aumento di parti, mentre Cles una perdita importante. Trento e Rovereto, invece, sono abbastanza stabili.

Non è compito dei medici prendere decisioni sull'apertura o chiusura dei punti nascita, sulla sostenibilità economica e sulla sicurezza, ma certamente voi potete dare il vostro parere tecnico. Alla luce dei numeri e dei costi quale è la vostra posizione?

Questo è un problema complesso. La nostra impostazione è lasciare che le donne partoriscano dove vogliono. Durante il percorso nascita, dove abbiamo dati ottimi con il 93% di adesioni, primi a livello nazionale, diciamo alla donna che può scegliere dove partorire. Sicuramente la tendenza, specie per la Val di Sole e Val di Non, è quella di andare a Trento e Rovereto.

Quindi sarebbe opportuna una ulteriore riflessione su questo tema?

Una riflessione è sicuramente doverosa. Si valuterà anche quest'anno come proseguire. Sono chiaramente decisioni che non sono prese solo dall'Apss, ma anche dall'assessorato e dalla Provincia.

Per questi punti nascita c'è anche il problema dell'elevato numero di gettonisti.

Certamente il numero di gettonisti che gira sui punti nascita di Cles e Cavalese è abbastanza alto, ma anche a livello nazionale più del 40% degli ospedali ha meno di 500 parti e molti di questi hanno bisogno della presenza di libero professionisti perché stiamo vivendo una situazione di ristrettezza delle risorse umane, questo per una programmazione non eccezionale avvenuta negli scorsi anni. Quindi stiamo parlando di problema comuni, non solo del Trentino. Tutti gli ospedali, anche quelli delle province vicine alla nostra, fanno ampio uso di liberi professionisti.

Quali sono le novità del 2025 per quanto riguarda il suo dipartimento?

Sicuramente proseguiremo nell'integrazione territorio-ospedale, rivalutando il percorso nascita che è sempre da aggiornare. Poi continueremo con lo screening preeclampsia che prevede che somministrazione di un farmaco per prevenirla considerato che è uno dei maggiori problemi che si possono presentare e che è anche la prima causa di mortalità materna.

Negli ultimi anni le coppie non solo fanno meno figli, ma aumenta anche l'età media delle mamme con conseguenti difficoltà nel concepimento. Un trend che può essere invertito o che va accettato?

È un dato di fatto che inevitabilmente va accettato, ma che ha cambiato completamente l'ostetricia in termini di rischio che aumenta con l'aumentare dell'età della donna, rischio di patologie e di infertilità. La fertilità dopo i 35 anni ha un declino che diventa drammatico dopo i 40. Chiaro che fare il primo figlio in media a 32 anni comporta che possa esserci qualche difficoltà ad averne un secondo o un terzo.

Un'ultima domanda sui problemi legati agli interventi chirurgici complessi di oncologici e ai lunghi tempi d'attesa denunciati per le patologie benigne. Quale è la situazione ora?

Lo scorso anno non abbiamo dovuto trasferire nessuna paziente oncologica a Verona. Abbiamo avuto tre anni per sistemare e migliorare l'expertise degli operatori e l'organizzazione per l'oncologia. Siamo assolutamente autonomi e la patologia benigna non è mai stata un problema. Abbiamo avuto un record storico di interventi con il robot per la patologia oncologica, abbiamo superato i 100 interventi, con tutti i vantaggi che questo comporta. Sul fronte delle patologie benigne abbiamo ancora ritardi dovuti al Covid e abbiamo dovuto recuperare una lunga lista d'attesa. Le sale operatorie che ci vengono concesse vengono comunque sempre utilizzate. Non abbiamo mai chiuso una sala perché mancavano ginecologi. Ma è vero che per patologie che non hanno un elevato grado di priorità i tempi sono ancora piuttosto lunghi. Stiamo cercando di recuperare.

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