Dazi, aspettando le scelte di Trump i vini trentini restano in cantina
Dopo un trend speculativo dell’export negli Stati Uniti, per acquisti speculativi nelle prime settimane dell’anno, da inizio marzo gli ordinativi sono calati
ALLARME La minaccia dei mega dazi di Trump paralizza il mercato del vino
TRENTO. I dazi non ci sono ancora - e chissà se Donald Trump il 2 aprile presenterà la lista dei prodotti agricoli europei da tassare - ma intanto il commercio del vino italiano - e trentino - verso gli Stati Uniti. Dopo il boom dei primi due mesi dell'anno spinto dagli acquisti speculativi, da inizio marzo le vendite stanno calando. Non ci sono ancora dati certi però, perché in questo momento quello che sta mancando sono gli ordinativi da parte di importatori e distributori americani.
A lanciare l'allarme nei giorni scorsi sono stati i vertici dei tre consorzi del prosecco Doc e Docg, preoccupati per il drastico calo delle telefonate dall'America. Il fatto è che con l'avvicinarsi della data del 2 aprile venendo meno il tempo tecnico per portare oltre oceano e sdoganare la merce, nessuno vuole assumersi il rischio di ordinare bottiglie su cui dover magari pagare un'imposta all'entrata del 200 per cento.
«L'annuncio di Total Wine & More, il più grande retailer di vino negli Stati Uniti, di bloccare le importazioni in effetti ha rallentato il mercato», conferma Matteo Lunelli dell'omonimo gruppo proprietario di Cantine Ferrari e Bisol. Proprio Lunelli nei giorni scorsi spiegava che la strategia del gruppo era stata quella di aumentare i quantitativi di prosecco inviati negli Usa nei primi mesi dell'anno per provare a mettere "al sicuro" il prezzo e quindi non essere costretto ad aumentare fin da subito i prezzi. «In questo momento nessuno ha certezze - spiega -. Come Federvini e come AltaGamma (di cui Lunelli è presidente, ndr) ci si sta muovendo nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee, consapevoli che non si può porgere l'altra guancia di fronte alle politiche commerciali americane e che serve una risposta unitaria dall'Europa». «Ricordiamoci - continua Lunelli - che se il settore del vino entrasse in crisi non sarebbe solo una questione economica e di impatto sull'occupazione, ma anche di cura e manutenzione del territorio».
L'auspicio allora «è quello che prevalga il buon senso da entrambe le parti, considerando anche che due terzi del valore a scaffale è generato dalla catena dei servizi della logistica, della commercializzazione americana e dunque sarebbe una perdita anche per loro».«So che l'Unione europea sta lavorando per togliere i dazi sul bourbon, mi pare un buon segnale di distensione» aggiunge Francesco Giovannini, direttore generale di Mezzacorona. Il polo rotaliano, controllando l'importatore Usa Prestige, non ha notato cali di richieste da parte dei distributori, ma anzi «un trend positivo di vendite sul mercato americano, dovuto al buon andamento dei nostri marchi».
Grande attenzione a quello che si sta decidendo alla Casa Bianca la sta ponendo Albino Armani, presidente del Consorzio del Pinot Grigio delle Venezie, visto che questo tipo di vino è il più esposto sul mercato americano, vantando il 48 per cento di tutto l'export proprio negli Usa.
«La situazione - spiega - è molto fluida - Ci sono importatori che da qualche settimana hanno deciso di frenare gli acquisti, mentre altri vanno avanti come se la minaccia dei dazi non esistesse. Non abbiamo ancora i dati di marzo, ma quello che è certo è che a febbraio l'export ha fatto segnare un +3 per cento rispetto a febbraio 2024. Se si tratta di aumento dei consumi o di strategia per aumentare le scorte non si può ancora dire».
«Al momento non abbiamo il blocco degli ordini ma effettivamente nell'ultima settimana c'è stato un significativo rallentamento negli ordinativi rispetto al trend» conferma Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit. Anche a Ravina sono in attesa di capire cosa succederà. «Per ora stiamo facendo ipotesi e simulazioni sulle diverse percentuali di dazi che potrebbe deliberare il governo americano e per il resto continuiamo a processare regolarmente gli ordini che arrivano».