Dopo 38 anni addio a L'invito voce critica dei cattolici trentini
A 38 anni dalla prima uscita, la rivista «L'invito» saluta i lettori e la comunità trentina. «Le cose belle iniziano e poi finiscono» evidenzia il direttore Piergiorgio Rauzi. «L'avventura termina per un declino di energie, ma anche di forze economiche» spiega Silvano Bert. Per chi ha vissuto nella Trento degli anni Settanta, nel fermento del dibattito etico-politico (dalla legge sul divorzio al referendum sull'aborto), le riflessioni e le opinioni contenute ne «L'invito» sono state spunto imprescindibile del dibattito.
«"L'invito" è nato come rivista di cristiani - spiega Bert - il tema di fondo è sempre stato l'ispirazione che veniva dal Concilio Vaticano II, il confronto fra la religione e la politica alla luce del valore della laicità: il superamento dell'unità politica dei cattolici. La redazione è sempre stata composta da persone di sinistra, nelle sue varie componenti». Sulla rivista erano puntato gli occhi della Curia.
Non tanto nei primi anni, con monsignor Alessandro Maria Gottardi, vescovo conciliare, quanto nel periodo in cui la diocesi è stata retta dal successore, Giovanni Maria Sartori.
«Monsignor Sartori venne mandato a Trento per "normalizzare" una situazione che a Roma sembrava troppo conciliare - prosegue Bert - I suoi sono stati anni di oscurantismo. Ad esempio, venne sostituito alla guida di Vita Trentina don Vittorio Cristelli, che con la sua rubrica intitolata "Dialogo aperto" dava spazi di discussione che noi apprezzavamo molto». «L'invito» si espresse molto criticamente nei confronti dell'operato di monsignor Sartori.
«Dal punto di vista politico è stato il sostenitore di una ferrea difesa dell'unità politica dei cattolici. Ridiventava obbligatorio votare Democrazia cristiana. Si andò allo scontro frontale».
Tuttavia l'arcivescovo non attaccò la rivista. «Ignorò noi, ma intervenne su Vita Trentina licenziando il direttore».
Venne poi monsignor Luigi Bressan, nei confronti del quale «L'invito» assunse un atteggiamento critico.
«C'è stata una dialettica di pareri. Il culmine dopo l'elezione di papa Francesco, quando il pontefice ha avviato la consultazione dei laici sul tema della sessualità e della famiglia, intuendo che occorreva un cambiamento. Monsignor Bressan non ha favorito la partecipazione a questa piccola impresa» precisa Bert.
Domenica verrà celebrata l'ordinazione episcopale di monsignor Lauro Tisi: come si è posto «L'invito» alla nomina del vicario ad arcivescovo?
«Chiediamo una discontinuità rispetto al predecessore, pur riconoscendo a monsignor Bressan l'attenzione ai problemi dei profughi e degli immigrati e l'accoglienza». «Banco di prova per il nuovo arcivescovo - prosegue Bert - sarà il documento sulla famiglia che il Papa dovrebbe rendere pubblico a giorni: sui cambiamenti che il papa proporrà, che potranno riguardare la comunione ai divorziati e le coppie omosessuali, attendiamo la reazione del vescovo».
Tra pochi giorni sarà in vendita alla libreria Artigianelli l'ultimo numero, il 242, de «L'invito».
«Ringraziamo Piergiorgio Rauzi che della piccola impresa è stato il fondatore e l'anima. Il collettivo redazionale è cambiato negli anni. Anche i lettori sono cambiati - è il saluto - La redazione di oggi, minuscola, ringrazia tutti. Ci saranno altri modi per parlarci e ascoltarci». Dai semi della rivista nascerà una nuova esperienza critica? Bert non lo esclude: «Dipende dalla reazione dei lettori».