Henry e Goldie, una strana coppia per Jazz’About
Cory Henry, una delle menti del collettivo Snarky Puppy, e Goldie fra i più noti e amati dj inglesi. È questa l’accoppiata di assoluto rilievo proposta questa sera, alle 21 Teatro Sanbàpolis di Trento per la rassegna Jazz’About.
«Nella scorsa edizione di Jazz’About - spiega Denis Longhi responsabile artistico della rassegna voluta dal Centro S. Chiara - gli Snarky Puppy segnarono a Trento un successo travolgente, in un teatro che era andato esaurito già in prevendita. Era quindi inevitabile invitare quest’anno uno dei “satelliti” di questa galassia: uno dei più pregiati».
Sotto la sigla di Cory Henry & The Funk Apostles troviamo, infatti, uno degli alfieri principali di questo collettivo che ha saputo espandere i confini del jazz e della musica creata in collettivo. La formula del nuovo progetto di Cory Henry è chiara: radunare attorno a sé alcuni dei migliori turnisti nella sua cerchia di amici e chiedere loro di immergersi nei mari del funk e del soul, con la licenza di trascolorare nel jazz o addirittura nel gospel. Regola fissa, usare tutte le armi possibili per coinvolgere il pubblico.
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Non bastasse l’esaltante avventura con gli Snarky Puppy, il band leader ha dalla sua una lunga esperienza sul campo (ha lavorato, tra gli altri, con artisti del calibro di Aretha Franklin, Robert Glasper, Bruce Springsteen, P.Diddy) oltre soprattutto ad un’abilità assolutamente eccezionale nel saper managgiare uno strumento simbolo come l’organo Hammond B-3. Il risultato è davvero esaltante. Una esplosione di funk contaminato, a cui è davvero difficile resistere.
Accanto a Cory Henry (tastiere e organo Hammond) saranno Nick Semrad (tastiere), Adam Agati (chitarra), Sharay Reed (basso), TaRon Lockett (batteria) e le vocalist Denise Stoudmire e Tiffany Stevenson.
A seguire i suoni saranno quelli di Goldie il dj e producer anglosassone anche autore di uno dei dischi più importanti degli ultimi decenni, quel Timeless che ha presentato al mondo gli stilemi della musica drum’n’bass facendola uscire dall’underground e riempiendola di riferimenti colti, dal jazz all’ambient passando per una psichedelia di stampo quasi pinkfloydiano.
Tutto questo però è stato fatto mantenendo sempre un ferocissimo piglio urbano, innervato da ritmiche taglianti e frequenze basse cupe ed cavernose. A distanza di oltre vent’anni l’album non ha perso nulla del suo fascino, ma soprattutto il carisma di Goldie è rimasto assolutamente intatto, passo dopo passo: radicale e privo di compromessi come musicista e discografico (l’etichetta-guida del genere, la Metalheadz, è una sua creatura), istrionico e debordante al momento di entrare in contatto, come personaggio a trecentosessanta gradi, nella cultura mainstream con tanto di ruoli da attore in una degli episodi della saga di James Bond.
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