A Rovereto Branduardi fa il pienone
«Come le onde del mare, balla la gente quando suono il mio violino...perché sempre allegri sono i buoni,salvo che per cattiva sorte, e la gente allegra ama il violino, la gente allegra ama ballare». Angelo Branduardi ha scelto le parole evocative tratte da «Il violinista di Doney», una delle liriche del grande poeta irlandese William Butler Yeats, a cui ha dedicato anche un album, per aprire il suo trionfale live di sabato sera sotto il cupolone del Mart. Per assistere allo spettacolo del menestrello della musica italiana sono accorsi in almeno 1.800 premiando anche la scelta di proporre un biglietto a prezzi decisamente popolari (10 euro quello intero, ma solo uno per gli under 14) scelta dagli organizzatori del «Concertone dell'Immacolata». Un evento diventato ormai tradizionale per la città della Quercia, ricordiamo gli show di Franco Battiato, Max Gazzè e Mario Biondi, che ha attirato anche l'attenzione di molti turisti presenti in piazza.
Puntualissimo on stage, pochi minuti dopo le 21, Angelo Branduardi ha condotto la platea del Mart nel suo mondo attraversato dalle suggestioni di un lontano passato, da storie di un'umanità così diversa da quella di oggi, in un intreccio fra storia, miti e leggende. Le prime note sono state quelle di «Si può fare», canzone dedicata a chi nella vita ha voglia di mettersi in gioco e possiede il coraggio di cambiare idea, seguita da «Gulliver» e «La serie dei numeri». Branduardi, con il suo, ormai iconico, cespuglione di capelli imbiancati dal tempo, è apparso divertito nel raccontare e poi suonare buona parte dei suoi classici come «Il cantico delle creature», il più antico scritto della letteratura italiana che il musicista lombardo ha trasformato in note nel cd dedicato a san Francesco d'Assisi.
Un disco da cui è tratto anche il messaggio di pace e fratellanza contenuto in «Il sultano di Babilonia»: un' esaltazione dell'inseparabile violino che accompagna per quasi tutta la serata Branduardi sul palco accanto a Fabio Valdemarin alle tastiere, Antonello D'Urso alle chitarre, Stefano Olivato al basso e Davide Ragazzoni alla batteria. Dopo le note di «Ballo in fa diesise» e «Lord Franklin» un'autentica ovazione accoglie l'intro di «Alla fiera dell'Est» uno dei suoi grandi classici, adattamento di un canto tradizionale ebraico che si trasforma in un ponte ideale verso un altro must di Angelo Branduardi come «La pulce d'acqua». In questo caso si tratta di un riuscito crossover fra quei suoni irlandesi da sempre punto di riferimento per il cantautore e una leggenda degli Indiani d'America sull'armonia fra uomo e natura. L'immancabile bis regala alla gente del Mart «Cercando l'oro» e «Cogli la prima mela»: la perfetta dimostrazione di come Angelo Branduardi sia stato capace di rielaborare un brano del passato, in questo caso una melodia medievale ungherese, e di trafsormarla in un un classico della canzone italiana.
I presenti non sono però ancora sazi e reclamano un'altra uscita sul palco con Branduardi pronto a dedicare il finale ad una «cadenza di violino» con un lungo virtuosismo. Da ricordare come parte dell'incasso dell'evento sarà ora devoluto in beneficenza al progetto «Calamità Trentino 2018» promosso dalla Provincia.