Dutch Nazari stasera con il suo sound europeo allo Smart Lab di Rovereto
E’ un disco che non lascia indifferenti “Ce lo chiede l’Europa” sia per il tema che attraversa i testi sia per l’analisi insieme disincantata e speranzosa del suo autore. “Ce lo chiede l’Europa” è il nuovo album del musicista padovano Dutch Nazari, una delle stelle del nuovo italia sound, a metà strada fra il rap e la musica d’autore, dedicato anche al caos che regna nel Vecchio Continente e alle storture di un modello di sviluppo economico liberista, che non tiene conto delle proprie risorse e spesso genera mostri. Dutch Nazari, allo Smart Lab di Rovereto il 5 aprile, dice la sua in questa intervista in cui racconta la sua Europa e il suo far musica, fra beats, poesia, impegno e romanticismo.
Nazari, come mai un disco che guarda a questa Europa così malandata?
“In queste canzoni si parla d’Europa ma anche di molte altre cose. Mi è piaciuta l’idea di questo titolo che è anche una provocazione: la mia idea è che il prodotto artistico è tale se si sa calare nel tempo in cui è pensato. Secondo me oggi l’Europa è il tema cardine del nostro tempo, del nostro presente”.
Un lavoro politico allora?
“Oggi viviamo in una società attraversata dalla disillusione per le grandi passioni politiche e che porta molti a rifugiarsi nell’ironia e nel sarcasmo. In parte lo faccio anch’io perché la title track del disco è una ballad d’amore in cui un innamorato una la frase “Ce lo chiede l’Europa” per convincere la sua amata a rimanere con lui. Nel disco esprimo la mia visione delle cose, il mio punto di vista”.
Qualche speranza per i giovani della generazione Erasmus?
“Sono piuttosto pessimista per quanto riguarda il presente. Noto però che qualcosa sta cambiando , c’è una presa di coscienza in atto, oltre la disillusione causata anche dal senso di precarietà dell’ultimo decennio. Mi pare ci sia voglia di affrontare anche i temi legati all’ambiente, di far sentire la propria voce su questi problemi cruciali per il futuro”.
Veniamo alla musica: che peculiarità ha questo cd?
“Il disco nasce dalla collaborazione con Sick et Simpliciter, al secolo Luca Paternello. Con Luca ci siamo conosciuti a Trento dove ci siamo entrambi laureati in Giurisprudenza. Insieme uniamo la sua anima da producer di musica elettronica e la mia da rapper. Ne nasce una mescolanza fra il rap e la musica d’autore, con la slam poetry (sorta di gara in cui i poeti recitano i loro versi n.d.r.), una dimensione che ho scoperto proprio a Trento grazie al poeta Alessandro Burbach. Le canzoni sono nate dal mio lavoro al piano mentre in un seconda fase Luca si è dedicato a quella che mi piace definire come opera di sartoria sui brani”.
Ma le piace la parola cantautore?
“Amo l’aspetto letterale del termine cantautore anche se non amo le definizioni date alla musica. In molte recensioni mi hanno definito come un cantautorrapper una crasi inventata dal rapper Dargen D’Amico”.
Che live si deve attendere il pubblico trentino?
“Con i miei due compagni d’avventura in questo tour ci definiamo come un’allegra comitiva di gente poco seria. Il live sarà una grande festa fra basso, chitarra elettrica, e una batteria che da una potenza notevole alla sezione ritmica”.