Morto Ginger Baker leggendario batterista dei Cream
Peter Edward Baker, per tutti Ginger, per via dei suoi capelli rossi, morto oggi a 80 anni in un ospedale inglese, è stato una leggenda, uno dei più grandi e innovativi batteristi della storia del rock. Ma anche uno dei personaggi più difficili che la musica ricordi.
Che tipo fosse lo racconta in modo perfetto «Beware of Mr. Baker» (Attenti a Mr Baker), il documentario diretto nel 2012 da Jay Bulger e premiato al South By Southwest Festival. Bulger, da fan, era andato con devozione a cercarlo nel ranch del Sud Africa dove si era ritirato. Baker per far capire che aria tirava gli spacca il naso, colpendolo col bastone cui si appoggiava per camminare. Nella conferenza stampa di presentazione, minaccia i giornalisti. Nello stesso documentario Eric Clapton confessa il terrore che provava nei suoi confronti: i Cream, il formidabile trio formato con Jack Bruce si era sciolto dopo che Ginger aveva tentato di uccidere Bruce con un coltello. Quando Clapton scoprì che Stevie Winwood aveva scelto proprio Baker per suonare nei «Blind Faith», rimase scioccato. E infatti la band pubblicò un solo, splendido album (che contiene il capolavoro «Presence of the Lord») e durò un anno. Un vero autentico tipaccio, un batterista inarrivabile che, fin da ragazzo, è stato condizionato dalla sua tossicodipendenza.
Musicalmente parlando, Ginger Baker aveva una tecnica raffinata e una solida preparazione jazzistica. Aveva studiato con Phil Seamen, uno dei più grandi batteristi inglesi di jazz.
Quando si dice il destino: Seaman era un batterista formidabile, bravissimo in orchestra, che avrebbe potuto avere una carriera da star se non fosse stato tossico. Come gran parte dei rocker della sua generazione, anche Baker è cresciuto nella scena rock blues: prima con Alexis Korner, il musicista che ha fatto da chioccia all’aristocrazia del rock inglese, e poi con Graham Bond, in una formazione di cui faceva parte Jack Bruce. L’apice della carriera la raggiunge nel 1966 quando, insieme a Eric Clapton che, a sua volta era diventato una star suonando prima con gli Yardbirds e poi con John Mayall, e Jack Bruce al basso forma i Cream, il primo super gruppo della storia del rock. Un trio che si basava su una concezione jazzistica, con tre star libere di lasciare spazio alla loro creatività e alla loro tecnica, con soluzioni musicali nuovissime per l’epoca. A causa delle tensioni tra i tre, nonostante il clamoroso successo ottenuto anche negli Stati Uniti, il super gruppo si scioglie dopo tre anni. Baker non raggiungerà più quelle vette creative e di popolarità: dopo la fine dei Cream e la brevissima esperienza con i Blind Faith, fonda la Ginger Baker’s Air Force alla quale si aggiunge il suo maestro Phil Seamen (che non amava la musica ad alto volume), uno dei primi esempi di fusione tra rock e musica africana. Poi si trasferisce in Nigeria, studia i ritmi dell’Africa, suona con Bill Laswell. Negli anni ‘80 si ritira in una fattoria nella campagna di Pistoia (proprio qui, al festival blues, suona con Jimmy Page), collabora con i PIL di John Lydon, realizza progetti con Charlie Haden ma essenzialmente resta ai margini della scena che conta. Fino al 2005 quando Eric Clapton, per aiutare i suoi vecchi sodali, decide di rimettere insieme la banda e riportare in scena i Cream, per alcuni concerti alla Royal Albert Hall di Londra. Da molti anni, e dopo alcuni crack finanziari, viveva in un ranch in Sud Africa: la salute era ormai minata da anni di abusi e di tabagismo compulsivo. Soprattutto per i fan di una certa generazione, Ginger Baker è il sinonimo di virtuosismo ritmico.
È stato uno dei primi nel rock a utilizzare la doppia cassa, sul modello di Louie Bellson (vero nome Luigi Balassoni), leggendario batterista delle orchestre di Duke Ellington, Benny Goodman e Count Basie, virtuoso assoluto, capace di suonare a una velocità spaventosa. Baker approcciava il rock applicando i concetti dei grandi del jazz, dal batterista di Coltrane Elvin Jones a Tony Williams (i suoi idoli insieme a Philly Joe Jones), svincolando, proprio come nella musica afro americana, la batteria da un ruolo di puro accompagnamento. Il tutto con una potenza e un’energia devastanti. Il suo manifesto resta per sempre «Toad», il brano dei Cream scritto come pretesto per l’assolo di Ginger, il batterista folle e arrabbiato che ha cambiato la storia del suo strumento.