Moroder compie ottant'anni: da Ortisei al jet set Usa storia del papà della disco music
«My name is Giovanni Giorgio but everybody calls me Giorgio».
«Mi chiamo Giovanni Giorgio ma tutti mi chiamano Giorgio». Sono pochi quelli che possono permettersi di raccontare una biografia lunga diversi decenni in dieci parole (nove in italiano).
Giovanni Giorgio Moroder oggi compie ottanta anni. È uno dei musicisti italiani di maggior successo della storia e anche dei più influenti. È lui che, negli anni ‘70, ha trasformato l’elettronica musicale da elemento sperimentale in suono globale.
Un suono ormai impresso nella memoria collettiva che non smette di essere celebrato: non è un caso che due dei suoi discepoli più entusiasti, Guy-Manuel de Homem-Christo e Thomas Bangalter, meglio noti come Daft Punk lo abbiano celebrato con un brano che fa parte di «Random Access Memories» (l’album pluri milionario con «Get Lucky»): il brano si intitola «Giorgio by Moroder», che contiene un monologo in cui il musicista italiano racconta la sua vita e la sua carriera.
Una traiettoria esistenziale che comincia ad Ortisei e attraverso la Germania conquista il mondo e che, grazie a una condizione fisica invidiabile e una lucidità assoluta, gli permette ancora di oggi di divertirsi andando in tour come dj, alternando i suoi set con ospitate dove racconta la sua storia.
Una storia che passa per studi da geometra a Bolzano e dagli sfortunati tentativi di fare il cantante con il nome d’arte Giorgio o anche George: nel 1970 è anche passato per il Cantagiro con il brano «Looky Looky».
Chissà come ride oggi lo stesso Moroder nel guardarsi ballare in modo goffo con una giacca da impiegato mentre balla come il classico marito trascinato in pista. Quattro anni dopo quel ballerino riluttante sarebbe diventato uno dei produttori più famosi della scena mondiale, l’uomo che di fatto ha inventato la «Dance».
La vera svolta nella vita di Giovanni Giorgio è stata trasferirsi in Germania, prima a Berlino, città laboratorio e poi a Monaco dove, in un sottoscala, fonda il suo studio, «Musicland», destinato a diventare una Mecca musicale.
Sono due le intuizioni che lo portano nel mito: decidere di fare un passo indietro rispetto alla carriera di cantante e intuire che l’elettronica era il futuro. Stimolato dall’arrivo sulle scene dei Kraftwerk, Moroder trasforma il suo studio in una campionario di strumenti elettronici che ha pochi eguali.
L’incontro decisivo è con una cantante americana che viveva in Germania: Donna Summer, arrivata nello studio di Monaco come corista dei «Three Dog Night», una band che era stata attirata a Monaco dal primo successo di Morodor, «Son of my Father».
Un incontro fatale per tutti e due: prima l’album «Lady of the night», poi, nel 1975, «Love to love you Babe». È il primo clamoro successo, quel suono nuovo, pulsante, sensualissimo, fa saltare il banco nelle classifiche del Pianeta.
Nel 1977 il trionfo definitivo: «Love To Love You Babe», una combinazione esplosiva di sintetizzatori e drum machine con la voce sensualissima di Donna Summer che fa ballare il mondo con una temperatura erotica incandescente.
Questa musica diventerà la disco music e segnerà in modo indelebile un’era.
Mentre il mondo conosce «lo sporco e la furia» del punk, Moroder crea un modello di sound che ancora oggi, come dimostrano i Daft Punk, è ancora una fonte di ispirazione fondamentale.
Inevitabilmente il cinema gli spalanca le porte. E anche qui è un trionfo: nel 1979 vince il primo premio Oscar per la colonna sonora di «Fuga di mezzanotte». Di statuette ne arriveranno altre due, entrambi per la miglior canzone: prima «What a feeling» di Irene Cara da «Flashdance» nel 1984 e poi, nel 1987 per «Take My Breath Away» dei Berlin da «Top Gun».
Ma sue sono le colonne sonore di film che hanno segnato gli anni ‘80: «American Gigolò», «Scarface», «La storia infinita», compresa la discussa e discutibile rilettura di «Metropolis» di Fritz Lang realizzata con i Queen.
A lui si sono rivolti i Blondie per «Call Me» e anche David Bowie per «Cat People».
Nel suo curriculum ci sono anche le musiche per le Olimpiadi di Los Angeles e Seul e anche la super famosa «To Be Number One» che, tradotta in italiano da Gianna Nannini ed Edoardo Bennato, è diventata «Un estate italiana», la canzone di «Italia 90».
Negli anni ha collaborato con Britney Spears, si è divertito a rimixare brani dei Coldplay e il duetto tra Tony Bennett e Lady Gaga.
Oggi Giovanni Giorgio Moroder è Commendatore della Repubblica (il riconoscimento gli è stato conferito da Carlo Azeglio Ciampi), come abbiamo raccontato si può godere la condizione di mito visto la sua collaborazione con i Daft Punk, fa tour come dj e magari oggi può dare un’occhiata alla libreria con i tre Oscar e le decine di dischi di platino e farsi una bella risata guardando il video di «Looky Looky», la storia dell’uomo che non sapeva ballare e ha inventato la dance.