La montagna in salsa funky dei Les Jeux Sont Funk con le creazioni sonore di Carlo Nardi
In un disco il tentativo di tradurre in suono le suggestioni dell'alta quota da parte di musicisti che, pur vivendo a stretto contatto con le montagne, hanno sempre rivolto la loro attenzione ai suoni cosmopoliti dell’elettronica e all’energia della musica funk
TRENTO. Un tentativo, per noi decisamente riuscito, di tradurre in suono le suggestioni dell'alta quota da parte di musicisti che, pur vivendo a stretto contatto con le montagne, hanno sempre rivolto la loro attenzione ai suoni cosmopoliti dell’elettronica e all’energia della musica funk.
È quello fatto dai Les Jeux Sont Funk, in questo caso nella persona di una delle loro anime Carlo Nardi (nella foto), nell'Ep “Bergweh” pubblicato in digitale dalla prestigiosa label Irma Records che per la band trentina aveva già fatto uscire Erasing Rock nel 2016. Un lavoro, con l'evocativa cover di copertina di Marco Ricci @ Reifeströmung, ispirato alla montagna e all’alpinismo e appunto che richiama il desiderio della montagna, che viene qui declinato attraverso quattro brani a tema.
L'apertura è affidata proprio alla title track “Bergweh” che come racconta all'Adige Carlo Nardi “Richiama certe atmosfere anni ’70, da Stevie Wonder a classici come “Midnight at the Oasis” di Maria Muldaur. La trasposizione di quel sound in chiave elettronica, tradendo un’apparente incongruenza, sottolinea il cambiamento di ambientazione: dall’oasi nel deserto alle Alpi, ricoperte di ghiaccio. Eppure, in entrambi i luoghi, il ruolo chiave è dato dall’acqua, l’elemento indispensabile per la vita. Bergweh è una di quelle ingegnose parole tedesche che in italiano risultano difficilmente traducibili se non attraverso una perifrasi”.
Si prosegue con “ Messner (A Little Bit Higher)” omaggio ad uno dei più grandi alpinisti della storia: “Egli però – sottolinea Nardi - ci interessa soprattutto per il suo pensiero, e in particolare per le sue acute riflessioni sui limiti umani in condizioni ambientali estreme. Ci preme poi ricordare che Messner è stato tra i primi a propugnare un approccio all’alpinismo centrato sul rispetto per l’ambiente e le popolazioni locali. Non a caso Messner ha spesso criticato il nazionalismo, la competitività spinta e il narcisismo che hanno guidato certe spedizioni in favore di una visione cosmopolita, partecipata e rispettosa delle diversità.
Un’impresa alpinistica straordinaria necessita di un racconto all’altezza che la renda memorabile. Il brano con la linea bass line di Michele Bazzanella, si ispira proprio a quel tipo di reportage, di cui Messner è un maestro indiscusso, mirando a catapultare il lettore nei panni di chi sta vivendo sulla propria pelle un’avventura ad alta quota”. Il testo del pezzo, l’unico non completamente strumentale, è ispirato a un’intervista, in cui l’alpinista sudtirolese spiega che non gli interessano tanto i record, quanto l’unicità delle sue esperienze e gli insegnamenti che da esse se ne possono trarre. “Crevasse” (crepaccio) allude invece alla ricerca del brivido per sentirsi vivi, al desiderio di sporgersi per vedere con i propri occhi la profondità senza fine di un precipizio.
D’altronde, affrontare di petto le proprie paure può rivelarsi la soluzione migliore per affrancarsene. “Qui il clavicembalo e la musica barocca, anche attraverso la mediazione di certe colonne sonore italiane degli anni ‘70 Stelvio Cipriani, Ennio Morricone, Piero Umiliani, Claudio Simonetti, Mario Molino e i Goblin, esprimono un senso di malinconia e, insieme, di energia vitale difficile da tradurre in parole”.
La chiusa è affidata ai paesaggi sonori di “K2” un brano dedicato alla montagna in sé, alle promesse di avventura racchiuse dal suo nome, che è anche quello più esplicitamente funk, governato dalla linea di basso mentre gli altri strumenti si intrecciano punteggiando il groove mentre il synth esegue delle frasi di fiati come se ne incontravano, per capirci, nei primi dischi di Prince.