Egonu si racconta al festival: "Siamo tutti uguali, oltre le apparenze"
La grande pallavolista azzurra, 24 anni, sul palco dell'Ariston ha descritto anche la fatica per una ragazza italiana dalla pelle nera: "Sono la prima di tre fratelli, e devo tutto a mamma Eunice e papà Ambrose. Con il tempo ho capito che questa mia diversità è la mia unicità". Un pensiero alle vittime del terremoto in Turchia e Siria e alle compagne di squadra dell'Istanbul
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SANREMO. Il razzismo da affrontare, l'orgoglio di appartenenza all'Italia, la consapevolezza che "la diversità è unicità" e che "siamo tutti uguali oltre le apparenze".
Paola Egonu porta all'Ariston un monologo in cui racconta la sua esperienza. "Questa sera - ha spiegato, emozionata, ieri sera - non sono qui a dare lezioni di vita, perché alla mia età sono più le cose che posso imparare di quelle che posso insegnare.
Cerco di ricavare da ogni giorno un insegnamento e così è stato anche nelle settimane di avvicinamento al Festival. Spesso in passato sono stata definita ermetica, così nel tempo mi sono impegnata a raccontarmi di più, provando a ridurre al minimo lo spazio di interpretazione. Questo non ha evitato comunque che alcune frasi venissero strappate dal contesto, tagliate, incollate in senso casuale e fiondate sui giornali come titoli usati per far rumore".
"Sono la prima di tre fratelli, e devo tutto a mamma Eunice e papà Ambrose", sorride commossa.
"Sono loro che mi hanno permesso di vivere un'infanzia felice, che mi hanno sostenuta e che mi hanno insegnato che se vuoi qualcosa devi guadagnartela. Senza temere i sacrifici. Mi hanno aiutata a trovare il mio percorso, anche se questo ha significato per loro vedermi andare via di casa a 13 anni. Non sono madre, sogno di diventarlo un giorno, ma sono certa che nessun genitore sia felice che la propria figlia cresca lontana dal suo amore e dal suo sguardo. Grazie mamma, grazie papà, che per amore verso di me, avete rinunciato a me. Certo, le vostre carezze e le vostre attenzioni mi sono mancate e continuano a mancarmi. Ma sapevo, sapevamo e so che questa è la mia strada".
Da bambina chiedeva: "Perché sono alta? Perché mio nonno vive in Nigeria? Perché mi chiedono se sono italiana?". Poi, diventando più grande, "i perché sono continuati. Perché mi sento diversa? Perché vivo questa cosa come una colpa? Perché ogni volta mi sono punita dando una versione sbagliata di me stessa? Con il tempo ho capito che questa mia diversità è la mia unicità. E che nella domanda "Perché io sono io?" c'è già anche la risposta: "Perché io sono io".
"Io - sottolinea la pallavolista, da questa stagione in forza al VakıfBank di Istanbul dopo anni a Conegliano - sono quella che quando oggi ancora mi fanno una domanda sul razzismo, rispondo così: prendete dei bicchieri di vari colori e metteteci dentro l'acqua. Vedrete che la maggior parte delle persone sceglierà il bicchiere trasparente, solo perché il suo contenuto è più limpido. Eppure se proverete a bere da uno dei bicchieri colorati, scoprirete che l'acqua ha sempre lo stesso gusto, fresco e vita, perché siamo tutti uguali oltre le apparenze".
"Gioco in attacco - racconta ancora la pallavolista - ed il mio obiettivo è quello di riuscire ad avere tra le mani la palla decisiva da schiacciare, quella che farà punto. A volte ci riesco, altre volte sbaglio e sto imparando ad accettare l'errore".
Crescere vuol dire imparare "a dare il giusto peso" alle critiche, affrontare i momenti brutti ma anche "godersi quelli belli".
Alle accuse di vittimismo, di mancanza di rispetto per il suo Paese, risponde con forza: "Amo l'Italia, vesto con orgoglio quella maglia azzurra che per me è la più bella del mondo e ho un profondo senso di responsabilità nei confronti di questo Paese in cui ripongo tutte le mie speranze di domani".
Aver sbagliato in tante finali, dice ancora, "non fa di me una perdente. Cosi come non è perdente chi a scuola prende il voto più basso e non è perdente chi non riesce a realizzare il proprio sogno al primo colpo. E poi, visto che siamo a Sanremo, non è perdente nemmeno chi arriva nelle ultime posizioni in classifica".
Il riferimento è a Vasco Rossi, che nel 1983 arrivò penultimo. "Un altro non perdente, che ci ha insegnato che dalle sconfitte più dure possono nascere i successi più grandi. Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso", conclude sulle note di Vita spericolata.
"Sii sempre grato", scrive con il pennarello Paola sul pallone di volley che regala ad Amadeus, "perché nella vita, anche nei momenti più difficili, bisogna essere grati per quello che si è e si è riusciti a raggiungere. È un momento delicato per Turchia e Siria, penso alle mie compagne di squadra che hanno parenti e amici lì. Bisogna essere sempre grati, perché non sai mai domani, potresti svegliarti o non svegliarti o non avere più nulla".
Amadeus ricorda che la raccolta fondi con Unicef e Unhcr ha già raccolto "un milione di euro" ed Egonu invita a donare al 45525 "anche poco, quel poco basta".