Giovanni Allevi suona con l'anima e incanta l'Auditorium di Trento
Un autentico trionfo per il pianista marchigiano che ha disegnato sul palcoscenico il suo passato che si intreccia con un presente segnato dalla malattia, affrontata con una grande forza ormai da due anni
TRENTO. "Se notate qualche tremore nelle mie dita è colpa degli antidolorifici. Ma anche se il mio corpo mi impedisce in questo momento di dare il meglio suonerà stasera con tutta la mia anima”.
Ed è stata l’anima, a tratti giocosa e bambina a tratti sofferente, di Giovanni Allevi a conquistare domenica il pubblico di un Auditorium sold out pronto a tributargli un autentico trionfo.
Come da abitudine il pianista marchigiano nei suoi live ama raccontare, anche scherzosamente, ogni sua composizione e anche stavolta ha disegnato il suo passato che si intreccia con un presente difficile segnato dalla malattia affrontata con una grande forza ormai da due anni. Ma è la gioia di essere tornato sul palco che attraversa i concerti di questo tour con un Giovanni Allevi, in jeans, t-shirt black e immancabili scarpe da ginnastica nere, che ha inizia il live sulle note di “Aria”, “No more tears”, brano composto in Giappone e “Kiss me again”: “L’ho scritto - ha raccontato Allevi . alla fine della pandemia quando i nostri corpi hanno potuto riavvicinarsi e abbiamo potuto riprendere e baciarci”.
I riverberi sonori sono stati anche quelli di “Tomorrow” composta durante i periodi di degenza: “Il mio domani in questo momento è molto ristretto e si lega all’immediatezza di ogni giorno. Questo presente allargato mi permette di avere meno ansie”.
Nella set list anche “Qui danza”. pezzo dai colori jazz dedicato ad Hegel, “Ti scrivo” per un amico, filosofo come lui, che non c’è più e “Future” scritta per la Cop di Glasgow del 2021: “Il mio è uno sguardo inquieto ed inquietante sul futuro della terra ma anche l’invito a ritrovare il contatto con la natura e quindi anche con il divino: quel contatto che oggi stiamo sempre più perdendo”.
Allevi, che in oltre un’ora e mezza di concerto ha chiesto solo un attimo di pausa per eseguire sul palco un piccolo esercizio causa mal di schiena, ha ricordato anche il periodo in cui si è trasferito dalla sua terra, le Marche, a Milano per inseguire il suo sogno legato alla musica. “Anni in cui vivevo in un monolocale, anni di solitudine in cui facevo il barista e componevo”.
Anni in cui ha scritto brani come “Monolocale 7.30” ponte verso un finale emozionante con il piano che ha tratteggiato delicatamente My Angel”, “Helena”, “Back to life” lasciando al secondo bis il suo irriverente e gioioso “Tedeum”. Poi l‘abbraccio di applausi del pubblico di Trento e i bouquet di fiori che ha raccolto visibilmente commosso,