Teatro / Intervista

Mariano Detassis: "Nomadic", senza confini il mondo sarebbe davvero molto più bello

Il regista trentino racconta lo spettacolo creato da Telmo Piovani e Gianni Maroccolo, in scena stasera, venerdì 15 dicembre, all'Auditorium di Trento. "Il titolo fonde la migrazione sia animale sia umana, ingrediente principale del racconto, completato dalle illustrazioni di Marco Cazzato proposte agli spettatori in sala"

di Fabio De Santi

TRENTO –  Uno spettacolo che in un momento storico segnato dalle crisi migratorie esplora le rotte migratorie umane e animali con empatia e profondità, ponendoci di fronte alla realtà che tutti i popoli della Terra hanno una radice comune e invitando a superare le barriere mentali e fisiche che abbiamo eretto.

Questi i contorni di “Nomadic. Canto per la Biodiversità” lo spettacolo proposto in un tour che toccherà Trento la sera del 15 novembre all’Auditoriuma.

Sul palco, insieme a Telmo Pievani, voce narrante, e Gianni Maroccolo ex musicista dei Litfiba e Csi alla direzione musicale, Angela Baraldi, Andrea Chimenti, Antonio Aiazzi, Beppe Brotto e Simone Filippi. A curare la regia e i light design dello spettacolo è il trentino Mariano Detassis che qui ci svela la genesi e le forme di "Nomadic".

Mariano Detassis, quali sono le radici del suo coinvolgimento in questo spettacolo creato da Telmo Piovani e Gianni Maroccolo?

“Tutto nasce da una domanda che si sono posti Telmo Piovani e Gianni Maroccolo: come possiamo mettere in scena uno spettacolo di per sé classico, divulgatore e con musicisti, proponendo insieme una visione nuova? Per Gianni la risposta alla soluzione è stata semplice: hanno chiamato me, vista la nostra trentennale amicizia e collaborazione, pensando che, da lighting, performer e regista, potessi fondere al meglio le loro esigenze anzi la nostra ricerca di alchimia artistica”.

E questo titolo?

“Nomadic è il perfetto nome per fondere la migrazione sia animale che umana, ingrediente principale dello spettacolo, che grazie alle illustrazioni di Marco Cazzato vengono viste e seguite dagli spettatori”.

In quale modo ha impostato allora il suo lavoro di regista?

“Mi sono chiesto in quale modo fondere i due ingredienti, parola e musica, in un laboratorio artistico  alchemico, e la risposta è stata quella di realizzare un contenitore dove tutti i protagonisti sono racchiusi e dialogano all'interno di un tulle .Per rendere il tutto ancora più laboratoriale, come un’officina artigianale, io e Michele Moser (responsabile video) siamo sul palco per una fusione totale dello spettacolo. Importante per me era di rendere Telmo protagonista assieme ai musicisti e quindi anche lui è all’interno del contenitore per un piano di visione il più possibile comune”.

Lei cura anche il light design dello spettacolo.

“Oltre alla regia mi è stato chiesto di pensare anche all’aspetto luci perché la difficoltà era quella di non creare il classico show musicale fatto oramai da luci che si muovono e disegnano lo show ma da una visione più poetica e minimale e per chi mi conosce sa che questi sono i miei punti di forza”.

Oltre ai due noti autori sul palco artisti del calibro di Angela Baraldi, Andrea Chimenti, Antonio Aiazzi, Beppe Brotto e Simone Filippi: quanto è difficile far convivere appunto questi personaggi in Nomadic?

“Non è stato difficile dato che siamo una grande famiglia: ognuno di noi si conosce da molti anni e quindi è semplice lavorare assieme , il clima che si respira ad ogni replica è fantastico".

Come avete scelto la colonna sonora che unisce le suggestioni di C.S.I., Philip Glass, Litfiba, Claudio Rocchi, Marlene Kuntz, Pgr & Franco Battiato?

“Ci hanno pensato Maroccolo e Piovani per rendere questo spettacolo un evento unico dove la scrittura di Telmo si fonde con i testi delle canzoni riarrangiate da Gianni per un vero viaggio emozionale”.

Quale allora a suo avviso la forza di Nomadic?

“La forza di Nomadic è quella di essere diretto e comprensibile a tutti ma senza dare risposte o soluzioni da veggenti o saccenti, una formula perfetta anche per i giovani per apprendere nozioni sul fenomeno delle migrazioni e sulla consapevolezza che senza confini il mondo sarebbe davvero molto più bello”.

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