Metalmeccanica in crisi, il Trentino paga anche l'embargo russo
L'industria metalmeccanica è la locomotiva dell'economia. Anzi in Trentino, dopo il crollo del 2009, era il motore della ripresa: l'anno scorso il fatturato è cresciuto del 6%, nel primo trimestre di quest'anno la produzione è salita del 15%. Poi la caduta: produzione ferma, vendite che perdono il 9%. Sul settore più innovativo del Trentino, con un fatturato che raggiunge i 2 miliardi e mezzo di euro, si sono abbattuti l'embargo di Putin, che ha gelato il mercato emergente russo, il mancato allentamento della stretta al credito, con conesso caro-tassi di interesse, e, per il comparto che lavora con l'edilizia, il taglio degli investimenti pubblici.
Il punto è stato fatto ieri a Palazzo Stella dal presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Trento Alessandro Benedetti e dal direttore dell'associazione degli industriali Roberto Busato nell'ambito dell'iniziativa nazionale di Federmeccanica «Uniti per il rilancio dell'industria», svoltasi in contemporanea in 60 territori. «È un'iniziativa senza precedenti - ha affermato Benedetti - Ci giochiamo il futuro. Il metalmeccanico è la locomotiva dell'economia italiana con l'8% del Pil e il 50% della ricchezza manifatturiera, ma ha perso dal 2008 il 32% della produzione e il 25% della capacità produttiva».
In provincia di Trento, ha spiegato Busato, l'industria metalmeccanica comprende 223 imprese, il 36% del totale, di cui più di 200 associate a Confindustria. I dipendenti sono 10.594 pari al 35% dei lavoratori complessivi. Il fatturato medio per addetto è di 249 mila euro e l'export è il 54% del fatturato. Il 77% delle imprese ha meno di 50 dipendenti, ma le 19 con oltre 100 addetti coprono il 40% dell'occupazione totale.
Il fatturato, dopo la pesante caduta del 2009, si era ripreso fino ad un incremento del 6% l'anno scorso. Nel primo trimestre di quest'anno è cresciuto dell'1,6%, nel secondo invece crolla del 9%. Ed è probabile, dicono a Confindustria, che questo sia il trend annuale. Anche se, puntualizza Busato, l'occupazione sta tenendo.
Un trend negativo che viene solo attenuato dalle esportazioni, anch'esse in calo del 2,7% nel primo semestre di quest'anno, dopo essere cresciute del 73% tra il 2000 e il 2013. Pesa l'embargo deciso da Vladimir Putin , che ha raffreddato tutto l'export in Russia. Quello della metalmeccanica trentina è precipitato dai 51 milioni del 2012 ad appena 13 milioni nel primo semestre di quest'anno.
Da qui l'appello di Benedetti. «In primo luogo va sostenuta la domanda interna. Bene la riduzione dell'Irap decisa dalla Provincia, molto più consistente di quella nazionale. Ma per la ripresa servono investimenti nel lavoro pubblico. Che invece sono in calo, come sono in forte calo le manutenzioni di strade e edifici, che negli anni scorsi valevano 100 milioni». Quest'anno, puntualizzano da Piazza Dante, le manutenzioni ordinarie scendono del 3%, quelle straordinarie del 6%.
«Chiediamo che venga valorizzato il made in Trentino - sottolinea Benedetti - Abbiamo tanti prodotti di eccellenza, perché l'ente pubblico li compra da fuori?». L'altro nodo è quello del credito. «Nonostante la liquidità delle banche, il credit crunch è peggiorato. E i nostri associati ci segnalano tassi bancari sopra il 10%».
Cruciali per la ripresa sono anche l'alternanza scuola-lavoro per gli studenti, la collaborazione con Università e centri di ricerca, lo sviluppo di «fabbriche intelligenti» (vedi box). E, nell'ambito della Finanziaria della Provincia, Confindustria chiede che si parta con il credito d'imposta, abbattendo del 30% la spesa per ricerca e sviluppo.
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