Alitalia, dal governo prestito per garantire 6 mesi di attività
L’assemblea dei soci di Alitalia per la deliberazione sulle procedure avviate dal cda, secondo quanto si apprende, si svolgerà in seconda convocazione il 2 maggio.
La prima convocazione era prevista per domani 27 aprile.
Il cda che si è riunito ieri ha deciso, «data l’impossibilità di procedere alla ricapitalizzazione», di avviare le procedure previste dalla legge, su cui è ora chiamata a deliberare l’assemblea.
«Sulla questione Alitalia bisogna dire la verità: non ci sono le condizioni per una nazionalizzazione», ha detto il premier Paolo Gentiloni aggiungendo che «il governo si sente impegnato a difendere lavoratori, utenti, contribuenti e cittadini per non disperdere risorse e asset della compagnia».
Mentre si profila il commissariamento, per una gestione controllata che può sfociare nel fallimento o nella cessione della compagnia, c’è incertezza anche per la continuità del servizio nei prossimi mesi. Secondo alcune previsioni, sarebbero sicuri i voli prenotati fino alla fine dell’estate, mentre oltre questo periodo al momento è complicato fare previsioni.
Il ministro dello sviluppo economico Calenda parla di un prestito ponte dallo Stato, intorno ai 300-400 milioni per assicurare sei mesi di gestione; nel Pd Orfini chiede di «verificare ogni possibile alternativa» al fallimento e da Fi Martusciello ipotizza aiuti di Stato.
Interviene anche la Cei con il segretario generale mons. Galantino che richiama le responsabilità di chi rifiuto l’alleanza con Air France e Klm.
«Oggi sull’Alitalia bisogna andare a rileggersi quello che fu detto quando si rifiutò l’alleanza con Air France e Klm. Allora si disse: “stiamo attenti, perché in nome dell’italianità si sta mettendo una brutta pezza a colori che prima o poi pagheremo”. Allora di difendeva l’italianità, ora non so cosa si può più difendere», ha detto il segretario generale della Cei, mons. Nunzio Galantino, durante la conferenza stampa sul messaggio dei vescovi per il Primo Maggio.
«Chi non risolse i problemi allora - ha denunciato Galantino - non può tirarsi fuori, ha reso molto più complicata la situazione».
In merito al risultato del referendum tra i dipendenti, il segretario Cei si è richiamato a quanto scritto oggi da Avvenire: «Se si usano criteri razionali è difficile comprendere quel 67% di no all’accordo - ha detto - ma bisogna andare a chiedere a loro, a cosa paventano con il loro no. Inoltre - ha aggiunto - spaventa il difetto generale di responsabilità, l’obnubilamento generale, questa sorta di fatalismo. E mi metto anche nei panni del governo».
Preoccupazione per la sorte dei circa 20 mila dipendenti (tra Alitalia e indotto), timori per il rischio di fallimento della compagnia: sono questi le maggiori preoccupazioni espresse dai passeggeri abituali della compagnia Alitalia, interpellati all’aeroporto di Fiumicino.
«Ormai vivo da tanti anni all’estero, ma viaggio sempre con Alitalia - spiega una donna con un forte accento italo-americano in procinto di partire dal Terminal 1 di Fiumicino, quello dedicato alla compagnia - certamente sono preoccupata e mi dispiace, soprattutto per i lavoratori. Non ho proprio idea di cosa possa succedere ora».
«Mi aspetto il peggio - è il commento di un anziano passeggero romano in partenza per Milano - Perchè temo si vada verso il fallimento, mi dispiace per i dipendenti e per tutti noi italiani, perchè avremo un servizio di qualità in meno. Secondo me avrebbero dovuto accettare l’accordo. Certo, prevedeva dei tagli del personale, ora, però, rischiano di perderlo tutti il posto di lavoro».
«È un problema che si è creato nel tempo e che penso sia molto difficile risolverlo ora - gli fa eco un altro viaggiatore con la famiglia al completo mentre è alle prese con il self-check in -Pur non essendo un addetto ai lavori credo che la compagnia, per correre ai ripari, dovrebbe dedicare anche maggiore attenzione al lungo raggio; laddove non c’è la concorrenza delle compagnie low-cost».
«Questo credo sia il risultato di un percorso piuttosto complicato che va parecchio a ritroso nel tempo -sostiene a sua volta un avvocato di Milano appena sbarcato a Roma - Penso che tutto sommato, quando a suo tempo fu proposto, sarebbe stato meglio vendere il vettore ai francesi.
Non poteva andare peggio. Ora lo scenario? La vendita o il fallimento».