Migrazioni e salute: «Immotivato l'allarme sul rischio epidemie»

«È immotivato il timore di contagi o epidemie causati dal fenomeno migratorio perché da noi, di fatto, arrivano i più forti».

 Lo ha detto Flavio Di Giacomo, portavoce nel Mediterraneo dell’Oim (Organizzazione mondiale per le migrazioni), intervenuto al Festival dell’economia.

«Allarme e allarmismi non aiutano - ha aggiunto - quello che serve è gestire un fenomeno irreversibile in modo organizzato per tutelare i diritti umani dei migranti e per sottrarre risorse alla criminalità che specula e si arricchisce con i viaggi della speranza accumulando capitali che sfuggono all’economia regolare».

La sala della fondazione Caritro ha ospitato il dialogo a tre voci su migrazioni e salute. Ospiti del Festival dell'Economia, Flavio Di Giacomo dell'Organizzazione mondiale per le migrazioni, Salvatore Geraci responsabile dell'area sanitaria della Caritas e appartenente alla Società italiana di medicina delle migrazioni, Tommaso Iori presidente di UISP del Trentino, coordinati da Enrico Nava, direttore dell'integrazione socio-sanitaria dell'azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia di Trento.

"In Italia arrivano 150-180mila migranti ogni anno, circa lo 0,3% della popolazione italiana" - ha ricordato Di Giacomo - "Non lasciamoci confondere: esiste un'emergenza umanitaria e operativa, ma nessuna invasione".
 
Il tema delle migrazioni è di estrema attualità e spesso oggetto di dibattiti strumentalizzati e falsati da opinioni e immaginari che sovvertono i dati di realtà. Partiamo da qui. Flavio Di Giacomo, portavoce nel Mediterraneo dell'OIM (Organizzazione mondiale per le migrazioni, attiva dal 1951 ed entrata di recente a far parte dell'ONU), lavora a stretto contatto con il fenomeno degli "arrivi via mare" che costituiscono uno dei tanti modi con cui i migranti fuggono da guerre, persecuzioni, necessità di offrire una vita migliore a sé ma soprattutto ai propri figli.
 
È un'emergenza umanitaria e organizzativa ma non numerica; è una questione drammatica ma meno di quanto si crede e si dice: arrivano mediamente 150-180mila migranti all'anno, pari allo 0,3% della popolazione italiana. E di contro i 5 milioni di stranieri regolari contribuiscono al nostro Pil per l'8-9%. Le storie di chi arriva sono spesso storie di dolore e traversie indicibili con la Libia che costituisce una tappa infernale in cui si assiste a torture e vessazioni che rendono i migranti titolari di richiesta di protezione internazionale anche se partiti per questioni economiche. Ed è immotivato anche il timore di contagi o epidemie causati dal fenomeno migratorio perché da noi, di fatto, arrivano i più forti. Allarme e allarmismi non aiutano: quello che serve è gestire un fenomeno irreversibile in modo organizzato per tutelare i diritti umani dei migranti e per sottrarre risorse alla criminalità che specula e si arricchisce con i "viaggi della speranza" accumulando capitali che sfuggono all'economia regolare. 
 
Salvatore Geraci, da 31 anni impegnato nel lavoro con i migranti, ci racconta le storie di Felix, Giorgina, Joy: tre donne, tre migranti, decedute nel nostro paese per ulcera, complicazioni dettate dalla gravidanza, tubercolosi rispettivamente negli anni '80, '90, 2000. Tre storie di paura di perdere il lavoro, irregolarità, timore di essere scoperti i cui epiloghi potevano essere evitati. Ma quelle storie sono almeno servite a richiamare l'attenzione di opinione pubblica e legislatore e a trasformare, piano piano, il nostro sistema nazionale per farlo diventare meno disuguale e permettere a tutti di avere accesso alle cure, mentre il privato sociale già era attivo per offrire servizi e supporto a chi sembrava non averne. Nel 1990 nasce la società Italiana della Medicina delle migrazioni e la consapevolezza delle nuove necessità si amplia. Il percorso è ancora in cammino, ma - per fare un esempio - oggi i nuovi LEA prevedono che tutti i minori devono essere iscritti al sistema sanitario nazionale. 
 
Chiude l'incontro Tommaso Iori impegnato, in qualità di presidente di UISP Trentino, nella diffusione dello sport come spazio sociale di promozione alla salute e di integrazione. Ricorda le disparità nell'accesso alle attività sportive come elemento di disuguaglianza ma anche come occasione persa per garantire salute e per favorire l'incontro tra cittadini italiani e stranieri. Obesità e sedentarietà sono più diffuse tra i migranti. Bisogna promuovere azioni e stimolare politiche che possano favorire l'accesso allo sport come occasione di incontro e crescita di tutti: italiani e stranieri, sportivi e inattivi. E racconta la bella esperienza di "BAR - Bicycles Against Racism", il progetto realizzato lo scorso anno da soggetti pubblici e privati (tra cui il Dipartimento salute e solidarietà sociale della provincia e CINFORMI) che ha previsto alcune biciclettate collettive favorendo l'emersione della presenza degli stranieri anche in un ambiente, la ciclabile, spesso percepito come esclusivo e destando lo stupore e talvolta l'ilarità dei ciclisti abituali. L'obiettivo era allenare alcuni migranti per L'eroica, la manifestazione cicloturistica che si tiene ogni anno su strade bianche del Chianti senese: Mamadou, arrivato in Trentino dalla Guinea, c'era alle biciclettate e c'era nel Chianti: "Ho imparato e sono contento. E dico grazie a tutti voi".
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