Mele bio, i tempi dell'agricoltura trentina
Obiettivo sostenibilità. La strada che sta percorrendo la melicoltura trentina è tracciata dall’Apot, il consorzio delle Organizzazioni dei 6.294 produttori soci di Melinda, La Trentina, Copag e Società dei frutticoltori di Trento e Aldeno.
La previsione - sul fronte del metodo di coltivazione biologico - è quella di raggiungere gli 800 ettari dedicati entro il 2022, su un totale di oltre 8.900 ettari di frutteto.
Nel 2015 gli ettari certificati «bio» in Trentino erano 401, poco meno del doppio di quelli censiti dieci anni prima (252 ettari, saliti a 270 nel 2010). Nel giro dei prossimi quattro anni, dunque, circa il 10% della superficie coltivata in Trentino sarà coltivata con tecniche biologiche. Eppure - secondo quanto ha affermato l’assessore all’agricoltura Michele Dallapiccola - il bio «non può essere la panacea di tutti i mali».
Anche per questo, in parallelo, si prevede un incremento della quota delle varietà resistenti che arriverà ad almeno il 4% del totale, secondo il progetto «Apple and berry». Nel corso del 2017 sono stati realizzati 27,4 ettari di meleto con le nuove varietà che richiedono un numero di trattamenti inferiore. Su questo fronte il programma prevede di coltivare su 50 ettari la varietà Opal, su 80 ettari la Galant e su 50 ettari la Isaaq.
L’obiettivo dichiarato dal direttore di Apot Alessandro Dalpiaz è di puntare su un’agricoltura integrata e sempre più sostenibile. Come? In primis non accettando le mele non conformi sul fronte dei trattamenti con agrofarmaci (con le relative multe), ma anche accompagnando i 6.300 agricoltori all’uso di tecniche più evolute, ad esempio attraverso il controllo meccanico delle malerbe in alternativa ai diserbanti chimici. Un esperimento sarà invece avviato a Trento Sud, dove per contrastare la mosca del Mediterraneo verranno impiegati gli insetti antagonisti.
In ogni caso, un dato importante è che il 99,4% dei campioni di frutta analizzati nell’ambito del progetto «Trentino frutticolo sostenibile» risulta assolutamente conforme.
Lo stesso vale per le 196 analisi residuali (cioè sulle tracce di fitofarmaci) estive eseguite su frutticini e foglie di melo. Per quanto riguarda invece le analisi autunnali sui frutti, è stato rilevato un solo caso non conforme.
«A meno di un anno dall’inizio delle attività di informazione e comunicazione che Apot ed i Consorzi associati hanno attivato - ha dichiarato il presidente di Apot Ennio Magnani - si sono già visti i primi risultati. Un intenso lavoro di ricerca ed innovazione, dove enti pubblici e privati hanno operato con la massima serietà, professionalità e concretezza, al fine di garantire un futuro al nostro territorio e alle nuove generazioni».
Da segnalare, tra le altre iniziative avviate, c’è anche l’informatizzazione dei quaderni di campagna (sui quali gli agricoltori indicano tutti i trattamenti eseguiti nei campi) che ha ormai raggiunto i due terzi del totale delle aziende (ne mancano 1.474), con la previsione di completarlo entro febbraio. Quanto ai controlli sulla corretta distribuzione dei diserbanti, è stato rilevato che appena 8,3 ettari non erano conformi ai parametri previsti.
I frutticoltori multati sono stati in tutto 91, per un totale di 22.369 euro di sanzioni dovute. Ma nella maggior parte dei casi (43), le multe sono legate al mancato estirpo di piante affette da Scopazzi. E intanto continua l’attività formativa degli operatori con oltre 1.200 ore di docenza sui temi della sicurezza e della tutela dell’ambiente, con 8.996 presenze e 31.432 ore di formazione.
Oltre alla consueta attività di revisione degli atomizzatori, degno di nota è il dato che emerge dalla raccolta di imballaggi fitosanitari ed altri rifiuti agricoli (organizzata da Apot) che ha evidenziato un deciso calo dei conferimenti dal 2012 al 2017, sintomo di «una maggiore consapevolezza e attenzione nel loro utilizzo e smaltimento».
Particolare soddisfazione è stata espressa infine per il progetto «Meleto pedonabile sostenibile», che sulla base di un campionamento delle aree frutticole del Trentino ha messo in luce un livello di biodiversità del suolo soddisfacente, tanto da garantire l’acquisizione di una certificazione ad hoc sulla base dello standard Biodiversity Alliance.