Commercio, chiusure festive Arriva il sì dei sindacati
Chiusure domenicali obbligatorie per legge, s’infiamma il dibattito. Dopo che l’assessore provinciale al commercio Roberto Failoni ha dichiarato che l’imposizione calata dall’alto di un limite annuale alle aperture domenicali dei negozi, previsto da una proposta di legge che vede tra i suoi principali fautori il vicepremier Luigi Di Maio, lo lascia perplesso, c’è chi si schiera con cui e chi lo critica.
La posizione dell’esponente della giunta presieduta da Maurizio Fugatti è condivisa da Carlo Biasiol, presidente del Centro di tutela dei consumatori di Trento. «Non si deve commettere l’errore - dichiara - di tornare indietro nel tempo e costringere i negozianti ad abbassare le serrande per un determinato numero di giornate festive all’anno. Se ciò avvenisse i primi ad essere penalizzati sarebbero i cittadini. Nel rispetto dei diritti di chi lavora nel settore commerciale bisogna continuare sulla strada delle liberalizzazioni».
Roland Caramelle, segretario della Filcams del Trentino, la pensa all’opposto: «Siamo da sempre contrari alla liberalizzazione delle aperture festive e domenicali dei negozi. Da anni chiediamo, inascoltati, una restrizione delle norma a livello nazionale e locale. Se finalmente si decide di andare in questa direzione non possiamo che essere a favore».
E attacca: «Stupisce invece la presa di posizione di Failoni. Pensare di non regolarizzare le aperture festive, tradisce una visione fuori dal tempo e lontana dalla realtà. Una visione che può andare bene solo alle valli con forte vocazione turistica, come quella in cui l’assessore opera. Ma è una visione di parte. In questi anni la liberalizzazione non ha prodotto un maggiore fatturato né ha favorito la ripresa dei consumi. Non si è creata nuova occupazione stabile, ma solo un fiorire di contratti precari».
Attraverso un comunicato firmato da Walter Largher, Stefano Picchetti e Vassilios Bassios, la Uil Tucs prende le distanze dall’assessore provinciale. «In campagna elettorale - scrivono i tre sindacalisti - la Lega aveva garantito una svolta sull’argomento in questione, proponendo solo otto domeniche di apertura e non 26 (più del triplo) come è previsto nell’attuale proposta di legge. L’assessore parrebbe non ancora contento, in quanto sostiene che dovrebbero aumentare solo perché a lui dispiace vedere i negozi chiusi».
E ancora: «Credevamo che l’attenzione della politica, soprattutto quella territoriale, fosse rivolta ai lavoratori ed alle piccole realtà commerciali delle valli anziché alle grandi catene, le uniche che dalla soppressioni degli stop forzati hanno avuto benefici. Non credevamo che Failoni rimpiangesse il decreto Monti, ma forse ci sbagliavamo in quanto egli ritiene più importanti le aperture nei giorni festivi del sacrosanto diritto dei lavoratori a vivere la domenica in libertà».
Viene evidenziato, infine, come le liberalizzazioni non abbiamo portato nessun tipo di vantaggio economico al territorio trentino: «Meno giorni di chiusura in questi anni non hanno generato un maggiore fattturato e un aumento dell’occupazione ma solo un incremento di tempi parziali (soprattutto donne), di turnistiche impazzite e una peggior gestione del lavoro con una flessibilità che mina la tenuta delle famiglie».
Renato Villotti, presidente di Confesercenti, teme che sarà difficile riuscire trovare un’intesa tra le parti interessate. «Da un lato - afferma - c’è il sacrosanto diritto dei dipendenti di non lavorare la domenica, dall’altro quello di chi ha un negozio e chiede di non essere obbligato a chiudere. La cosa migliore da fare sarebbe quella, se la proposta del governo M5s-Lega dovesse diventare legge, di sedersi intorno ad un tavolo e trovare una soluzione in grado di soddisfare tutti».
Un discorso particolare bisognerà farlo a suo avviso sulle località turistiche, anche se a tal proposito sono già previste delle deroghe all’interno del testo depositato alla Camera dove sarà esaminato, per poi passare al Senato.
Esprime però la preoccupazione che andando verso ad una più frequente chiusura degli esercizi commerciali si favoriranno i colossi della rete: «I consumatori trovando le serrande abbassate, potrebbero moltiplicare i loro acquisti su internet. Parliamo di soldi che non alimentano mai la nostra economia e che portano benefici a aziende che non pagano le tasse in Italia. Un problema di difficile risoluzione, forse impossibile».