Allarme denaro sporco 678 operazioni sospette
L’anno scorso in Trentino sono state segnalate 678 operazioni sospette di riciclaggio di denaro sporco, il 6,8% in più dell’anno precedente che era già arrivato a livelli record. A Bolzano l’incremento è ancora superiore, +11,1%, con 639 segnalazioni. Complessivamente quindi in regione, secondo l’Unità di Informazione Finanziaria (Uif) della Banca d’Italia che ha appena pubblicato l’aggiornamento annuale, si contano 1.317 Sos antiriciclaggio, l’8,8% in più del 2017. Di essi nel primo semestre 2018, specifica l’ultima relazione della Dia, 410 sono sotto la lente della Direzione Investigativa Antimafia, di cui 71 come operazioni sospette di collegamenti con la criminalità organizzata e 339 relative ai cosiddetti reati spia come estorsioni, usura, danneggiamento seguito da incendio.
Secondo la relazione della Dia, resa nota ieri, per quanto riguarda le infiltrazioni mafiose il Trentino Alto Adige non evidenzia situazioni di particolare criticità, sia per le «favorevoli condizioni socio-economiche», sia per «i fattori culturali che fungono da ostacolo all’insediamento e allo sviluppo di sodalizi criminali». Nelle province di Trento e Bolzano non si registrano forme di radicamento della criminalità organizzata. «Non possono essere, tuttavia, esclusi tentativi di infiltrazione da parte di organizzazioni mafiose - scrive la Dia - anche e soprattutto nell’economia legale con finalità di riciclaggio. Appaiono, infatti, particolarmente sensibili i settori dell’edilizia, delle attività estrattive e della ristorazione».
Rincara la dose Riccardo Fuzio, procuratore generale della Corte di Cassazione, che nell’intervento alla recente assemblea generale della Corte sottolinea come «il Trentino, il Friuli Venezia Giulia, il Veneto, la Toscana e l’Umbria sono regioni in cui la ’ndrangheta tende a reinvestire i cospicui proventi della propria variegata attività criminosa».
Ad oggi, sostiene poi la Dia, «non può essere sottovalutata la capacità delle mafie di instaurare relazioni con la criminalità organizzata straniera, come peraltro già emerso in altre aree del nord Italia. Il rapporto tra mafie italiane e gruppi stranieri appare, infatti, in costante evoluzione e tende ad assumere le caratteristiche di uno scambio reciproco di servizi illegali, soprattutto in regioni in cui non c’è radicamento e controllo militare del territorio.
Tali sinergie potrebbero, ad esempio, rendere anche il Nord est volano per gli interessi oltre confine della criminalità organizzata, specie se legati al traffico di stupefacenti, settore dove si segnala l’operatività di elementi di origine nordafricana, albanese e balcanica».
La relazione cita, in particolare, l’operazione del febbraio 2018 della Polizia di Stato, in collaborazione con gli omologhi uffici investigativi sloveno, croato e bosniaco, che ha tratto in arresto, nell’ambito dell’operazione Zaghi, i componenti di un gruppo criminale che utilizzava le rotte balcaniche per trafficare stupefacenti con l’Italia. Una successiva operazione, denominata Juducarien, conclusa nel mese di marzo dall’Arma dei carabinieri e coordinata dalla Procura di Trento, ha fatto luce sui collegamenti, fra il Trentino e la Lombardia, in relazione ad una rete di spaccio di stupefacenti.