A22, dopo lo scontro si cerca il confronto con Roma
Trattativa riaperta, ieri pomeriggio al Cipe, sulla nuova concessione di A22. Non era scontato. Il giorno prima, a fine convegno del 60°, dal Governo era arrivato un aut aut: a Roma presentatevi con con qualcuno che ci dica sì o no. Non è andata così. A pesare è stata senza dubbio la ritrovata compattezza dei soci di Autobrennero, compresi i più «morbidi» bolzanini.
Ecomicamente, è una «partita» che vale oltre 1,4 miliardi di euro. Politicamente, è la sconfessione - che più netta non poteva essere - dell’operato del governatore altoatesino, Arno Kompatscher, nelle ore in cui sta trattando la formazione della nuova Giunta regionale (ne riferiamo a pagina 11, ndr). Se passasse la sua «linea», condivisa con il ministro Danilo Toninelli, per Autostrada del Brennero spa sarebbe il de profundis, un passo rapido - ironia della sorte - dalle orgogliose celebrazioni del 60° di fondazione al fallimento. Ieri pomeriggio, a Roma, al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), i tecnici rappresentanti degli enti pubblici locali (per Bolzano, Provincia e Regione, Alexander Steiner, Michele Nulli per la Provincia di Trento) hanno riaperto la porta del confronto presentando la lettera concordata tra i sedici soci pubblici il giorno prima al PalaRotari.
È in questa riunione che si è alzata forte e chiara la parola dei soci del sud, con gli interventi, su tutti, del presidente della Provincia di Modena, Gian Domenico Tomei e dei sindaci di Mantova, Mattia Palazzi, e Verona, Federico Sboarina. Un messaggio netto: prima di sfasciare quello che c’è, la spa Autobrennero, per l’incerto ignoto, cioè la costruzione della newco BrennerCorridor spa, è bene pensarci 100 volte.
Per altro, a margine, della riunione dei soci, è stata messa per la prima volta evocata la parola «fallimento» di Autobrennero. Si è fatto banalmente di conto. Se la spa deve versare allo stato i 720 milioni del Fondo ferrovia accumulati dall’1 gennaio 1998 al 31 dicembre scorso; se deve, inoltre, accantonare 300 milioni (180 milioni di valore di subentro e 120 di «extraprofitti», utili accumulati dalla gestione di A22 in regime di proroga dall’1 maggio 2014); se infine deve svenarsi per capitalizzare la costituenda newco, futuro gestore al 100% pubblico, il suo destino è segnato. Quest’ultimo punto è particolarmente delicato, ed è su questo che Kompatscher è stato contestato dagli altri soci, soprattutto del sud. L’ipotesi che il governatore altoatesino aveva condiviso con il Mit, infatti, contempla una suddivisione straordinaria degli utili tra i soci di Autobrennero - 400 milioni di euro - per capitalizzare BrennerCorridor. Fatta la somma, appunto, oltre 1,4 miliardi di patrimonio devoluto, o parzialmente congelato, che affosserebbe Autobrennero.
A sentire, e a dichiararla, una grande puzza di fregatura in tutto questo sono stati, tra gli altri il sindaco Pd di Mantova e quello di Verona (civica vicino alla Lega). Poche ore prima, il presidente di Autobrennero, Luigi Olivieri, rievocando le origini della società, e la determinazione della classe dirigente del tempo (gli Odorizzi, i de Unterrichter, i Turrini), aveva rivendicato con orgoglio la gestione territoriale dell’arteria. Sulla stessa scia si sono ricompattati i soci.
Con due conseguenze. La prima, evidente e sintetizzata nella lettera poi inoltrata al Governo, è la richiesta di eliminare dall’accordo di cooperazione due clausole di risoluzione previste: quella che impegna i soci a vincolare il cda di Autobrennero a versare i 700 milioni del Fondo ferrovia (inutile, perché già previsto per legge); e quella che impone il fondo di garanzia di 300 milioni finché non saranno risolti i contenziosi dovuti ai ricorsi (fatti dalla Provincia di Trento, da quella di Modena e, ad adiuvandum, dal Comune di Verona) sulla delibera Cipe del 28 novembre: semmai, a riserva ne vanno messi solo 120 milioni, perché i 180 del valore di subentro sono credito di Autobrennero. Su questo, il Governo ha concordato. I soci pubblici territoriali chiedono inoltre la revisione della governance del futuro gestore, troppo sbilanciata a favore del Governo, che gli 800 milioni di contributi per opere funzionali ai territori siano previsti, con puntuale elenco intervento per intervento, nell’accordo, che siano rivesti i parametri dell’Art (Autorità di regolazione dei trasporti) che portano ad una tariffa che non rende bancabile il piano trentennale degli investimenti da 4,14 miliardi e che sia messo per iscritto che i 720 milioni del Fondo ferrovia dovranno servire a finanziare il tunnel del Brennero e le tratte di accesso.
La seconda conseguenza riguarda il peso di Trento e di Bolzano. È come se tra i soci si fosse creato, nei fatti, un asse politico Lega-Pd (Tomei e Palazzi del Pd, più il governatore trentino Fugatti della Lega e il «vicino» Sboarina) che ha messo in discussione l’operato della Svp e di Kompatscher che dalla guida della Regione (primo azionista di Autobrennero) ha negli ultimi mesi «trattato» con il Governo. Kompatscher ha giustificato l’insistenza sullo soluzione BrennerCorridor al 100% pubblica come risposta alla «nazionalizzazione» voluta dal ministro Toninelli. Fatto è che la direttiva europea del 2014, per l’affido diretto, senza gara, delle concessioni autostradali, autorizza anche la presenza (sotto il 20%) di capitali privati). È la via suggerita dall’emendamento al Decreto Semplificazione della senatrice Donatella Conzatti, accolto dal Governo come raccomandazione, che implicherebbe una revisione dell’articolo 13 bis che ha previsto per A22 la in house pubblica al 100%.
Sarebbe la via preferibile - vista la situazione - dalla maggioranza dei soci pubblici di Autobrennero. Se dallo scenario sparisse la necessità di una newco, tutto sarebbe più semplice, compresa la futura liquidazione dei quattro soci privati (14,1575% del capitale), visto che per almeno dieci anni A22 non garantirà più un euro di utile. E pure il nodo della sede legale che divide Trento e Bolzano sarebbe sciolto in partenza. Si comprende anche la strategia del governatore trentino, Fugatti, rafforzato dal «patto» con i soci del sud: prendere tempo, piuttosto che accettare una soluzione pasticciata, complicata e dannosa. Con un occhio al 27 maggio, il giorno dopo le elezioni europee, per capire se al Mit l’intercolutore sarà ancora il ministro che considera A22 una «mangiatoia». Prossima riunione al Cipe ad inizio marzo.