«A casa, senza soldi né certezze» La denuncia dei lavoratori delle mense
Una cinquantina di lavoratori in piazza (contingentati, per evitare assembramenti) in rappresentanza dei circa mille lavoratori trentini del comparto mense scolastiche e altri 250 delle pulizie nelle scuole, altrettanti delle mense aziendali, 70 degli impianti sportivi Asis (custodia e pulizia) e 48 delle mense universitarie che da lunedì scorso sono nel limbo. Finite le 18 settimane previste a livello nazionale per la cassa integrazione, partita lo scorso 24 febbraio, a inizio pandemia. Non lavorano, perché le scuole sono ancora chiuse e le aziende tengono almeno metà della forza lavoro in smart working. Non sono tecnicamente licenziati, quindi non hanno diritto alla disoccupazione.
«Si tratta di lavoratori spesso part-time (anche con meno di 15 ore settimanali), che con il contratto multiservizi prendono 7,15 euro l'ora, per buste paga di poche centinaia di euro mensili. Ora non hanno nemmeno quelle. Trento faccia come Bolzano, che ha attivato ammortizzatori sociali provinciali per altre otto settimane», spiegano i rappresentanti sindacali di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uil Tucs. La manifestazione si è svolta in 60 piazze italiane. A Trento si è aggiunto il problema dei lavoratori ex Sma, in procinto di passare alla Risto3 che ha vinto l'appalto per le mense universitarie: un appalto ancora nel limbo, visto che le lezioni sono sospese e le mense chiuse e che l'aggiudicataria vorrebbe ridiscutere.
«Nel frattempo questi lavoratori sono sospesi, a casa senza retribuzione e nell'incertezza per settembre» evidenza Francesca Delai della Filcams Cgil: «Da una realtà cooperativa del nostro territorio come Risto3, nata decenni fa proprio grazie alle donne che avevano perso il lavoro, ci aspetteremmo maggiore impegno per trovare una soluzione». Ma l'incontro di martedì pomeriggio tra il colosso cooperativo trentino, l'Opera universitaria e la Provincia si è risolto con una fumata nera. «Speriamo che nel consiglio provinciale di luglio si mettano in campo ammortizzatori reali e rapidi, se non si vuole uccidere un uomo già ferito» auspicano i sindacati.
«Il dirigente provinciale Fedrigotti - comunica Dino D'Onofrio della Uil Tucs - ha prospettato un disegno di legge che preveda anticipi di cassa per i lavoratori, da recuperare, diluiti, quando l'appalto sarà a pieno regime». «Va messo nero su bianco incalza Gabriele Goller della Fisascat Cisl e servono linee guida chiare per ripartire a settembre. Già sappiamo che le mense lavoreranno al 30%, forse. La Provincia deve dirci se le mense diventeranno aule o no. Gli ammortizzatori sociali serviranno almeno fino a fine 2020».
Tra i lavoratori rabbia e sconforto: «Lavoro da più di trent'anni nel settore delle mense universitarie dice una delegata Fisascat e dal 22 giugno non abbiamo entrate. Capiamo che non c'è lavoro per noi, ma i nostri pagamenti dobbiamo farli. Si passi dalle promesse ai fatti».
«Ho un marito precario, due figli e un mutuo» aggiunge Loretta, da 30 anni al lavoro nelle mense. «Ultimamente ero barista allo studentato di San Bartolomeo. Ovvio, niente vacanze quest'anno. Ma a settembre?».