Lo sci non riaprirà il 18 gennaio, appello delle Regioni al Governo per "ristori immediati ed adeguati"
Il comparto turistico invernale «soffre oggi alcuni miliardi di mancato fatturato e che rischia, a crisi epidemica finita, di non avere più la forza di rialzarsi. Per questo è necessario mettere in campo misure immediate e proporzionate per le imprese e per i lavoratori stagionali». Lo ribadiscono le Regioni, che di fronte all’annunciata ipotesi di un nuovo rinvio dell’apertura degli impianti di risalita, si dicono disponibili da subito nella collaborazione istituzionale per trovare una soluzione condivisa e immediata.
«Prendiamo atto dell’ipotesi annunciata dal governo di un nuovo rinvio dell’apertura degli impianti di risalita, prevista nell’attuale Dpcm il 18 gennaio, e del conseguente incremento della crisi di tutto il comparto turistico invernale della montagna, e chiediamo al governo di assumere un impegno serio nei confronti di questo settore, garantendo ristori certi, immediati e proporzionati alle perdite subite», scrivono le Regioni in una nota congiunta.
«Durante i lavori della Commissione Speciale Turismo della conferenza delle Regioni e delle Province autonome - continuano i rappresentanti delle Regioni - sono emerse le richieste che saranno avanzate al governo, in particolare una data garantita di apertura, ristori certi e immediati e proporzionati al minor fatturato della stagione agli impianti di risalita e a tutte le attività correlate. Stabilita una data certa sarà necessario dare continuità all’attività degli impianti di risalita nel rispetto delle limitazioni previste dalle linee guida del protocollo approvato dal Cts. La dinamica della diffusione del virus, e quindi la suddivisione delle zone a colori, determinerà, le relative limitazione in ordine alla mobilità delle persone piuttosto che al restringimento dei servizi».
Un nuovo rinvio della data del 18 gennaio per la riapertura delle piste da sci era già stato ventilato ieri nella riunione tra le Regioni, tra cui il Trentino, e i ministri Francesco Boccia (Pd) e Roberto Speranza (Leu). Durante la riunione c’è stato solo un accenno alla questione da parte del ministro della salute. Che ha spiegato come si stia guardando alla Francia per riaprire insieme (la data fissata dai transalpini è quella di fine mese, inizio febbraio). Una frase che, unita a quella pronunciata due giorni fa pubblicamente a Che tempo che fa «Mi pare complicato vedere le scuole superiori chiuse e gli impianti di sci aperti», e alle indiscrezioni sul Dpcm, fanno pensare a un rinvio della riapertura delle piste da sci dopo il 18.
«Grande preoccupazione» per la riapertura degli impianti sciistici hanno espresso gli esperti del Comitato tecnico scientifico sottolineando tra l’altro che molte delle regioni in cui si trovano gli impianti sono proprio quelle dove la pandemia sta colpendo più duramente.
Dal Cts è poi arrivata la conferma di quanto già emerso nella riunione del 7 gennaio: i Mondiali di sci in programma a Cortina dall’8 al 20 febbraio si potranno svolgere ma a porte chiuse e con una serie di raccomandazioni tra cui quella di fare in modo che gli atleti restino in paese il minor tempo possibile, per evitare assembramenti.
La parola definitiva arriverà con i provvedimenti del governo, ovvero il Dpcm e il decreto legge che ne dovrebbe estendere le regole per un mese o un mese e mezzo, dal 16 gennaio in poi. Prima di quella data ci sarà un nuovo confronto con le Regioni.
«Sugli impianti c’è stato un primo incontro interlocutorio - commenta l’assessore al turismo della Provincia, Roberto Failoni (Lega) - ora ci sono due giornate di lavoro con il ministro che mercoledì va a Camera e Senato a riferire e giovedì torna in Conferenza Stato-Regioni per un minimo di sintesi con i territori. Noi come come Regioni alpine riconfermiamo la richiesta di aprire il 18 gennaio».
Oggi tra l’altro dovrebbe esserci un ulteriore passo avanti per lo sci. Alla riunione del Comitato scientifico dovrebbe approdare il protocollo per la riapertura in sicurezza degli impianti a fune. Con le regole sul numero chiuso sulle piste (per il Trentino il 30% della capienza oraria massima delle funivie, ovvero 100.000 sciatori al giorno in tutta la provincia), il 50% di capienza di cabinovie o ovovie, la prenotazione on line degli skipass.
Dalle Regioni alpine, che chiedono i ristori adeguati («sia che si apra sia che non si apra» afferma Failoni, mentre si parla di centinaia di milioni chiesti per il solo Trentino) è stato fatto notare come nelle zone gialle si vogliano aprire i musei, mentre le funivie vengano considerate pericolose a confronto, anche se la capienza viene ridotta sia nelle cabine sia sulle piste.
Agli operatori della filiera del turismo, intanto, Failoni chiarisce che «la Provincia aspetta il decreto ristori 5 e su quella base farà le valutazioni in base alle disponibilità finanziarie o meno rispetto all’Imis» che bar e ristoranti e albergatori chiedono di sospendere.
Al di là dei comunque importanti aspetti economici, Failoni spiega che alla base della richiesta dell’economia turistica trentina, c’è un aspetto legato alla volontà di esserci. «Tutti vogliono riaprire per lavorare, anche se andranno in perdita di sicuro quest’anno. Ma riaprire permetterebbe alle aziende trentine e ai lavoratori di avere dignità nel lavoro» conclude Failoni.
In attesa di scelte definitive è il settore degli impiantisti. I nodi sul tavolo sono quando si potrà riaprire e, soprattutto, come. Nel senso su quale bacino d’utenza si potrà contare per le stazioni sciistiche della provincia. Lo spiega Luca Guadagnini, presidente di Anef trentina, associazione che riunisce le società funiviarie. «La riflessione sulla clientela che potrà esserci è molto delicato. La cosa più importante è capire quale sarà il bacino a cui possiamo rivolgerci e se sarà sensato numericamente o meno. Ad oggi vediamo che Veneto, Emilia e Lombardia sono arancioni. E quindi anche a prescindere dallo spostamento o meno tra regioni gialle, ci viene a mancare una fetta importante della clientela italiana» spiega Guadagnini. Sui tempi per avviare gli impianti, l’Anef chiarisce che servono «pochi giorni per completare le piste», ma ne serve qualcuno di più per comunicare alla clientela non residente tempi e termini della riapertura.