Il ritorno sui campi in Trentino: il 27% sono donne
Ai corsi di 600 ore promossi dalla Fondazione Mach di San Michele all’Adige sono molte le "vocazioni adulte": il 10% ha una laurea in tasca e l'agricoltura è una scelta di vita. È Paolo Dalla Valle, il coordinatore dei corsi per imprenditori agricoli
SAN MICHELE ALL’ADIGE. Ci sono i figli dei contadini, che coltivano la tradizione di famiglia, e decidono da subito si seguire le orme paterne, iscrivendosi, dopo la scuola media, ai percorsi formativi superiori (dal diploma alla laurea) della Fondazione Mach di San Michele all’Adige.
E, poi, ci sono le “vocazioni adulte” (come quelle di Daniele e Gianluca Florian di cui scriviamo a fianco): chi decide di tornare ai campi o alla stalla dopo avere fatto altri percorsi. I più vari. Vuoi per necessità, vuoi per scelta di vita, sono un numero crescente i giovani e i meno giovani che si iscrivono al corso per imprenditori della Fondazione Mach.
Alla fine del percorso biennale, hanno in tasca il patentino di imprenditore agricolo, possono accedere al premio per l’insediamento e, soprattutto, hanno più strumenti per intraprendere un’avventura aziendale. Impegnativa e dall’esito affatto scontato per chi non ha spalle capitali (finanziari e terra) adeguati. C’è chi, a San Michele all’Adige, è considerato il “padre” di centinaia di nuovi professionisti dell’agricoltura.
È Paolo Dalla Valle, il coordinatore dei corsi per imprenditori agricoli. Li ha seguiti fin dal primo proposto, nel 1986, quando l’allora Istituto Agrario diede il via all’esperimento. I numeri raccontano che, in 33 edizioni, sono stati coinvolti circa 2.500 giovani e che di questi l’85% è alla fine riuscito a concretizzare il progetto imprenditoriale. Il percorso non è da prendere sotto gamba.
È rivolto ai giovani tra i 18 e i 40 anni. E se le prime 15 edizioni erano di 150 ore, nelle 18 successive la proposta è diventata più completa e articolata: 600 ore di corso, di cui 400 in presenza a San Michele all’Adige, con la frequenza di due giorni la settimana nel periodo autunno-inverno, quando natura e campi riposano.
Dalle origini, molto è cambiato nella tipologia dei partecipanti alla ricerca di competenze mirate e di strumenti per orientarsi nella gestione di un’azienda agricola. «All’inizio» spiega Dalla Valle «il corso era frequentato da giovani senza titolo di studio. Oggi, invece, il 50% ha già un diploma in tasca ed il 15% è laureato».
È la conferma che il “ritorno ai campi” è sempre più una scelta responsabile di vita. «C’è anche da considerare» dice Dalla Valle «che sono mutate le competenze richieste, non solo limitate alla produzione agricola. Perché è sempre più necessario avere conoscenze di mercato, capacità di monitorare l’andamento dell’impresa, attenzione alla sostenibilità ambientale, al benessere animale, alla sicurezza alimentare».
Altro elemento: è sempre più importante valutare le opportunità di reddito delle attività collaterali alla produzione, trasformazione dei prodotti, vendita diretta, agriturismo, didattica in azienda. E ciò spiega l’aumento del numero delle donne coinvolte.
La media è di 65 corsisti per biennio. Al corso partito in novembre si erano iscritti in 120, 64 quelli accolti. Il 27% sono donne, il 10% risulta già insediato in agricoltura, il 73% ha meno di 30 anni, l’8% ha una laurea e il 47% un diploma di scuola superiore. «Il 20%» spiega Dalla Valle «sono giovani che partono da zero, senza terra e capitali alle spalle. Per loro, il problema più grosso, soprattutto nelle zone ricche, è il costo del terreno».