Ce la farà il dettaglio alimentare a sopravvivere? I negozianti (e la cooperazione) si interrogano
La crisi della pandemia, il boom del delivery e del commercio on-line, ma anche la concorrenza dei supermercati: un incontro a Confcommercio e una riflessione delle Famiglie Cooperative, il tema è cruciale
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TRENTO. La crisi per la pandemia, l’aumento esponenziale dell’e-commerce e della consegna a domicilio, i costi per le norme di sicurezza Covid: ce la faranno i piccoli negozi alimentari al dettaglio a sopravvivere? E come?
È il tema dell’incontro dal titolo «Il futuro dei dettaglianti dell’alimentazione: categoria in via d’estinzione?» nel quale Confcommercio del Trentino illustrerà i dati del settore alle prese con quasi due anni dall’inizio della pandemia e si interroga sul proprio futuro.
Si terrà mercoledì 1° dicembre, alle 14 presso l’Auditorium di Confcommercio Trentino, in via Solteri 78 a Trento,ed è organizzato dalla categoria degli alimentaristi dell’Associazione commercianti al dettaglio del Trentino.
All’incontro presenzieranno il presidente dell’Associazione commercianti al dettaglio e vicepresidente vicario di Confcommercio Trentino Massimo Piffer, il presidente della categoria degli alimentaristi Nicola Ribaga, la presidente nazionale FIDA - Federazione italiana dettaglianti alimentari Donatella Prampolini e l’assessore provinciale al commercio Roberto Failoni.
Che si tratti di un tema attuale e drfammatico, lo dimostra il proliferare di riflessioni. Lo ha fatto anche la cooperazione, pochi giorni fa.
Per i 100 anni della Famiglia Cooperativa di Villa Lagarina si è tenuta una tavola rotonda con l’antropologo Annibale Salsa, il presidente di Sait Renato Dalpalù, l’ex Giorgio Fiorini e il presidente della Famiglia Cooperativa Andrea Baldo sul futuro dei negozi di prossimità.
Spiega la Federazione: «I numeri sono significativi. Il sistema della cooperazione di consumo trentina è fatto da una rete di quasi quattrocento punti vendita molto diffusi sul territorio, anche nelle più piccole località. 224 di questi negozi rappresentano l’unico esercizio del paese.
Tre su dieci hanno una superficie inferiore ai cento metri quadri di superficie, e rappresentano appena il 6% delle vendite. 24 punti vendita fatturano meno di 150 mila euro l’anno, 159 meno di 500 mila euro, la metà dei negozi fattura appena il 10% del totale.
Dati che fotografano la sfida quotidiana del movimento cooperativo trentino nel garantire in ogni luogo del Trentino un servizio essenziale come quello di un negozio alimentare.
Una sfida che si gioca tra la sostenibilità economica e la responsabilità nei confronti della propria comunità, frutto di una storia secolare e di valori condivisi.
Annibale Salsa, docente universitario di antropologia e probabilmente il maggiore conoscitore delle comunità delle Alpi, è partito da lontano, dall’Ottocento, per evidenziare la crisi del modello comunitario che nei secoli sulle Alpi ha regolato la vita civile attraverso la gestione dei beni comuni.
Nel lento e inesorabile processo di spersonalizzazione e omologazione che ha portato, in epoca recente, a realizzare i grandi centro commerciali, la cooperazione di consumo ha mantenuto un ruolo fondamentale di presidio anche nei piccoli centri. Un valore emerso con forza anche di recente quando la chiusura imposta dalla pandemia ha costretto le persone a fare la spesa vicino a casa. Dove ha trovato i negozi della cooperazione».
«L’epidemia sta cambiando certe cose – ha affermato il prof. Salsa – la gente ha riscoperto il rapporto di prossimità, anche i modelli di turismo sono cambiati. Non tutto è perduto. Il centro commerciale, il “non luogo”, anonimo e impersonale, non appartiene a questa comunità».
«Questa è una prospettiva che può dare un certo tipo di ottimismo – ha detto l’ex presidente di Sait Giorgio Fiorini – ma dal punto di vista tecnico questi piccoli negozi di periferia sono antieconomici. Più un negozio è piccolo, più i costi sono sproporzionati, e far quadrare questi conti non è semplice.
Amareggia di più il fatto che non si riconosce il valore a questa relazione. Per questo occorre lavorare sulla cultura, sulla promozione dei nostri valori»
«Oggi l’importante è resistere – ha affermato Renato Dalpalù – perché negli anni il consumatore si è spostato sui negozi più grandi, con maggiore assortimento.
I piccoli negozi sono stretti tra i limiti della fisica (nel negozio di cento metri non ci stanno gli stessi prodotti della superficie di 400) e dell’economia (costa di più il piccolo negozio, ma non può costare esageratamente di più). Occorre essere molto efficienti, perché oggi è sempre più difficile compensare i costi tra i negozi più strutturati e quelli più piccoli».