Dealcolati, il 36 per cento degli italiani è interessato. Lollobrigida: “Ma non chiamiamoli vini”
Sul fronte europeo, rende noto Federvini, la Germania vede crescere il gradimento dei vini no alcol con un +6% a volumi e +17% a valori rispetto al 2022. Il mercato tedesco apprezza in particolare lo spumante dealcolato con quasi 60 milioni di euro di vendite. Sulla stessa linea anche il Regno Unito con un +6% a volumi dei vini senza alcol nel 2023 rispetto al 2021
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VERONA. In una agorà del vino come Vinitaly si fa sentire la voce di astemi e amanti del bere a bassa gradazione alcolica. A questa schiera, che annovera sportivi, donne incinte, autisti professionisti, consumatori di altri credo religiosi o con particolari regimi alimentari, sono pronti a rispondere i produttori italiani di dealcolati che tuttavia lamentano un vuoto normativo che rallenta lo sviluppo della filiera italiana del Nolo, il bere no e low alcohol. Una tendenza di mercato che negli Usa vale già un miliardo di dollari, stima Unione italiana Vini (Uiv), mentre in Italia il 36% dei consumatori sarebbe interessato a consumare bevande dealcolate.
In questa partita l'Italia "gioca un ruolo residuale, - lamenta il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti - perché non è ancora possibile elaborare il prodotto negli stabilimenti vitivinicoli e non sono state fornite indicazioni sul regime fiscale. Il prodotto può circolare anche in Italia, come in tutta l'Ue, ma i produttori italiani non possono produrlo". Secondo un sondaggio Swg, l'attenzione verso i vini dealcolati (21%) è più alta nelle fasce più giovani (28% da 18 a 34 anni). Intanto in tre giorni di presenza costante a Vinitaly il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida ha consolidato una certezza: "sul vino tradizionale siamo una eccellenza".
E si mostra pertanto recalcitante, ma disponibile, ad aprire il dialogo sul tema. "Il vino da cinquemila anni è frutto della natura e del lavoro dell'uomo con un percorso che pone l'alcol, in quantità che va dal 4 al 20 per cento, come stabilizzatore di questa produzione. Dopodiché non è necessario chiamare vino una cosa che è fatta diversamente. Ma questo è un parere personale", ha precisato il ministro.
"Da un punto di vista politico - ha annunciato a Vinitaly il ministro Lollobrigida - ci confronteremo con la scienza e col mondo produttivo e troveremo la migliore soluzione per non perdere quello che abbiamo in nome di quello non abbiamo. Questo per dire che non serve usare la stessa parola per individuare due prodotti differenti. Dico quindi che il dealcolato ha un possibile spazio importante di mercato, ma non c'è bisogno di chiamarlo vino".
Chiedono di non perdere questo treno, lasciando campo libero alla concorrenza estera, sette big tra le aziende produttrici: Argea, Doppio Passo, Hofstatter, Mionetto, Schenk, Varvaglione, Zonin. "Questi prodotti - ha detto l'analista Swg, Riccardo Grassi, sulla base di una indagine di Swg e dell'Osservatorio del vino Uiv-Vinitaly, - interessano prima di tutto un potenziale di un milione di non bevitori di alcolici, oltre a una platea di consumatori di vino o altre bevande (14 milioni) che li ritiene una alternativa di consumo in situazioni specifiche, come mettersi alla guida".
Intanto sul fronte europeo, rende noto Federvini, anche la Germania vede crescere il gradimento dei vini no alcol con un +6% a volumi e +17% a valori rispetto al 2022. Il mercato tedesco apprezza in particolare lo spumante dealcolato con quasi 60 milioni di euro di vendite. Sulla stessa linea anche il Regno Unito con un +6% a volumi dei vini senza alcol nel 2023 rispetto al 2021. E negli Usa nel 2024 si assiste ad una crescita sensibile dei vini dealcolati rispetto a due anni fa (+16% a volumi e +52% a valori) evidenzia uno studio dell' Osservatorio Federvini curato da Nomisma e TradeLab.
In Italia, per Federvini, la produzione di vini dealcolati o parzialmente dealcolati incontra non poche complessità per via di alcuni colli di bottiglia normativi, sebbene il quadro legislativo comunitario lo renda possibile nel rispetto di pratiche enologiche autorizzate (distillazione, osmosi inversa, membrane) e di alcuni obblighi in materia di etichettatura. Per il presidente di Federvini Micaela Pallini "non possiamo ignorare questi segnali che giungono dal mercato e l'Italia trovandosi attualmente in un'impasse normativo, si trova in una situazione di svantaggio".