Giorgetti: crediti superbonus in 10 anni per correggere il deficit
Il ministro: consentirà una correzione del deficit pari a oltre un punto di Pil in due anni, riduzione di 2,4 miliardi. Operatori del settore in allarme per il rischio retroattività, secondo le indicazioni del governo, l'obbligo di spalmare in un decennio l'incentivo riguarderà tutte le spese successive al 31 dicembre 2023
ENTI Superbonus, allo studio controlli dei Comuni e deroghe per le onlus
ROMA. L'obbligo di spalmare i crediti del Superbonus su 10 anni consentirà una correzione del deficit pari a oltre un punto di Pil in due anni. È quanto emerge dall'intervento fatto ieri dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti in commissione Finanze al Senato.
"L'emendamento che il governo intende presentare, che prevede la ripartizione in dieci quote annuali dei crediti fiscali relativi a interventi edilizi - ha detto il ministro secondo quanto riporta il resoconto di seduta -, è finalizzato ad allineare l'andamento a legislazione vigente del deficit indicato nel Def 2024 con quello programmatico della Nadef 2023 (a tal fine sono necessari 700 milioni nel 2025 e 1,7 miliardi nel 2026)".
Il Def indica un deficit tendenziale al 3,7% nel 2025 e al 3% nel 2026, a fronte della stima programmatica rispettivamente del 3,6% e del 2,9% della Nadef.
"Lo ha detto il ministro, e io ribadisco, la retroattività è limitata alle spese sostenute nell'esercizio fiscale vigente alla data di entrata in vigore della norma, e quindi a tutte le spese sostenute nell'esercizio del 2024", ha spiegato oggi il sottosegretario dell'economia Federico Freni, a margine dei lavori della commissione Finanze del Senato sul decreto superbonus.
"Quindi - ha aggiunto - una spesa di gennaio è retroattiva, ma una sostenuta a dicembre 2023 non è eleggibile alla rateizzazione obbligatoria in 10 anni. Arriverà il testo domani e lo vedrete".
Ieri, partecipando ai lavori della commissione, il ministro Giorgetti - secondo quanto riporta il resoconto della seduta - ha detto che "il governo presenterà una proposta emendativa volta a prevedere che, per le spese sostenute, a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame, le detrazioni fiscali relative a interventi edilizi siano ripartite in 10 quote annuali di pari importo".
Il ministro ha quindi chiarito come "la previsione delle 10 quote annuali di pari importo rappresenterà un obbligo e non un'opzione per il contribuente".
La decisione del govenro ha scatenato varie critiche e allarmi.
"Rendere obbligatoria la dilazione in 10 anni dei crediti del Superbonus innescherebbe una bomba a orologeria che metterebbe in ginocchio le imprese alimentando contenziosi che coinvolgerebbero aziende, banche e famiglie: uno shock che va scongiurato", è il senso dell'appello dell'Alleanza delle Cooperative contenuto in una lettera inviata a Giorgetti.
"Se la previsione diventasse un obbligo di legge per alleggerire il peso dei crediti esigibili sul bilancio dello Stato - sottolinea l'Alleanza - si rischierebbe di far saltare tutti i piani economico-finanziari e di mettere in dissesto le imprese che confidavano di poter utilizzare il credito, acquisito come pagamento del corrispettivo contrattuale, in 4 anni, come previsto dalla legislazione vigente. Si arriverebbe al paradosso che le imprese, pur in presenza del credito, dovrebbero comunque versare parte di imposte e contributi dovuti, per effetto della dilazione in 10 anni introdotta con effetto retroattivo.
Se poi la disposizione riguardasse anche i lavori in corso, ciò determinerebbe un blocco degli stessi in modo da rivedere tutte le condizioni contrattuali con la committenza, compresi i condomini, per rendere gli appalti economicamente sostenibili. Le controversie che insorgerebbero produrrebbero un effetto esplosivo con gravi conseguenze per tutti: famiglie, imprese, oltreché tutti i cessionari, comprese banche e intermediari finanziari".
"Senza dimenticare - precisa l'Alleanza- le gravi ripercussioni che tale provvedimento è destinato a determinare per soggetti specifici e meritevoli di tutela per la loro funzione sociale come gli enti del Terzo settore, le cooperative sociali e le cooperative di abitanti a proprietà indivisa".
"Auspichiamo pertanto - conclude - che nel corso dell'iter del decreto legge governo e Parlamento abbiano sempre in primo piano la tutela del legittimo affidamento sulla normativa vigente e che si eviti qualsiasi effetto retroattivo, consentendo di portare a termine operazioni eseguite nel pieno rispetto della legge".
Il ministro Giorgetti paragona il superbonus al Vajont: la diga l'abbiamo messa, ma la valanga era già partita. Immagine che indigna le opposizioni, che lanciano anche l'allarme sui rischi per le imprese.
Preoccupazione condivisa dall'Ance e dall'Abi, che avvertono: il provvedimento non sia retroattivo o l'effetto sarà "devastante".
Le novità in arrivo le porta direttamente il ministro partecipando di primo mattino ai lavori della commissione Finanze del Senato sul decreto superbonus. L'obbligo di spalmare i crediti del Superbonus in 10 anni "non sarà una possibilità ma un obbligo", annuncia ai cronisti al termine della seduta a porte chiuse, durata poco più di mezz'ora.
Inoltre "gli emendamenti parlamentari, come avvenuto in passato, di ampliamento delle deroghe non saranno presi in considerazione", avverte. Dopo che il governo Meloni è già intervenuto quattro volte (l'ultima con questo provvedimento), serve dunque una ulteriore stretta. Con un macigno di crediti da bonus edilizi da oltre 219 miliardi (di cui 160 per il Superbonus) che pesa sui conti pubblici, non ci sono alternative. Spalmare i crediti su 10 anni consentirà di estendere l'impatto sul debito dal periodo 2024-27 al decennio successivo, ha stimato l'Ufficio parlamentare di bilancio, "con conseguente riduzione dell'effetto annuo aggiuntivo del periodo iniziale" e "un corrispondente aumento dell'effetto annuo nel periodo residuo 2028-2033". La misura rischia però di avere altre ripercussioni.
"Aspettiamo di vedere il testo": Giorgetti ha detto che "nessun provvedimento può essere retroattivo", ma se così fosse avrebbe "un impatto devastante" su imprese, banche e cittadini, avverte la presidente dell'Ance Federica Brancaccio. Il rischio, rincara la dose una nota congiunta dei costruttori insieme all'Abi, è minare la fiducia: bisogna invece "dare certezza". Un timore che agita anche le imprese artigiane, con la Cna che esprime "forte preoccupazione" sulle novità annunciate e parla di "misure penalizzanti" per le imprese del settore già in difficoltà. E mentre l'Ispettorato nazionale del lavoro avverte che nelle aziende edili si arriva al 93% di irregolarità, anche la politica suona il campanello d'allarme.
"Falliranno decine di migliaia di imprese", avverte il Pd. E a cascata anche i fornitori, aggiunge il M5s. Che torna all'attacco del governo: metà del portafoglio di crediti fiscali, dice Giuseppe Conte, è "imputabile al governo Meloni" e ai suoi "provvedimenti groviera". Ma la maggioranza fa quadrato (il governo ha salvato i conti dal disastro, dice il sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari) e il ministro non ci sta ad assumersi la responsabilità di una spesa che non accenna a fermarsi.
"Grazie agli antichi romani, ci sono i diritti acquisiti, c'è la Costituzione", si smarca e liquida anche la proposta della Banca d'Italia di uno stop anticipato: "sarebbe stata gradita" prima.
"Quando noi siamo intervenuti a porre una diga, la valanga era già partita", si difende il ministro, che ricorda il Vajont: "Quando c'è stata la valanga, era partita, poi quando è arrivata giù ha prodotto dei disastri". Un paragone subito stigmatizzato dalle opposizioni: "Poteva risparmiarsela", dice il 5s triestino Patuanelli; "battuta fuori luogo, sarebbe bene chiedere scusa", rincara il Dem Boccia. E' "un esempio errato", anche per il sindaco di Erto, uno dei Paesi colpito dalla tragedia del 1963 che, pur sottolineando di "non avere intenzione di aprire una polemica", ricorda che "qui ci sono stati duemila morti". Per il prossimo intervento la linea intanto è tracciata. E sarà nero su bianco nell'emendamento del governo atteso venerdì in commissione.
Conterrà il nuovo spalma-crediti, ma anche una riscrittura della misura per coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri, con un ritorno per le casse comunali del 50% delle somme eventualmente recuperate. In arrivo anche alcune deroghe limitate, ampliando il fondo già previsto di 400 milioni: riguarderà - spiega il relatore Giorgio Salvitti - altre aree colpite da sisma, il terzo settore e chi è affetto da una grave disabilità.