Giordani e Faletti sul Kiris Peak
Maurizio Giordani, alpinista roveretano, è stato premiato nel luglio scorso con il «Pelmo d’oro», uno dei più importanti riconoscimenti nel mondo della montagna, come alpinista in attività. E questo premio gli ha fatto piacere, perché è da più di quarant’anni che è in attività sulle montagne della terra, con la stessa passione.
Alla soglia dei sessant’anni di età, Giordani, accademico del Cai e guida alpina, è capace di scrivere pagine innovative in alpinismo, come quella realizzata di quest’estate, in compagnia di un altro trentino, Massimo Faletti, pure lui guida alpina con esperienze di rilievo sulle montagne di tutti i continenti.
I due hanno salito nel mese di luglio la vetta inviolata del Kiris Peak, alto 5428 metri, nel massiccio del Baltistan (Pakistan) in Karakorum. Rimanendo cinque giorni sulla parete di 1250 metri - una di quelle che in gergo alpinistico vengono chiamate big wall - Giordani e Faletti hanno tracciato un itinerario difficile ma di grande soddisfazione. Maurigio Giordani e Massimo Faletti, nonostante non siano giovanissimi, si confermano l’avanguardia dell’alpinismo.
«In alpinismo - dice Giordani - c’è ancora spazio per le novità, ci sono ancora vette e pareti inviolate da scalare. Basta avere un po’ di fantasia: se vai in Himalaya e nel Karakorum, zone che frequento da anni, ci sono diverse pareti e vette inviolate. Basta uscire dai tracciati classici dove vanno tutti. La montagna che abbiamo salito quest’estate era una parete inaspettata, molto impegnativa, e siamo contenti di aver vissuto una bella avventura. Debbo dire che anche in Dolomiti e sulle Alpi si può trovare qualche itinerario nuovo, bisogna ricercarli, non li trovi facilmente».
A 59 anni hai la passione che avevi a vent’anni, quando hai iniziato con l’alpinismo e hai ricevuto il Pelmo d’oro come alpinista in attività.
«Sono molto contento del Pelmo d’oro: è un riconoscimento prestigioso e mi fa piacere per essere alpinista in attività, non certo giovane. L’alpinismo non esiste se non c’è una parte di avventura, se non ti metti a confronto con un ambiente sconosciuto. Questo ti dà la possibilità di vivere un’esperienza che ti arricchisce. È vero, il tempo passa, ma la mia passione, vera, solida, ferrea, imperturbabile, verso le montagne, è immutata, nonostante, io usi una metafora: l’inesorabile scorrere dei granelli di sabbia dalla clessidra».
Ci parli della via che avete chiamato Water World sull’inviolata vetta del Kiris Peak?
«Eravamo in sette nella spedizione: io con mia moglie Nancy Paoletto, Manrico Dell’Agnola e sua moglie, Massimo Faletti, Cristiano Marinello e Andrea Peron. Io e Nancy siamo arrivati prima degli altri al campo base e abbiamo fatto un buon acclimatamento salendo una comoda vetta di 4900 metri proprio davanti al Kiris Peak, che abbiamo chiamato Besenello Peak. Da lì ho potuto osservare la parete del Kiris Peak. Quando sono arrivati i nostri compagni, dovendo acclimatarsi abbiamo salito la cima di neve più alta nella valle, lo Snow Peak, come abbiamo chiamato questa vetta di 5500 metri raggiunta dopo otto ore di faticosa camminata prima su morena, poi su neve. Tutte le vette di questa vasta area non sono mai state toccate dall’alpinismo e ho vissuto con entusiasmo l’esperienza di appoggiare i ramponi, gli scarponi o le scarpette d’arrampicata dove mai nessun essere umano l’ha fatto prima. Il 10 luglio siamo partiti favoriti dal bel tempo per la salita alla vetta, con Massimo e Manrico. Non è stato facile, perché abbiamo dovuto fare i conti con le cascate di acqua che si formavano per via della calotta di neve e ghiaccio della vetta e quindi abbiamo duvoto girare un po’ tra le fessure della parete. È stata una bella arrampicata su granito con difficoltà di 8° mentre per quella di ghiaccio e misto, oltre i 65°, le difficoltà sono state di M3. Per la salita abbiamo utilizzato protezioni veloci, friends, dadi. Sembrava di essere su El Capitan, solo che hai un ambiente dove mai nessuno è salito e devi fare i conti con la quota, perché sei a cinquemila metri. Manrico al terzo giorno si è dovuto fermare per l’acclimatamento. Con Massimo abbiamo raggiunto, con grande soddisfazione, il 15 luglio, primi uomini a farlo, la vetta del Kiris Peak».