Europa, le auto elettriche triplicano la quota di mercato
Quest’anno le auto elettriche triplicheranno la propria quota di mercato in Europa. Malgrado la pandemia da Covid-19, le vendite di veicoli elettrici sono impennate dal primo Gennaio con l’entrata in vigore degli standard europei sulle emissioni di CO2: una quota di mercato che dal 3% passerà al 10% nel 2020 ed al 15% nel 2021.
E se la maggior parte delle case automobiliste è sulla buona strada per raggiungere gli obbiettivi di emissioni della Ue, «preoccupa l’aumento» degli inquinanti Suv: fino al 39% della quota di mercato nella prima metà del 2020. Emerge dal report di Transport & Environment (T&E), con il sostegno di Kyoto Club, una analisi delle vendite nella prima metà del 2020 che offre un approfondimento delle strategie di conformità delle case automobilistiche.
L’analisi effettuata - si legge - dimostra l’efficacia degli standard di CO2, ma rileva un rischio: «lo slancio dei veicoli elettrici rischia di spegnersi dopo il 2021 a causa degli obiettivi Ue troppo poco ambiziosi previsti per il 2025 e il 2030». Per Veronica Aneris, Direttrice per l’Italia di T&E «grazie agli standard di emissione, le vendite di auto elettriche stanno esplodendo in Europa, mentre le emissioni di CO2 del nuovo immatricolato hanno registrato il più sostanzioso calo da quando la norma è entrata in vigore nel 2008». «Insieme agli incentivi per l’acquisto - sottolinea -, stanno trainando anche il mercato italiano, contribuendo all’obiettivo dei 6 milioni di elettriche al 2030 previsto nel piano nazionale energia e clima del Governo. Ora - rilancia - bisogna supportare una revisione ambiziosa della norma, per assicurare che il trend positivo continui anche dopo il 2021».
Per quanto riguarda le strategie di conformità delle case automobilistiche, l’analisi di Transport & Environment (T&E) mostra che il Gruppo PSA, Volvo, il pool
FCA-Tesla e il gruppo BMW stanno già rispettando l’obiettivo europeo sulle emissioni medie del nuovo venduto. Mentre Renault, Nissan, Toyota-Mazda e Ford mostrano ancora un piccolo divario per chiudere il gap, con soli 2g di CO2/km. Inoltre si rileva che «sarà sicuramente conforme agli standard europei la Renault che con le vendite 2020 della sola Zoe eliminerà 15g di CO2».
Secondo il report sono più lontani dagli standard: il Gruppo Volkswagen (5g), Hyundai-Kia (7g-3g), Daimler (9g) e Jaguar-Land Rover (13g), che per raggiungere il loro traguardo di conformità adotteranno delle strategie basate o sulla vendita di più veicoli ibridi plug-in o mettendo in comune le emissioni con altre case produttrici (pooling), o un mix di entrambe.
L’analisi quindi evidenzia che «mentre la quota di mercato delle auto elettriche passerà dal 3% al 10% quest’anno e al 15% l’anno prossimo, possiamo aspettarci di vederla solo al 20% quattro anni dopo se l’attuale regolamento sulle emissioni di CO2 non verrà reso più ambizioso». Mentre il caso della Norvegia dimostra quanto velocemente possa crescere il mercato dei veicoli elettrici: dal 6% delle vendite nel 2013 a quasi il 50% nel 2018, soltanto cinque anni dopo.
Sull’aumento delle vendite dei «redditizi ma altamente inquinanti SUV» per T&E influisce la flessibilità prevista nel Regolamento UE in base alla quale la vendita di auto pesanti offre alle case automobilistiche obiettivi di CO2, di fatto, meno stringenti.
Per Gianni Silvestrini, Direttore scientifico di Kyoto Club «se il taglio delle emissioni climalteranti al 2030 del 55% rispetto ai livelli del 1990 verrà ufficialmente adottato dalla Ue, alla fine del decennio le emissioni di CO2 per km del parco auto dovranno dimezzarsi rispetto agli attuali livelli, innescando quindi una forte spinta alla mobilità elettrica». Poi la richiesta al Governo: «È indispensabile - conclude - fissare una data per la fine della vendita di veicoli a combustione interna al massimo entro il 2035, come ha recentemente deciso la California e possibilmente al 2030». (ANSA).(ANSA).
ROMA - Non basterà eliminare il doppio tampone e ridurre la quarantena a dieci giorni, come annunciato dal ministero della Salute: va rivista anche la durata della quarantena per i malati di Covid-19. Lo rileva Lettera150, il think tank che riunisce circa 250 accademici di diverse discipline, che già nelle scorse settimane aveva evidenziato l’inutilità del doppio tampone negativo e della quarantena di 14 giorni, nella prassi prolungata per mancanza di test in numero adeguato.
I provvedimenti annunciati sono una soluzione parziale«, rileva Lettera 150 in una nota, e «che non tiene conto delle evidenze scientifiche e delle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità».
Queste ultime indicano per le persone sintomatiche un periodo di quarantena di 10 giorni dopo l’inizio dei sintomi, più almeno 3 giorni senza sintomi (incluso assenza di febbre e di sintomi respiratori); per le persone asintomatiche: 10 giorni dopo la positività al tampone per SARS-CoV-2. «Le indicazioni dell’Oms - rilevano gli esperti di Lettera 150 - sono supportate sia dal Center of Desease Control (Cdc) di Atlanta, sia da quanto viene applicato nei principali Paesi europei».
Secondo Lettera 150 «la quarantena deve essere rivista anche per chi risulta positivo al Covid-19, altrimenti si rischia, come già accade, di tenere migliaia di persone bloccate senza che questo sia utile ai fini della prevenzione del diffondersi del contagio». Gli esperti osservano inoltre che la policy del ministero della Salute, che non ha recepito le raccomandazioni emesse a giugno dall’Oms, rischia anche di scoraggiare le persone, sintomatiche e non, a sottoporsi a test diagnostici vista l’impossibiltà di preventivare ragionevolmente una fine dell’isolamento domiciliare. Infatti, prosegue la nota, «il test mediante tampone RT-PCR per Sars-CoV-2 RNA può rilevare ed amplificare particelle di materiale genetico del virus anche a distanza di notevole tempo dalla fine dell’infezione attiva. Questo comporta che possano risultare positivi soggetti che non sono più nè malati nè contagiosi».