Adamello, il ghiacciaio si ritira, affiorano centinaia di bombe (ma ci pensano gli alpini)
Vasto intervento degli artificieri della brigata Julia, assieme a carabinieri e finanzieri, personale del Soccorso alpino e della Croce rossa militare, supportati dal nucleo elicotteri della Provincia e dalla Sat. Un intervento importante per mettere in sicurezza i percorsi alpinistici liberandoli dagli ordigni pericolosi
TRENTO. A più di un secolo dal termine della Prima guerra mondiale, dai ghiacciai dell'Adamello continuano a riaffiorare ordigni bellici, e resti di altri materiali, portati fin sulle vette, fra il 1915 e il 1918, sul fronte di alta quota dell'aspro conflitto fra Regno d'Italia e Impero asburgico.
Dal 6 al 9 settembre scorsi, oltre centosessanta residuati bellici esplosivi - proiettili di artiglieria di vari calibri e parti di essi - sono stati ricercati, stoccati e trasportati a valle nel corso dell'operazione "Ghiacciaio Adamello 2003-2021" coordinata dal Commissariato del Governo per la Provincia di Trento in accordo con il Comando truppe Alpine di Bolzano.
Vi hanno preso parte gli artificieri dell'Esercito del 2° Reggimento Genio Guastatori della Brigata alpina Julia, coadiuvati da militari dei Carabinieri e dalla Guardia di Finanza, da personale del Soccorso Alpino e della Croce Rossa militare, supportati dal Nucleo Elicotteri della Provincia di Trento e dalla Commissione storico-culturale della Sat. Facendo base al Rifugio ai Caduti dell'Adamello, le operazioni di recupero sono state condotte in gran parte nelle zone glaciali del Mandrone, della Lobbia Alta, del Folletto e del Corno di Cavento.
Con il progressivo ritiro glaciale, resti di baraccamenti e ordigni spuntano dalla coltre nevosa, ormai grigiastra a fine stagione, anche in prossimità di percorsi alpinistici: di qui l'importanza ancora maggiore della loro neutralizzazione.
«La sicurezza della popolazione e la salvaguardia dell'ambiente - viene spiegato in un comunicato - sono i criteri secondo i quali operano i militari delle Truppe Alpine, che in questi giorni stanno intervenendo nei pressi del Monumento ai Caduti dell'Adamello.
In sostanza, si tratta di una complessa attività di cooperazione all'interno del comparto di protezione civile: impegnati gli istruttori militari di alpinismo e le squadre soccorso alpino militare dei guastatori alpini, oltre agli esperti esplosivisti, in cooperazione con il Corpo militare della Croce Rossa Italiana, che assicura il supporto sanitario in quota, con il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e Carabinieri, che garantiscono l'ordine e la sicurezza e con il Nucleo Elicotteri della Provincia autonoma di Trento».
«Abbiamo collaborato dal punto di vista logistico e operativo - racconta Marco Gramola, della Commissione storico-culturale della Sat - in un ambiente glaciale in trasformazione, in completo ritiro: l'operazione è importante per rendere sicuri i percorsi alpinisti più frequentati da ordigni che potenzialmente possono ancora essere pericolosi». Come possiamo avere un'idea della quantità di materiale che fu faticosamente fatto arrivare sul fronte della "Guerra Bianca"? «Solo per la conquista del Cavento - risponde Gramola - vennero portati in quota oltre venti cannoni di vario calibro, con le relative munizioni, che spararono sulla cima prima dell'assalto italiano del 15 giugno 1917.
La riconquista austriaca del 15 giugno 1918 durò un mese, poi il 19 luglio gli italiani ripresero la cima. Al Passo della Lobbia sorgeva il centro logistico italiano, con caserme in muratura e decine di magazzini, che erano collegati al Passo Brizio attraverso un percorso anche in galleria (la "galleria azzurra") dove transitavano i muli e i cani da slitta: di lì passavano i rifornimenti italiani. Sul fronte arrivarono così tonnellate e tonnellate di materiali».