Marmolada, le ricerche con i cani solo da giovedì. Dellantonio: i droni non vedono sotto la neve
Il capo del Soccorso Alpino nazionale spiega come interverranno le prime squadre a piedi: esperti, con vie di fuga assicurate, perché i velivoli non possono perlustrare la zona dove la neve si è sciolta. Anche oggi tyrovati resti e attrezzatura alpinistica, ma serve un delicato intervento di riconoscimento, grazie anche al Dna
CANAZEI. Partiranno da dopodomani, giovedì, compatibilmente con le condizioni del tempo, le ricerche con l'utilizzo di cani sul fronte basso della valanga sulla Marmolada.
Lo ha riferito il presidente del Soccorso Alpino, Maurizio Dellantonio, al termine della riunione tecnica pomeridiana a Canazei.
"ll caldo - ha spiegato Dellantonio - ha sciolto la parte acquosa della valanga lasciando sulla superficie una parte sassosa che i droni non riescono a vedere. Una squadra di esperti della zona, dopo un monitoraggio entreranno sulla neve per compiere le perlustrazioni, con vie di fuga assicurate".
Prosegue il doloroso riconoscimento dei resti delle vittime travolte dal crollo del seracco sommitale della Marmolada. I numeri, anche quelli dei dispersi, stanno progressivamente stabilizzandosi. Piano piano, infatti, stanno ricomparendo persone che erano state date per disperse, come ad esempio due alpinisti francesi che sono stati sfiorati dalla frana di ghiaccio e hanno raccontato che, in quel drammatico momento, sulla via normale c'erano almeno 12 persone.
Un numero che, calcolando i decessi ufficiali con i nomi delle persone che sono state cercate dai parenti, viene considerato realistico, dal momento che le vittime ufficiali sono 7 ed i dispersi 5, tutti di nazionalità italiana.
Le persone rintracciate in gran parte erano straniere, ha spiegato il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti, che non avevano colto la gravità del momento non avendo informazioni e che si sono fatti vivi tramite le rispettive ambasciate. Altri invece sono stati segnalati da parenti o amici nei giorni scorsi e si sono fatti vivi lunedì sera e questa mattina.
Gli inquirenti hanno ascoltato anche oggi, come nei giorni scorsi, diversi testimoni, come ad esempio il gestore del rifugio a Punta Penia, proprio per cercare di capire quante persone si trovassero sul ghiacciaio al momento del crollo del seracco.
Intanto, per il riconoscimento dei resti, sarà fondamentale il lavoro dei carabinieri del Ris di Parma, che dovranno confrontare i campioni di materiale genetico prelevati dai resti recuperati sul ghiacciaio con quello dei parenti che sono alla ricerca dei loro cari.
Anche oggi i droni del Soccorso alpino e dei vigili del fuoco hanno sorvolato le zone primarie di rinvenimento dei reperti sia umani che di abbigliamento e dell'attrezzatura tecnica: "Anche questa mattina, in tre o quattro punti, abbiamo ritrovato sia dei resti umani che attrezzatura alpinistica e tutto è stato già prelevato dagli operatori in elicottero", ha spiegato il presidente del Soccorso alpino nazionale, Maurizio Dellantonio.
"Ci sono - ha aggiunto Dellantonio - parti umane, di dimensioni molto piccole, tanti neanche collocabili in una parte del corpo o l'altra. Tutti quanti verranno esaminati per trovare anche un minimo di relazione tra un reperto e l'altro".
Quelle di prelievo dei reperti sono operazioni delicate e pericolose: quando un drone individua delle tracce, un soccorritore viene poi calato dall'elicottero per raccogliere velocemente i resti o le attrezzature tecniche emerse dal ghiaccio e dal pietrisco. Il rischio di crolli è infatti molto alto e se un distacco si verificasse durante una ricognizione il tempo per mettersi in salvo sarebbe minimo, considerato che la parte di seracco ancora attaccata alla montagna ha un fronte di ghiaccio di 200 metri con un'altezza di 60 metri ed una profondità di 80 metri.
Una situazione che preoccupa gli esperti nivologici e glaciologici, soprattutto per le fratture che si sono create a monte della parte che è rimasta sulla cima della Regina delle Dolomiti.
Malgrado la pericolosità della situazione, giovedì - probabilmente - una squadra con personale esperto pratico della zona interverrà sul posto, anche con il supporto di Unità cinofile. I droni, che hanno sorvolato per due giorni il ghiacciaio, faticano ormai a rivelare tracce utili, perché nella parte più bassa la neve si è sciolta lasciando scoperto uno strato polveroso e ghiaioso. Per questo si è deciso di intervenire "a vista", pur con i rischi del caso.
Intanto al rifugio Marmolada sono stati montati un interferometro ed un radar doppler in grado di captare le minime variazioni sul fronte glaciale, sia quello che si è staccato che quello intonso. Lo ha detto Mauro Gaddo di MeteoTrentino. I dati raccolti dagli strumenti saranno trasmessi ad un centro di controllo per essere processati e analizzati.