Un omaggio simbolico per tutte le nostre vittime

La lettera al direttore

Un omaggio simbolico per tutte le nostre vittime

Egregio direttore, ci siamo staccati dai nastri di partenza. È iniziata la corsa di recupero, che sarà lunga, faticosa ed irta di ostacoli; e dovremo imparare a convivere con la nuova dura realtà impostaci dal coronavirus. Ma prendendo esempio dalla forza e dal coraggio mostrati da quegli ultranovantenni partigiani, che abbiamo l’occasione di incontrare in queste sere su Raitre nel bel programma curato da Gad Lerner, probabilmente riusciremo ancora una volta a riprenderci e forse cambiare in meglio, prendendo anche lezione da ciò che questa tragedia pure ci ha insegnato.

Dal rispetto dell’ambiente alla maggior cura ed attenzione da prestare al settore della sanità nel suo complesso; dal valore della solidarietà a quello della libertà, che abbiamo imparato vieppiù ad apprezzare nel momento in cui ci è stata legittimamente limitata, per la necessaria difesa della salute di tutti noi. Senza alcuna violazione della nostra Costituzione, come pure, da taluno, è stato, con eccessiva preoccupazione o strumentalmente, evidenziato.
Ma quotidianamente siamo ancora affranti dal numero delle vittime di questa pandemia. È la cosa che più mi ha angosciato in questi ultimi due mesi: la decimazione di una buona parte di quella generazione, che ha partecipato alla rinascita del dopoguerra.

Siamo arrivati a circa 30.000 vittime, ma saranno alfine molti molti di più. L’intera città di Rovereto, che scompare! Ed il tutto in maniera sì brutale: senza una carezza, senza la vicinanza delle persone care, senza il consueto rito funebre. La colonna di quel lungo numero di camion militari, che, nella zona del bergamasco, trasportavano le bare ai crematoi, mi scorre ancora spesso davanti agli occhi.
Io ritengo doveroso che ci si soffermi anche un sol minuto, tutti insieme, per ricordare questi nostri concittadini.

Prendendo spunto da una proposta del poeta Franco Armini, lo avevo proposto, intervenendo a “Prima Pagina”, il 18 aprile. La filosofa Donatella Di Cesare ha rilasciato due giorni dopo una intervista a questo giornale, ribadendo che «serve un rito comune» quale «forte gesto simbolico», per elaborare il lutto nel rispetto dei morti e come segno di comunità per chi é rimasto. Da ultimo l’appello è stato ripreso da Corrado Augias («La Repubblica» del 30 aprile) che ha proposto di dedicare un giorno “per i morti soli”. Il Trentino, come sappiamo, presenta a tutt’oggi un numero di deceduti anche superiore, in proporzione, a regioni ben più popolose.

Vogliamo quindi fermarci un momento tutti insieme, Mentre Maria Dolens, la nostra Campana della pace ci accompagna per un paio di minuti, in un’ora diversa dalla consueta, con i suoi coinvolgenti rintocchi? Avanziamo tale richiesta, per fare in modo che il suo silenzio si accompagni al nostro senso di pace per aver adempiuto al dovere del ricordo.

Pietro Chiaro


 

Maria Dolens, il luogo giusto

Apprezzo che un magistrato come lei (non si è mai ex, no?) sottolinei come la libertà sia stata limitata in modo legittimo. Sottoscrivo poi l’idea di fermarci un momento tutti insieme - del resto ho subito fatto mia l’idea della professoressa Di Cesare - e in Trentino abbiamo effettivamente anche una campana che può idealmente contenere, ricordare e quasi accudire tutti i nostri cari, tutti i nostri pensieri, tutto il nostro dolore. Dunque sentiamo cosa ne pensa il professor Robol e se l’idea piace anche al presidente Fugatti. Una data trentina, una cerimonia trentina, un momento fortemente simbolico trentino, per ricordare tutti i trentini uccisi dal Covid-19.

lettere@ladige.it

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