«Kid Wolf» Riccardo Speziali è «Scappato di casa» per la musica
«Questa musica che mi ha mangiato, io sognavo anche di mangiarci». Così fa un verso di «Scappato di casa», l’ultima canzone pubblicata dal ventenne Riccardo Speziali, in arte «Kid Wolf». Un ragazzo educato e riservato che, dopo la tipica ribellione adolescenziale, ha trovato maturazione nella musica. All’interno della sua cameretta, immerso nel silenzio, ha liberato i pensieri dando voce a tutte le emozioni nascoste negli anni. Una passione cresciuta grazie a un paio di cuffie e un microfono collegato all’auto-tune, strumento che permette di modificare la voce. Un rispetto verso l’arte che Riccardo non abbandonerà mai, sebbene il suo futuro si stia indirizzando verso il mondo delle intermediazioni immobiliari.
Quando ti sei avvicinato alla musica?
«Durante la prima e la seconda media i miei amici cominciarono ad interessarti alle battle di freestyle a Riva, piccole gare a colpi di rime inventate sul momento al ritmo di musica hip-hop. Pensando fosse impossibile, mi sono buttato. Volevo sfatare il mito secondo cui sarei stato adatto. Così ho provato e, con mia grande sorpresa, ho cominciato a trovare le parole giuste per rime e assonanze».
Quando sono arrivati i primi testi?
«Tra la terza media e la prima superiore ho iniziato a scrivere i primi testi assieme a un amico d’infanzia, Simone Andreotti, l’amicizia delle nostre madri ha unito anche noi al di là degli interessi in comune».
È stato difficile unire le idee di entrambi?
«No, abbiamo creato il nostro equilibrio provando e scrivendo in cameretta. Sono sempre stato un bambino un po’ fuori dal branco, introverso e riservato. Scrivemmo i primi testi con le basi di Sherar. Il mio si chiamava “Solita routine”, quello di Simone “Fiore del deserto”. Gli amici sostenevano le nostre tematiche fuori dagli schemi. Noi e Sherar prendemmo poi strade diverse e le due canzoni sparirono dal web».
Hai trovato sostegno nei tuoi genitori?
«Fu mio padre a regalarmi il primo microfono. Mia madre sperava mi togliessi dalla testa la musica, immaginando la difficoltà di riuscire a vivere grazie ad essa. Eppure, mi ha sempre appoggiato».
Scrivesti altre canzoni con Simone?
«Sì, le basi erano di un altro amico della zona, il dj Michele Soave. Scrivemmo “Titanic”, ispirandoci all’omonimo film. Volevamo realizzare un prodotto finito che piacesse in tutto e per tutto. Purtroppo, causa alcune scene tratte direttamente dal film originale, youtube ci fece togliere il video per copyright. Abbiamo continuato a scrivere ma, nel tempo, io e Simone ci siamo divisi musicalmente».
Sei riuscito a trovare un tuo stile?
«Sì. Ammetto di scrivere testi un po’ malinconici, ma preferisco essere me stesso che cambiare per piacere agli altri. Analizzo le situazioni e i sentimenti nella loro profondità. Le rime banali non mi interessano».
Dove è nato il tuo nome d’arte «Kid Wolf»?
«Un’idea di Simone. Wolf, che significa lupo, letto al contrario diventa flow, ovvero flusso sulla base, la capacità di unire suono e parole. Ho aggiunto Kid, bambino, per non essere anonimo».
Le prime “battle”?
«Che ricordi. I primi contest regionali si svolsero nei piccoli locali di Trento e provincia. I premi consistevano in magliette e gadget. Il contest più noto e apprezzato si tiene a Pietramurata ed è “Natale Letale”. Tre anni fa arrivai terzo e l’anno successivo secondo, perdendo contro Dreamer, un rapper di Trento noto in tutta Italia. Ci rispettiamo a vicenda. Un giorno mi portò con sé a Milano per sfidare i rapper di freestyle del Nord Italia, arrivai in semifinale a Vicenza».
Con il passare del tempo hai deciso di mutare il tuo percorso musicale. Hai avviato delle nuove collaborazioni?
«Sì, attualmente sto lavorando con i “Vibe Souce” - il giovane duo di dj composto da Andrea Rigatti e Matteo Pedranz intervistati da l’Adige in questa rubrica qualche mese fa - con Andrea avevo lavorato alla base musicale del singolo “Stanco di me” pubblicato nel 2017, un pezzo ancora acerbo. Abbiamo iniziato ad ingranare bene ora. Abbiamo la schiettezza di dirci le cose senza giri di parole».
Come hai realizzato il testo e il video della canzone «Scappato di Casa»?
«Ho impiegato molto tempo, puntavo a un testo ben lavorato e pensato. Ho registrato presso “RNK Studio” a Rovereto, da un amico dj. Le scene in cui canto in camera sono state girate grazie a pannelli fonoassorbenti e cabina. Curammo tutto nei minimi dettagli. Simone Endrizzi, ragazzo bolzanino molto conosciuto, si è occupato della clip. Ci sono voluti tre incontri per completare il video, siamo riusciti a metterci d’accordo con professionalità e umanità. Mi rimproveravo di continuo. Ora, riguardando quel video e riascoltando il testo, con il mix e il master dei “Vibe Souce” siamo soddisfatti. Il video è stato pubblicato su Youtube a fine gennaio, ricevendo feedback positivi».
A cosa ti sei ispirato?
«A 16 anni scappai veramente di casa, durante la tipica fase di ribellione adolescenziale per cinque giorni e andai a un contest lontano da Riva. Una notte dormii su una panchina con un amico, lo ricordo come fosse ieri. Passammo la notte a chiacchierare come solo i veri amici sanno fare. Così, un giorno, mi ritrovai in camera a riflettere sugli anni passati. Adesso ho compiuto vent’anni, penso di essere cambiato e maturato. Inizierò a lavorare come agente immobiliare. Senza dubbio, non metterò mai il microfono nel cassetto».
Ti preoccupa il futuro?
«Ti rispondo usando dei versi di “Scappato di casa”: “noi che giocavamo a fare i grandi, ora grandi buttiamo quei giochi, tu non passi ma passano gli anni, che ci rendono un poco più vuoti, un po’ più noiosi e alla fine anche un po’ più bugiardi. Sì, te lo giuro più passano gli anni che, frà, ci rendono un po’ più uguali agli altri”. Che senso avrebbe modificare carattere e idee per omologarsi, farsi schiacciare, diventare copia di copie, come tutti gli altri? Mi auguro, a quarant’anni, di non guardare indietro e dire: che stupido ero».
Cosa rappresenta per te la musica?
«Per me la musica è arte ed evoluzione, è giusto stare al passo con i tempi. Scrivo e canto per passione, non per voler sfondare. Sono contento così, sto lavorando a un nuovo pezzo che uscirà a breve».
Quali sono i tuoi progetti?
«Vorrei produrre un Ep, una raccolta di otto canzoni da postare sulla piattaforma di “Spotify”. In queste settimane abbiamo registrato e cominciato le riprese del video sempre con Simone Endrizzi, ha uno stile introspettivo come il mio».
Cosa ne pensi dei ragazzi della zona? «Mi fa piacere vedere vari ragazzi cimentarsi chi con il rap, chi con la trap. Esiste ancora il valore del rispetto reciproco, per quanto si facciano cose diverse. Lungi da me giudicare gli altri, sono già critico verso me stesso. Spero possano uscire testi contenenti storie particolari e temi originali. La musica è racconto, condivisione, emozione profonda e sincerità».
Se dovessi dare loro un consiglio?
«L’unica regola è fare qualcosa di cui ci si possa sentire orgogliosi, fieri. Copiare penalizza. Penso che guardarsi dentro senza paura, eliminando le maschere indossate in società, sia il vero punto di forza».