Paolo Marchi, ambasciatore del buon cibo nel mondo
«Un paio di giorni fa mi è stato chiesto se non avessi mai pensato di aprire una pasticceria. Risposta negativa. Però la domanda è rimasta lì, nella mia testa. L'ho riformulata così: se decidessi di aprire una pasticceria, come vorrei che fosse? Essenziale, un omaggio a un dolce ben preciso, facile da trovare in versione mediocre e pressoché inesistente in locali di qualità: la crostata. Ricoperta di marmellata o frutta che sia. Sogno una bottega dedicata alla crostata di marmellata o con un velo di cioccolato, spicchi diversamente ricoperti per variare il gusto da fetta a fetta. Per iniziare, a Milano». Poi, chissà. Perché in realtà Paolo Marchi, ideatore e fondatore, assieme a Claudio Ceroni, del congresso italiano di cucina e pasticceria d'autore Identità Golose, milanese di nascita ma trentino di adozione, figlio di Rolly Marchi, creatore del Trofeo Topolino di sci, di sogni, nel cassetto, ne ha ancora molti. «Vorrei tornare ad usare la macchina fotografica, per raccontare l'arte, vorrei scrivere un (altro) libro... quel che manca però è il tempo!».
Gli crediamo. Diviso tra Milano, Londra, New York, Chicago e Boston, lo intervistiamo al volo, letteralmente, tra un gate e l'altro. Di ritorno da Tokyo e in partenza per Parigi. «Quando nel 2011, dopo 30 anni al Giornale, lasciai la redazione per dedicarmi con maggior attenzione a Identità Golose, scoprii di avere del tempo libero. Durò poco». Noto giornalista e per quasi tre decenni apprezzata firma del quotidiano fondato da Indro Montanelli, per il quale ha seguito i massimi eventi legati a sci, calcio e vela, soprattutto degli anni Ottanta, la sua passione per l'alta cucina ha infine prevalso sullo sport, indirizzando la penna di Paolo Marchi verso la critica gastronomica. Dopo avere contribuito, nel 1991, alla nascita della sezione italiana dell'associazione Jeunes Restaurateurs d'Europe, nel giugno 2016 lo troviamo tra i soci fondatori dell'Associazione italiana ambasciatori del gusto, di cui è ancora oggi vicepresidente. Nel gennaio del 2004 l'idea che gli cambia la vita: dare alla luce il primo congresso italiano di cucina d'autore.
Com'è nato Identità Golose? «Mi trovavo a San Sebastian, in Spagna, nel ?nuovo Eldorado della cucina?, per lavoro - racconta - Era curioso constatare come tutte le nuove tendenze, tutto ciò che di nuovo stava accadendo tra i fornelli, succedeva là. E come gli chef italiani fossero lì e non in Francia, proprio per imparare a cambiare. Parlando con Carlo Cracco ci chiedemmo se non fosse il caso di realizzare qualcosa di simile anche da noi, per dare così un palcoscenico ai nostri cuochi. Tra lo scetticismo di molti, nel 2005, alla prima edizione di Identità Golose, ospitammo 18 relatori. Andò bene. Non ci siamo più fermati». Il format dedicato all'alta cucina e alle eccellenze italiane ha allargato infatti il proprio programma, introduce temi e argomenti cari agli chef del Bel Paese. Nel giugno 2009 il debutto a Londra, nel 2010 a New York e San Marino. Quindi la Guida ai Ristoranti d'Autore, il sito internet. E nel 2015 un ristorante all'interno di Expo. È successo.
La voglia di Italia, tra gli estimatori della forchetta, è grande e in continua crescita, «lo testimonia il fatto che oltre l'80% dei prodotti made in Italy consumati nel mondo sono imitazioni - dice - Ciò significa da un lato che le nostre eccellenze piacciono talmente tanto che la gente, pur di consumarle, è disposta ad acquistare prodotti fasulli, dall'altro che non siamo capaci di stare al passo con la richiesta. A Tokyo ci sono andato proprio per parlare delle contraffazioni presenti sul mercato mondiale di Grana Padano e prosciutto di Parma».
Tradizione versus innovazione: chi vince? «La forza evocativa che provoca il cibo ogni volta che associamo ad un piatto, un sapore, un profumo, che ha segnato la nostra vita, è fortissima. La tradizione dunque vince sempre. Eppure, se andiamo a guardare, scopriamo che i piatti della tradizione sono oggi cucinati con meno grassi, meno calorie, che c'è più attenzione alla materia prima. Possiamo quindi parlare di innovazione della tradizione». Ultima domanda: perché la cucina-spettacolo in tv piace così tanto? «Il cibo in tv c'è sempre stato, non è una moda del momento. Il problema è semmai che se prima i protagonisti erano i piatti, oggi lo sono i cuochi. Ma fa parte del gioco: la cosa importante è mostrare e far conoscere al pubblico le eccellenze italiane. Essere chef, oggi, significa dunque veicolare un importante messaggio: è una grande responsabilità, non un gioco».
IL PERSONAGGIO
Appassionato di fotografia e cuoco mancato, Paolo Marchi ha raccontato la sua vita di vorace onnivoro in «XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita» (2014, ed. Mondadori), un lungo viaggio che ha inizio con una polenta in Trentino e termina con un inatteso piatto vegano a New York. Una polenta? «Sì, la polenta gialla di mais è il mio piatto preferito - ammette - vorrei uscisse dagli schemi, dai confini montani, e che i grandi cuochi affrontassero questa tradizione gastronomica alpina curandone i gusti di accompagnamento, per innalzarlo così a livello di gourmet. Ecco, mi piacerebbe un giorno poter vedere un festival della polenta creativa».
Oltre alla polenta, per cos'altro va matto il patron di Identità Golose? «Per il baccalà mantecato, il rognone, i gamberi crudi, i risotti, la torta di mele, le crostate. Sono molto curioso, mi definisco "un vegano onnivoro"».
Figlio di Rolly, scrittore, fotografo e giornalista, ideatore del Trofeo Topolino di sci, e di Graziella, pittrice, Paolo Marchi è padre di Viola e di Brando Rolando. Sposato con Luisa, marchigiana, con lei condivide la passione per il Salento e per gli animali domestici. In casa trovano così spazio anche tre cani, Isotta, Pina e Gigi, e un gatto, Max. Stonato dalla nascita, detesta i tromboni, la sciatteria e la volgarità, non si è mai laureato (in lettere moderne) e nel tempo libero ama scrivere, coccolarsi in famiglia e cucinare per gli amici, almeno dieci attorno allo stesso tavolo, viaggiare.
A differenza del padre, «che in fatto di ristoranti aveva una vecchia mentalità e non spendeva cifre per il cibo o il vino», lui, per cibo e vino, gira il mondo, promuovendo l'alta cucina ad ogni latitudine. Le radici però sono tra le nostre montagne, «anche se mio padre non mi hai mai considerato trentino». Come mai? «Sono nato a Milano ma venivo spesso a trovare mia nonna o a sciare. Ho sempre amato il lago di Garda, l'Adige, la varietà di paesaggi, di culture (anche enogastronomiche), di dialetti, di genti. Ricordo che un giorno Rolly organizzò una festa a Rovereto, chiedendo a me e mia moglie di aiutarlo a spedire gli inviti agli amici trentini. Io avevo però un evento concomitante di lavoro in val di Fiemme: mi scusai, dicendo che non sarei riuscito ad essere presente alla festa, ma lui mi rispose che a prescindere dall'impegno, non comparivo tra gli invitati perché non ero trentino. Mi arrabbiai moltissimo!».
Nato a Lavis nel 1921 ma poi trasferitosi a Milano, Rolando Rolly Marchi ha viaggiato in tutto il mondo fin da giovanissimo. Alle nostre montagne ha tuttavia sempre riservato una grande passione, contribuendo alla nascita della 3-Tre, la gara di Coppa del mondo di sci svoltasi per la prima volta nel gennaio 1950 sul canalone Miramonti di Madonna di Campiglio e alla creazione, assieme alla guida alpina Gigi Panei e a Mike Bongiorno, nel 1957, del Trofeo Topolino di sci. «Tanti splendidi ricordi ci legano al Trentino - conclude Paolo Marchi - e un cruccio: Walt Disney, che incontrò mio padre in America, morì a 65 anni, nel dicembre 1966, troppo presto per mantenere la promessa fatta di venire a Trento, ospite d'onore del decennale del Trofeo ispirato al suo personaggio più famoso».
IL PROGETTO
L'edizione numero 15 del congresso Identità golose andrà in scena dal 23 al 25 marzo, quando i palchi del MiCo di via Gattamelata, a Milano, saranno ancora una volta calcati da numerosi ospiti italiani e internazionali che gli ideatori del congresso, Paolo Marchi e Claudio Ceroni, accoglieranno per una tre-giorni di confronto. «Costruire nuove memorie» il tema scelto per quest'anno dagli chef eletti ambasciatori dell'avanguardia gastronomica italiana, che prendendo spunto dalla riflessione sul fattore umano avviata nel 2018 inviterà la platea (in cui spiccheranno 21 donne chef e 19 stranieri) a parlare di memoria in cucina senza cadere in stereotipi abusati, «perché senza la tradizione è difficile guardare al futuro».
Ed è proprio in quest'ottica che da alcuni mesi il congresso inventato da Marchi e Ceroni è diventato un progetto stabile, un luogo fisso dove ritrovarsi a parlare di cibo, approfondire e fare ricerca. Situato a due passi dalla Scala, nello spazio che fu sede della Fondazione Feltrinelli, Identità Golose si propone ora al suo pubblico e gli appassionati di cucina sotto forma di hub, che ospitando cuochi di tutto il mondo e mettendo al centro i piatti della tradizione, a prezzi accessibili ed una carta dei vini con 99 referenze, rappresenta una nuova grande sfida. «Il contratto di affitto che abbiamo stipulato ha la durata di 15 anni - precisano Marchi e Ceroni - Questo ci proietta verso un futuro in cui è d'obbligo essere propositivi e mettere a frutto tutta la nostra esperienza».
Ma non è finita qui. Riflettendo sul valore di un progetto destinato a durare nel tempo, i due stano mettendo a punto alcune iniziative di formazione dedicate ai professionisti della ristorazione che faranno di Identità Golose Milano un nuovo polo didattico grazie alla collaborazione con importanti player, come Alma - la Scuola internazionale di cucina italiana. A novembre ha invece preso avvio un importante programma di alternanza scuola-lavoro in collaborazione con Arte del Convivio e Job Training, allo scopo di coinvolgere gli studenti dell'ultimo anno degli istituti alberghieri di tutta Italia e dedicare loro un programma di 80 ore tra teoria e pratica, in sala e in cucina, offrendo così l'opportunità di sviluppare il loro talento accanto ai grandi professionisti ospiti di Identità Golose Milano.