I quadri fatti con le siringhe e le pillole usate come terapia per la sclerosi multipla
Senza un perché, senza un progetto o un'idea ben definita, ma l'ha fatto, in una sorta di collezionismo compulsivo: aghi, siringhe, pillole, blister, fogli delle istruzioni, per anni non ha buttato via nulla. Quelli che erano "compagni" praticamente quotidiani non sono mai finiti nel cestino dell'immondizia. Oggi, invece, sono delle piccole opere d'arte: quattro quadri, realizzati "grazie" alle terapie seguite, che si sono trasformati in messaggi di speranza. Crudi, se visti da una certa prospettiva. Magari pure un po' inquietanti, se non guardati frontalmente. Ma reali, per non smettere mai di credere e pensare che "everything is going to be alright", che tutto andrà meglio, nonostante la Sclerosi Multipla, nonostante le terapie, nonostante il sistema nervoso centrale lesionato che cambia il corpo. E la vita.
Lui, l'artista, è un ingegnere di 41 anni, che lavora in campo informatico, nato in val di Non ma ormai da qualche anno a Trento. Lui è "norbaf" nelle sue opere e nell'indirizzo del sito internet (norbaf.com) che ha fatto conoscere i suoi quadri in mezzo mondo.
«Non è altro che l'inizio del mio nome e cognome al contrario: Fabio Roncato. Ho sempre fatto tutto in maniera anonima, usando questo pseudonimo: mi piace pensare che in fin dei conti non importa a nessuno del mio nome, del mio viso e di chi io sia. Io voglio semplicemente raccontare una storia, che è la mia ma forse è comune anche a molti altri, quindi il mio nome reale non è davvero importante. Alcuni miei amici e molti colleghi di lavoro non sanno della malattia: non voglio compassione e non voglio vendere i quadri, ma ho capito che sono malato e che parlando della malattia non divento più malato».
E anche a noi e a chi legge, in fondo, interessa parlare di "norbaf", dell'artista che ha trovato un modo di raccontarsi e di raccontare la malattia. La storia inizia nel 2008: una mattina qualunque e una sveglia con i polpacci delle gambe rigidi e tesi. «Qualche anno prima avevo avuto un problema ai nervi periferici, ma tutto si era risolto dopo un periodo in ospedale. Pensavo che fosse solo un riemergere di qual problema e sono andato dal medico a cuor leggero, per qualche esame di controllo. Faccio anche una risonanza e qualche giorno dopo vado a ritirare la busta con i risultati. Non avevo il coraggio di aprirla, l'ho fatta girare da una mano all'altra per ore: poi ho letto. Parole sconosciute. Tutti dicono di non farlo, ma ho iniziato a cercare su internet: le parole che risultano più frequenti nelle ricerche sono ?sclerosi multipla?. Passa ancora più di un anno e dopo una serie di esami la diagnosi è proprio quella. Una batosta, ma la vita deve andare avanti. Ho passato ormai diverse terapie, e solo chi è malato di alcune malattie riesce a cogliere fino in fondo il significato differente tra la parola ?cura? e la parola ?terapia? che prima anche io usavo quasi come fossero sinonimi. Ed anche se sinonimi lo sono, per la Sclerosi Multipla esistono terapie per rallentare il decorso, ma non cure definitive».
Fabio inizia una serie di terapie e, anche se non lo sa ancora, l'artista che è in lui, il "norbaf" che è in lui, è pronto a realizzare qualcosa. A parte la prima, della quale ha conservato la gran parte ma non tutte le siringhe utilizzate, per le altre ha tenuto tutto, scattando anche foto quotidiane alle pastiglie prese. Nel 2012 arriva la prima ispirazione, durante un viaggio a Edimburgo: sopra la Scottish National Gallery of Modern Art spicca un neon con la frase "Everything is going to be alright". Un contrasto tra l'architettura antica e le luci moderne.
«Qualche tempo dopo inizio una nuova terapia, fatta di iniezioni quotidiane e mi ritorna in mente quella immagine: provo a riprodurla con le siringhe utilizzate. Mi piace l'idea della contrapposizione tra la positività del messaggio e la negatività delle siringhe, che poi per me tanto negative non erano, visto che mi servivano per stare meglio. Così procedo: un anno esatto di iniezioni condensate nel messaggio "Everything is going to be alright", 355 siringhe, visto che ogni tanto mi sono dimenticato di fare qualche iniezione, conficcate su una base in legno e cartone sul quale sono raffigurate una serie di immagini stilizzate del corpo umano: si tratta del libretto delle istruzioni del medicinale, dove segnare zona dell'iniezione e data. Se si guarda questo lavoro da lontano, la prima cosa che appare è la scritta, una visione positiva del futuro. Tuttavia, mano a mano che ci si avvicina, tutto cambia vedendo le siringhe. A seconda di come si guarda una situazione il significato può cambiare. Da lì in poi ho continuato. Ho creato "The Ballon", un palloncino a forma di cuore che ricorda molto Banksy: una corda lo tiene legato alla cornice, come una sorta di ancora di salvezza ai problemi della vita».
Poi un cambio di terapia, ma l'ispirazione non viene meno: basta punture, ecco le pillole. «Una pastiglia ogni mattina, e ogni giorno la fotografo con data e ora sovrimpresse. Metto insieme il collage nel quale compare la scritta ?Hope?, speranza. Il quadro si chiama "379.5 mg", come i milligrammi di principio attivo che tutte le pastiglie contengono. Passa altro tempo ed arrivo a quota mille, mille giorni di pastiglie. E così nasce "1000 days": mille fotografie delle pastiglie che ho preso da quando ho iniziato con questa terapia. Quando è buio, grazie a della polvere che ho messo nei contenitori vuoti delle pillole, si vedono le lettere "MS", ovvero sclerosi multipla: come dire che la malattia è tra di noi, ma non è sempre visibile per le persone che ci circondano. Amo la frase "Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre": mi piacerebbe che le persone iniziassero le loro giornate facendo loro questo pensiero. Di certo questo non sarà la cura che noi malati cerchiamo, ma sarebbe bello fosse così».