Da Trento a Trieste in bicicletta, ma passando per la Carinzia: la nuova guida di Simone Frignani (con dedica a Francesco Moser)
«Rotta a Nord-Est» è un vademecum con cartine, tracce gpx e tante informazioni, per un viaggio di 638 chilometri in dieci tappe. Ma perché? «Sono partito dopo il lockdown, e sui social ho avuto subito un grande seguito. E' un percorso attraverso le Alpi, tra mondo latino, tedesco e slavo, e si arriva al mare: molto affascinante»
CICLABILITÀ La mappa dello «stress dei ciclisti» di Trento
VIDEO La prova su strada: le "ciclabili" in città
TRENTO. Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di dire «Sono di Trento», e che vi abbiano risposto: «ah, ho un amico a Trieste».
Ebbene, fra Trento e Trieste non c’è un ponte che separa le due città, ma invece c’è un bellissimo itinerario ciclabile che sconfina in Austria e vi porterà dalle montagne al mare. Lo ha cercato, percorso e descritto Simone Frignani, insegnante modenese ma soprattutto ciclista appassionato ed autore di molte guide di successo ai Cammini italiani. E fan accanito di Francesco Moser.
Frignani ha chiamato la sua guida «Rotta a Nord Est» (edizioni Terre di Mezzo, 15 euro): si tratta come sempre nei libri di questo autore di un pratico vademecum. Da una parte c’è tutto quello che serve per seguire il percorso (compresi i QR code per scaricarsi le tracce Gpx, mappe, tabelle chilometriche ed altimetrie). Dall’altra c’è una godibile parte divulgativa che vi «racconta» di tanti luoghi favolosi fra Trento ed il capoluogo giuliano.
Di fatto, si pedala da piazza Duomo di Trento su per la ciclabile dell’Adige e fino a Fortezza. Poi si devia sulla ciclabile della Pusteria e avanti da Dobbiaco a Lienz. In Austria si esplora la rete delle piste in Carinzia, paradiso bike-friendly, e dal valico di Tarvisio si rientra in Italia. Trento-Triste in 638 chilometri, dieci tappe abbordabili da tutti.
Frignani, come le è venuta questa idea?
Sono convinto che le idee migliori nascono quando si ascolta il cuore. Così, a inizio luglio del 2020, dopo molti mesi di lockdown, ho sentito il bisogno di ripartire per un viaggio in bici. Ho sempre amato la bicicletta, per il suo incedere libero e disinvolto. Ricordo ancora con affetto la Moser rossa, una bici da strada che mi fu regalata per la prima comunione, e che divenne l’inseparabile compagna delle fughe sulle colline modenesi. Poi fu il momento della mountain-bike, una bici in- credibile per i tempi; e dopo altri mezzi venne Angie, una bici da strada da me stesso modificata per il cicloviaggio, che da oltre dieci anni mi accompagna nelle avventure ciclistiche.
Che tipo di percorso aveva in mente?
Il viaggio che avevo in mente doveva essere non eccessivamente faticoso, avrebbe dovuto farmi conoscere meglio le Alpi, per finire con un bagno al mare. Mi si accende la lampadina. Trento e Trieste, due città che abbini spontaneamente: vuoi per le memorie dell’Irredentismo, ambedue città di frontiera ai piedi delle Alpi. L’una che guarda a nord verso il mondo germanico, l’altra rivolta a est, verso le terre slave e i Balcani. Così spesso associate nei nomi delle vie, da far intendere che siano vicine tra loro, mentre in realtà, in linea retta, distano ben 210 chilometri. È bastato un attimo per decidere di pedalare dall’una all’altra, seguendo alcune delle più belle piste ciclabili d’Europa: quella dell’Adige e dell’Isarco, della val Pusteria, della Drava e dell’Alpe Adria. Al momento della partenza, sono già alcune centinaia i followers del gruppo facebook creato per l’occasione; e i membri aumentano nei giorni successivi.
Com’è stata la sua pedalata esplorativa?
Il viaggio si rivela allegro e molto interessante, portandomi a scoprire luoghi magnifici, a poche ore da casa. A monumenti artistici di rilevanza mondiale, ha fatto da sfondo una natura che, dalle Dolomiti alla foce dell’Isonzo, è stata una sorpresa continua; la vasta ricchezza di tradizioni, enogastronomia e curiosità disseminata nei territori attraversati mi ha portato talvolta a compiere piccole deviazioni, senza tuttavia mai perdere di vista la Rotta. Un anello tra i mondi latino, slavo e germanico.
Ed è stato subito un successo…
La mia avventura a due ruote è piaciuta a molti appassionati di viaggi e curiosi che, appena rientrato, hanno cominciato a chiedere informazioni su come seguire le mie orme. Ecco il perché di questa guida: un’opera concepita per il cicloviaggiatore, intendendo con questo termine chiunque consideri la bicicletta come il mezzo d’eccellenza per conoscere il mondo. Mi auguro che possa essere utile e stimolante; se, oltre a fornire le informazioni necessarie per affrontare questo affascinante cicloviaggio dalle Alpi al mare, riuscirà anche a incuriosire, a trasmettere qualche emozione e un po’ di quella gioia che mi ha accompagnato, potrò ritenermi più che soddisfatto.
Tanto amore per la bici, comunque.
Sebbene priva di vele, è perfetta per girare il mondo: tra paesaggi sempre mutevoli, può arrivare dovunque. Se ci entri in sintonia, diventa una compagna fedele, donandoti emozioni, esperienze e incontri che a volte cambiano la vita. A prescindere da ruoli o titoli, quando sei con lei ti riconoscono come cicloviaggiatore, del gruppo di coloro che esplorano il pianeta col vento sulla faccia, anziché guardarlo da dietro un finestrino. Senza barriere interposte tra te e l’universo, ti viene spontaneo avvicinare le persone: ne consegue un’apertura verso il prossimo che ti rende socievole e interessato all’umanità. Entri in una nuova dimensione dove il tempo non è scandito dalle lancette dell’orologio, ma dal ritmico tic-tac dei piedi che danzano gioiosi sui pedali.
Pedalare fa bene. Ma non è faticoso?
In sella sei una specie di funambolo, equilibrista per natura, continuamente impegnato a rettificare una postura che sfida la forza di gravità. Questo esercizio di stabilità fisica si riflette su quella mentale: via ogni tristezza, noia o paura. Il tuo incedere è allegro anche nei passaggi più faticosi: spesso sei talmente felice che ti metti a cantare, per la tua sconfinata libertà, e affidi al vento i tuoi pensieri più intimi. Sei pienamente te stesso, curioso, aperto alla vita e fiducioso in quel che ti riserverà una nuova giornata sui pedali. Ti senti un tutt’uno con la natura, e anche gli spazi urbani ti appaiono diversi, la città diventa più bella e vivibile. Tutti i sensi sono accesi, impegnati in una concentrazione simile alla meditazione. Puoi sentirti un pioniere e un po’ anche profeta, perché nell’epoca del motore hai l’ardire di indicare una rotta diversa.
E poi, aveva in mente Francesco Moser…
Per me è sempre stato un idolo, lo seguivo quando gareggiava. Da bambino mi regalarono quella prima bicicletta, era una «Moser» rossa, e da lì in avanti è stata ammirazione. Adesso ho ancora un sogno: presentare questo libro a Trento, con lui. Gli ho dedicato la guida, c’è scritto bello grande in penultima di copertina. E vediamo se si riuscirà a organizzare una serata, sarebbe un sogno.