Pesticidi, api e coltivazione della mela, Apot: «Fitofarmaci ridotti del 42%», e Fem conferma, «residui in tutti i campioni di polline analizzati»
Il convegno organizzato al Teatro Sociale dai produttori ha fatto il punto sul «Progetto Trentino Frutticolo Trasparente», che punta ad una nuova immagine sui consumatori, parla di biologico ma «senza demonizzare chi ha scelto la lotta integrata»
APICOLTORI/1 Lo studio indipendente della Federazione
APICOLTORI/2 L'Associazione: collaboriamo con i contadini
TRENTO. Il convegno di martedì – al Teatro Sociale di Trento – organizzato da Apot, è balzato alla ribalta per la polemica fra gli apicoltori, con la Federazione trentina assente e critica, e l’Associazione apicoltori presente e collaborativa.
Ma dai lavori sono emersi anche i dati forniti dagli stessi produttori di mele, che da anni sono impegnati in una operazione di trasformazione verso una agricoltura un po’ più «sostenibile».
Si chiama «Progetto Trentino Frutticolo Trasparente». Per Apot, ha avuto risultati eccellenti soprattutto nella riduzione dell’impiego dei fitofarmaci. In pochi anni – è stato detto a Trento – l’uso è passato da quasi 52 kg/ettaro dell’anno 2014, a poco più di 30 del 2021 con una riduzione del 42%.
Un dato apparentemente rassicurante. Ma che spinge a una considerazione: fino al 2014 per ogni ettaro di coltivazione a melo si spargevano 52 kg di pesticidi. Quindi per i 10.000 ettari complessivi erano 500 tonnellate all’anno, ovvero circa 50 carri merci di un treno. Calcolando 60 anni di trattamenti (dal 1960 ai giorni nostri) risulterebbero 3000 carri merci di pesticidi. E il Trentino-Alto Adige rimane ancora saldamente in testa alla classifica nazionale per utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti chimici per ettaro (circa 3 volte più della seconda, come dimostra questa tabella di Isprambiente, con elaborazioni su dati Istat.
Purtroppo i dati del report di principi attivi venduti per ettaro, elaborato dal Sian del Ministero delle Politiche agricole è fermo all’anno 2012
I dati sulla riduzione sono stati evidenziati con soddisfazione dal direttore di Apot, Alessandro Dalpiaz. Il quale ha ricordato come con il supporto della Fondazione Mach si è andati alla costante ricerca di nuove molecole più virtuose sia sotto il profilo tossicologico che per l’impatto sull’ambiente. E di pari passo, si collabora con l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente. Infine, con una campagna rivolta ai consumatori da parte di Melinda e la Trentina per cambiare l’immagine percepita del prodotto.
Dalpiaz ha fornito anche altri dati: su 877 controlli documentali il 95,2% sono risultati conformi, mentre i controlli estivi su frutticini e foglie, hanno registrato una conformità del 99,6%. Evidenziato anche l’incoraggiamento a sviluppare sempre più la melicoltura biologica (oggi, in Trentino, ancora ben sotto il 20%) ma «senza però demonizzare quei produttori che hanno fatta la scelta dell’integrata».
«Il nostro impegno – ha ricordato il presidente di Apot Ennio Magnani – è quello di avvicinare sempre più i consumatori ai produttori, tenendo conto anche delle controverse esigenze delle api e del frutteto. I numeri ci dicono che stiamo rispettando gli impegni ma dobbiamo proseguire perché la strategia europea del Farm to Fork ci impongono tempi molto esigenti. Ma - ha concluso il presidente – dobbiamo fare i conti con i costi delle materie prime che stanno aumentando in modo vertiginoso, visto che la sostenibilità ambientale si poggia sulla sostenibilità economica delle nostre aziende».
Due gli ospiti speciali di questa edizione: il climatologo e meteorologo Luca Mercalli, noto volto tv e divulgatore, e Renzo Cotarella, agronomo e amministratore delegato delle cantine vinicole Marchesi Antinori nel Chianti. Cotarella ha suggerito ai frutticoltori trentini di osare: «Come il vino, anche le mele non sono solo cibo. Serve l’etichetta giusta, che valorizzi unicità e autenticità; c’è un valore edonistico da promuovere, che trascina con sé il territorio. L’agricoltore italiano non ha futuro sul mercato globale se non riesce a far apprezzare la bellezza e a farsela pagare».
Mercalli ha ricordato come l’agricoltura abbia una doppia faccia rispetto all’ambiente: da un lato pesa per il 25% sulle emissioni globali; dall’altro – soprattutto la frutticoltura – attraverso i suoli e i tronchi può «sequestrare» importanti quantità di carbonio dall’atmosfera. E un’agricoltura sempre più green, con meno fitofarmaci sarà sempre più possibile grazie ai progressi della ricerca nel campo della confusione sessuale e delle specie resistenti.
La Fondazione Mach, invece, ha concluso uno studio sui pollini e le api in Trentino, rilevando che residui di agrofarmaci sono stati trovati nei campionamenti di tutti i 13 siti considerati, anche se dal 2019 al 2020 si è registrato un calo nel rinvenimento di principi attivi. Le api, si sa, sono biomarcatori primari della qualità dell’ambiente. Francesco Nazzi, dell’Università di Udine, ha ricordato come le piante con fiori e le api (in Italia abbiamo mille diverse specie) siano partner inseparabili di una microevoluzione. Cosa possiamo fare per preservare le api? «Ridurre gli insetticidi e mantenere la biodiversità».