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In Trentino scatta lo screening neonatale per l'atrofia muscolare spinale

Una diagnosi precoce è in grado di salvare la vita dei piccoli, grazie alle nuove terapie specifiche. Al momento in Italia solo metà delle regioni ha avviato il dispositivo, le altre attendono un decreto ministeriale, nuovamente sollecitato nei giorni scorsi dall'Associazione famiglie Sma

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TRENTO. È partito in provincia di Trento lo screening neonatale per l'atrofia muscolare spinale. Questo nuovo esame, offerto gratuitamente da novembre ai bambini nati in provincia di Trento, è finalizzato a identificare neonati affetti da Sma in una fase molto precoce, in modo da permettere il trattamento farmacologico il prima possibile. Lo comunica Apss in una nota.

"Si perfeziona un percorso avviato dell'ex assessore Stefania Segnana nella passata legislatura che offre uno strumento diagnostico fondamentale per riconoscere, fin dalla nascita, una malattia rara e purtroppo invalidante - sono le parole dell'assessore alla salute, Mario Tonina -. Da alcune settimane abbiamo inserito come prestazione aggiuntiva ai Livelli essenziali di assistenza anche lo screening neonatale per l'atrofia muscolare spinale, che viene quindi offerto in Provincia di Trento come prestazione gratuita. È una possibilità preziosa che ci può aiutare non solo a diagnosticare la malattia, ma anche ad avviare fin dalla nascita un trattamento davvero salvavita".

L'atrofia muscolare spinale (Sma) è una malattia genetica neuromuscolare rara caratterizzata da paralisi muscolare progressiva con perdita del controllo volontario del movimento e con differenti livelli di gravità. La malattia è causata dalla mutazione di entrambe le copie del gene SMN1. Questo significa che entrambi i genitori di un paziente Sma, pur essendo in buona salute, sono di solito portatori sani del difetto genetico.

Si stima che i portatori sani siano circa il 2-3% della popolazione e che nasca un bambino affetto da Sma ogni 6-10mila neonati. Fino ad alcuni anni fa, le cure delle persone affette da Sma erano finalizzate a migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Ora la ricerca scientifica ha reso disponibili terapie specifiche che, se somministrate precocemente, possono modificare in maniera significativa la storia naturale della malattia con l'obiettivo di permettere ai neonati trattati di avere fasi di sviluppo sovrapponibili a quelle dei bambini non ammalati.

Secondo quanto riportato dal sito dell'Osservatorio malattie rare, ad oggi solo la metà delle Regioni italiane ha attivato lo screening precoce sulla Sma. "Ad oggi - si legge - sono 10 le Regioni che per propria volontà effettuano il test anche per la SMA (Abruzzo, Campania, Lazio, Lombardia, Liguria, Puglia, Piemonte e Valle d'Aosta, Toscana, Provincia autonoma di Trento e Provincia autonoma di Bolzano), una Regione su due, la fotografia di un’Italia dove la differenza tra la vita e la morte dipende dal luogo di nascita.

L'Osservatorio ricorda che il 17 novembre scorso, una conferenza stampa alla Camera dei deputati, l'Associazione famiglie Sma ha lanciato un appello affinché il ministero della salute emani in tempi velocissimi il Decreto di aggiornamento del panel delle patologie da ricercare con screening neonatale esteso (sne), sottolineando che nell'attesa si perdono vite, come quella del piccolo Ettore, morto nelel setitmane scorse in una regione che non ha ancora attivato il dispositivo. L'atto ministeriale, ha ricordato l'associazione, è previsto dalla legge e dalle indicazioni del Gruppo di lavoro nominato ad hoc, che già da molto tempo ha consegnato il suo parere positivo per la Sma e per altre 9 patologie: Mucopolisaccaridosi tipo 1 (MPS I), Immunodeficienze combinate gravi (SCID), Deficit di adenosina deaminasi (ADA-SCID), Deficit di purina nucleoside fosforilasi (PNP-SCID), Adrenoleucodistrofia X-linked (X-ALD), Iperplasia surrenalica congenita (SAG), Sindrome Adrenogenitale, Malattia di Pompe, Malattia di Fabry (X-linked), Malattia di Gaucher.

LA RICERCA

Lascia tracce anche nel fegato e nel cervello, il gene responsabile dell'atrofia muscolare spinale, la malattia genetica rara che nella forma più grave provoca la paralisi, fino alla morte prematura dei bambini.

La scoperta, italiana e pubblicata sulla rivista Communication Biology, apre alla possibilità di potenziare e personalizzare le attuali terapie contro la Sma.

Durata quattro anni, condotta su 33 pazienti pediatrici e in modelli animali, la ricerca è stata realizzata grazie alla collaborazione tra il Ceinge Biotecnologie Avanzate 'Franco Salvatore' di Napoli, le università della Campania 'Luigi Vanvitelli, di Napoli Federico II, di Salerno e Cagliari, e con l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Parte dello studio è inoltre finanziata con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, nell'ambito del progetto Mnesys-a, sullo studio del sistema nervoso in condizioni di salute e nella malattia.

I ricercatori hanno scoperto che il gene responsabile dell'atrofia muscolare spinale ha effetti sul metabolismo degli aminoacidi del cervello e del fegato fin dai primi giorni dalla nascita. Incide inoltre sull'espressione degli enzimi che permettono la sintesi delle molecole che aiutano la comunicazione fra le cellule nervose, ossia i neurotrasmettitori. "E' un risultato importante, che da un lato fa pensare alla possibilità di stabilire nuovi biomarcatori per predire l'esordio della malattia", osserva l'ideatore del progetto, Alessandro Usiello, direttore del Laboratorio di Neuroscienze traslazionali del Ceinge e professore di Biochimica clinica dell'Università Vanvitelli. Dall'altro lato, prosegue, il risultato "suggerisce l'importanza della nutrizione per compensare i deficit metabolici causati dalla riduzione della proteina Smn", ossia la proteina prodotta dal gene Smn1 responsabile della malattia.

I test condotti sugli animali, prosegue Usiello, indicano inoltre che nella Sma "è presente una notevole alterazione metabolica di numerosi amminoacidi, accompagnati da una severa riduzione dei livelli del neurotrasmettitore noradrenalina, implicato anche nella regolazione dell'eccitazione delle cellule nervose, del loro metabolismo energetico e delle risposte infiammatorie". I risultati ottenuti osservando i topi utilizzati come modello della malattia "sono coerenti con quanto abbiamo riscontrato nel liquido cerebrospinale dei pazienti pediatrici", osserva Francesco Errico, del Ceinge e professore di Biochimica generale dell'Università Federico II, riferendosi ai bambini affetti dalla Sma1 ricoverati nell'ospedale Bambino Gesù".

Ottimisti i neurologi dell'ospedale pediatrico di Roma Enrico Bertini e Adele D'Amico, per i quali "i risultati della ricerca suggeriscono possibili approcci terapeutici e nutrizionali combinati e personalizzati, potenziando le terapie oggi disponibili".

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