Clamoroso a Wimbledon: Nadal già a casa il rasta Dustin Brown elimina il maiorchino

Le sconfitte sono tutte brutte. Ma ce ne sono alcune davvero dolorose. E quella rimediata da Rafa Nadal contro Dustin Brown nel secondo turno di Wimbledon lo è particolarmente. Pure in una stagione che, a meno di improvvisi e repentini capovolgimenti, resterà la peggiore di sempre nella carriera del mancino di Manacor. Nessuno pensava che fosse uno dei favoriti per la vittoria, a dispetto del successo sui prati di Stoccarda un paio di settimane fa. Ma nemmeno che potesse uscire di scena per la terza volta in quattro anni per mano di un giocatore classificato oltre il centesimo posto del ranking mondiale (era già accaduto contro Rosol nel secondo turno del 2012 e contro Darcis nel primo turno del 2013). Ed invece lo spagnolo, decima testa di serie (è decimo nel ranking, mai così in basso dal 2005) ha ceduto per 75 36 64 64 al tedesco di origini giamaicane, numero 102 Atp, partito dalle qualificazioni, che per la seconda volta in carriera (era già accaduto nel 2013) approda al terzo turno ai "The Championships".

 
Brown aveva già fatto lo sgambetto al maiorchino lo scorso anno negli ottavi ad Halle, sempre sull'erba, quando gli aveva concesso appena cinque giochi. Eppure sembrava difficile ipotizzare un bis del pittoresco Dustin sul mitico Centre Court, sul quale non aveva mai messo piede. Al di la dei meriti indubbi di Brown, è apparsa evidente l'incapacità di Nadal di reagire ad un giocatore che lo ha asfissiato con continue discese a rete, colpi al limite dell'incoscienza e soprattutto con un servizio solidissimo. Lo spagnolo ha perso per 75 un primo set dove era stato in vantaggio per 3-1, ha reagito nel secondo parziale ma nel terzo ha concesso il break con un game al servizio disastroso. Esattamente come il primo gioco della quarta frazione. Nadal ha salvato - di rabbia - due match-point nel nono gioco ma nel game successivo ha capitolato.
Rafa è uscito a testa bassa da quel Centrale londinese che lo ha visto protagonista di cinque finali tra il 2006 ed il 2011 (con i successi del 2008 e del 2010) ma si è fermato comunque a lungo per firmare autografie e posare per i "selfie" con i fan. Un campione si vede anche in questo.

Piccoli campioni crescono. Ma ancora c’è da lavorare e Andreas Seppi lo ha dimostrato battendo in cinque set uno dei giovani fenomeni del circuito, il 18enne croato Borna Coric, capace ad inizio stagione di battere Murray a Dubai nei quarti. Il 31enne altoatesino finalista di recente ad Halle (battuto da Federer), si è imposto con il punteggio di 4-6 6-4 6-7 (3) 6-1 6-1 facendo valere la sua maggior esperienza ad alti livelli. “Probabilmente Coric ha meno talento di Kyrgios, un altro dei giovani emergenti del panorama mondiale - sottolinea Andreas - e sicuramente è meno esplosivo e potente. Però ha più carattere, più ‘tigna’, come si usa dire”. Lo ha dimostrato quando nel terzo set Seppi è andato avanti 4-0 e Coric ha rimontato per poi imporsi al tie break: “Anche se in verità è stata anche un po’ colpa mia - ammette l’azzurro - perché mi sono disunito e distratto”.

Sabato, con ogni probabilità sul Centre Court, sfiderà un avversario proibitivo come Murray, numero tre del mondo, che sull’erba londinese nel 2013 ha messo la parola fine ad un digiuno che durava da 77 anni (l’ultimo britannico a trionfare ai Championships era stato Fred Perry nel lontano 1936). Andreas, che a Wimbledon vanta gli ottavi due stagioni orsono, sfiderà non solo lo scozzese, ma un paese intero che fa il tifo per il suo beniamino. Murray è avanti 6-1 nei precedenti, ma l’unico successi dell’azzurro risale al 2006 nei quarti a Nottingham e proprio sull’erba. “E’ passato un bel po’ di tempo da quella sfida - sottolinea l’azzurro - ma come allora dovrò cercare molto la diagonale del diritto”.

Intanto Andreas Seppi e il suo storico e unico coach Massimo Sartori ricordano l'inizio del loro fantastico sodalizio. La loro memoria consente di celebrare il ventennale di una collaborazione straordinaria, forse la più lunga nella storia del tennis italiano. Tutto è partito il 3 luglio 1995 a Caldaro sulla Strada del Vino, in provincia di Bolzano. Da quelle parti bazzica Alexander Vorhauser, titolare di una pasticceria che da oltre 40 anni è un'istituzione. Ma oltre ai dolci, Vorhauser aveva una passionaccia per il tennis. Presidente del locale tennis club, si mise in testa un'idea un po' folle: costruire un top-100 ATP partendo dalla sua SAT. Per riuscirci, ingaggiò un tecnico vicentino di 28 anni, buon seconda categoria e una voglia matta di imparare: Massimo Sartori.

Con coraggio ed entusiasmo, accettò la scommessa firmando un contratto di tre anni. Alla fine è rimasto lì per diciassette, creando dal nulla il “miracolo” Seppi. Quel 3 luglio 1995 c'erano diversi ragazzi, il più promettente era un altro, “Ma Andreas ha fatto tutto quello che doveva tra i 12 e i 16 anni – racconta Sartori con orgoglio – ha pensato soltanto a migliorarsi, ha preso decisioni forti e non ha mai pensato al successo immediato. Quando aveva 16 anni, avrei scommesso che sarebbe riuscito a ottenere il massimo del suo potenziale”. Detto, fatto. Non vale neanche la pena riportare la carriera di Andreas: troppi successi, troppe soddisfazioni, troppe emozioni per un solo articolo. L'anno scorso dicevano che il ricordo più bello era una vittoria su Rafael Nadal a Rotterdam, ma oggi avranno cambiato idea: il trionfo in Australia su Roger Federer resta una delle pagine più belle in oltre 100 anni di tennis italiano.

Tra Massimo e Andreas si è così creato un legame indissolubile, inscalfibile. “Anche noi litighiamo, ci mancherebbe – dice Sartori – ma molto meno di prima. Siamo maturati entrambi e oggi capisco meglio i momenti che i giocatori vivono al di fuori del tennis”. La loro avventura è nata a Caldaro, ha fatto tappa nei campi più importanti del mondo e oggi prosegue a Bordighera. Finirà soltanto quando Seppi appenderà la racchetta al chiodo. Seppi-Sartori è uno straordinario esempio di come la “fedeltà” tra coach e giocatore abbia consentito di tirare fuori il meglio. Anche loro hanno sbandato, ci mancherebbe, ma la vettura non è mai uscita di strada e arriverà a destinazione.

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