Andrea Lanfri, la sfida all’Everest dopo la meningite: «La malattia non mi ha fermato»
L’alpinista paralimpico si è raccontato al Festival dello sport: le medaglie nell’atletica alle scalate. «Ho 12 paia di protesi per allenamento, corsa, bici, nuoto»
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TRENTO. Tra i protagonisti del Festival dello sport c'è stato anche Andrea Lanfri, alpinista paralimpico, ma anche argento mondiale e bronzo europeo, che ha presentato il suo "Over, il mio Everest e altre montagne". Nel 2015 una malattia – una meningite improvvisa a 29 anni - ha tentato di fermarlo ma lui è riuscito a superare anche le difficoltà. In poco tempo è riuscito ad entrare nella nazionale paralimpica di atletica, vincendo due argenti mondiali e stabilendo i record italiani di velocità nei 100, 200 e 400 metri.
Dopo due anni di frustrazioni, cadute e duro adattamento, dal 2019 Andrea riesce a scalare il Monte Bianco (4810 metri), il Monte Chimborazo in Ecuador (6268 metri) e i 7246 metri del Putha Hiunchuli in Nepal, l’anticamera del sogno. Dopo l’Everest, nel 2022, ha conquistato un’altra tappa delle sue Seven Summits, scalando in solitaria l’Aconcagua in Argentina.
“E' il mio terzo libro – conferma Lanfri – parla di montagne e di avventure ma anche della mia vita. Io arrivo dalla Toscana con la passione per il trekking e per la natura. Cresco, arrivano le prime arrampicate e l'alpinismo, poi nel 2015 è arrivata la malattia – una meningite improvvisa a 29 anni -, che non mi ha però fermato. Nel libro racconto il vecchio Andrea e il nuovo Andrea. All'inizio ero completamente smarrito, non capivo cosa mi stava accadendo. Il secondo pensiero è stato: ho avuto fortuna. In seguito, tante battaglie per tornare alla vita normale. Il prezzo da pagare sono state varie amputazioni. Nonostante tutto però, ero convinto di tornare in montagna, anche se la realtà è stata molto diversa per diversi mesi. Non mi sono mai arreso. I fallimenti, nella quotidianità mi hanno aiutato a ripartire. Ho iniziato così a correre anche con le protesi. La mia breve carriera di atleta è stata la mia vera riabilitazione”.
Il primo grande ostacolo è stato però quello di acquistare le protesi che costavano moltissimo. “Il mio primo obiettivo – aggiunge Lanfri – è stato quello di raccogliere i fondi necessari. Abbandonata l'idea degli sponsor, decisi di lanciare una raccolta fondi e in pochi giorni sono riuscito a raggiungere il mio obiettivo. Avevo gli strumenti per ripartire e da quel giorno nessuno mi ha più fermato, con tanti risultati da atleta”. Successivamente però, la montagna è tornata in primo piano. “Dal 2019 – precisa Lanfri – la montagna si è presa tutto. Sono passato da puro velocista ad alpinista in poco tempo con il sogno dell'Everest. Una vera e propria sfida personale, che si è concretizzata. Non è stato facile tornare ad arrampicare con le protesi. La roccia è molto più difficile del ghiaccio per me. Serve molto equilibrio sicuramente. Ad oggi ho 12 paia di protesi per allenamento, corsa, bici, nuoto e cerco di fare un po' di tutto. Io le chiamo i miei 'piedi da alpinismo' o da arrampicata, ciclismo. Uso cose molto semplici, non c'è nulla di speciale, sono tra le più semplici, perchè devo sempre portarle nel mio zaino”
. Ma come è andata sull'Everest? “La nostra salita è stata pianificata nel dettaglio – conclude Lanfri – abbiamo scelto la via classica. Tutto pronto fino al campo 3, aspettavamo la finestra meteo e poi la grande realtà della vetta. Il ricordo di questa avventura è che l'abbiamo vissuta al massimo fino in fondo, stanchi ma sempre con il sorriso. Ringrazio quanti mi hanno seguito anche virtualmente. Chi scopre il vero Nepal, entra davvero in contatto con un mondo unico. L'Everest però, è stata una tappa, la prossima sfida sarà a dicembre in Australia, ma sto già scalpitando per tornare in Nepal e in altri posti del mondo”.