Ferrovie: «Se ci si crede, è tempo di investire»
«In materia di mobilità ferroviaria, è il tempo delle scelte e della concretezza. Siamo arrivati al dunque: occorre passare dagli annunci ai fatti, cominciando a progettare e, contemporaneamente, a ricercare i finanziamenti». Massimo Girardi , presidente di Transdolomites, ha in mano i giornali altoatesini, che presentano i progetti di metrobus e tramvia di Bolzano, in accordo tra Comune e Provincia. «Lì» dice «c’è una scelta strategica chiara».
Girardi, non è convinto di come la Provincia di Trento si sta muovendo?
«C’è poco o niente di concreto. Ho l’impressione che, non solo in Provincia, non si abbia piena consapevolezza del momento che viviamo».
Vale a dire?
«Con il tunnel del Brennero, la nuova ferrovia, le circonvallazioni di accesso ci saranno cambiamenti di una portata enorme. Come a fine 800».
Cosa c’entra?
«Abbiamo scarsa memoria storica. Dopo la realizzazione della prima ferrovia tra Verona e Innsbruck, dall’inaugurazione del 1867 alla Grande Guerra ci fu una lunga serie di realizzazioni di infrastrutture, dal Tirolo al Trentino, lungo l’asse del Brennero: ferrovie per le valli, funivie, cremagliere: la ferrovia del Garda, la Valsugana, la Trento-Malé, la Ora-Predazzo, il progetto, bloccato dall’evento bellico, della Lavis-Moena. Oggi, quel contesto, in cui c’era una consapevolezza transnazionale per collegare l’Engadina a Venezia, si ripropone con priorità nuove».
Quali?
«I grandi flussi turistici da intercettare e governare, l’inquinamento, il consumo del suolo, i problemi ambientali causati dalla mobilità privata in auto».
Qualcosa la Provincia sta facendo, anche in ambito Euregio.
«Vero. Ma non basta. Gli investimenti sono ancora soprattutto in strade, come la Loppio-Busa. Oggi, il 10% dei turisti che arriva a Trento e Bolzano usa il treno: dopo l’apertura del tunnel del Brennero, la previsione è che saranno il 30-40%. Dal Garda alle Dolomiti servono nuovi collegamenti ferroviari».
Con la Regione Veneto, c’è il progetto del Ring delle Dolomiti...
«Un punto di partenza. Il cuore turistico delle Dolomiti resta però escluso. Invece, serve collegarle con i fondovalle».
Cosa andrebbe quindi fatto?
«Non è credibile sperare che una Giunta provinciale in scadenza si metta a posare binari. Potrebbe però cominciare a progettare e lavorare sui finanziamenti...».
Il «chi paga» è una questione ineludibile.
«Certo, e non c’è tempo da perdere. Tra il 2018 e il 2019, saranno definiti i nuovi fondi Fesr dell’Europa per la mobilità e le infrastrutture ferroviarie. Va fatto un lavoro di squadra a livello di Euregio, con idee chiare, secondo le indicazioni uscite dal summit dello scorso agosto ad Alpbach. Intanto, però, una Provincia con oltre 4 miliardi a bilancio, potrebbe cominciare ad accantonare 200 milioni all’anno per le ferrovie. Lo diceva anche l’assessore Alberto Pacher : invece che puntare su nuove strade, a bilancio costante, le risorse si possono trovare. L’assessore Gilmozzi dice che non possiamo più ragionare con la mentalità del secolo scorso: le scelte politiche siano conseguenti. Provincia e Comune di Bolzano hanno scelto di investire esclusivamente sulla mobilità pubblica».
Lei vive e lavora in val di Fassa: qual è la situazione?
«Ci sono una quarantina di aziende alberghiere in vendita. Al di là dei dati positivi su arrivi e presenze, ci sono due problemi per l’economia turistica: la redditività e le stagioni corte. Una infrastruttura ferroviaria, destagionalizzando l’offerta, va verso l’obiettivo turismo 365 giorni l’anno. Per questo anche le Olimpiadi invernali 2026 o 2030 sarebbero un’occasione irripetibile, se legate alla realizzazione della ferrovia. Come i Mondiali di sci nordico che portano la strada di Fondovalle in Fiemme. Con la differenza che le Olimpiadi avrebbe un impatto maggiore. In valle, invece, il Comun generale pensa ad una funicolare tra Moena e Canazei. Un errore. Una risposta parziale, non definitiva, al problema della mobilità locale e al collegamento con le reti nazionali e internazionali».