Profumi, ricerca a Rovereto svela come li sente il cervello
Il mondo della ricerca a Rovereto ha una caratteristica: in città attrae talenti ma fa poco rumore, in compenso si fa conoscere in Italia e all’estero, si guadagna cospicui fondi oltre i confini nazionali, ottiene risultati riconosciuti a livello globale. Ultimo esempio, il successo dell’Istituto italiano di Tecnologia, che da vent’anni cerca il modo per «dialogare» con il cervello, allo scopo di aiutare - questo l’obiettivo finale, di un percorso ancora lungo e tutto in salita - le persone con malattie neurodegenerative, neurologiche o con alcuni organi compromessi.
Ora il team di ricerca guidato a Rovereto dal professor Stefano Panzeri ha contribuito a fare uno passo decisivo: ha trasmesso un odore artificiale direttamente alle cellule nervose del bulbo olfattivo, una delle zone del cervello dove viene elaborato il senso dell’olfatto. Banalizzando moltissimo un discorso complesso, ha fatto sentire al cervello un odore, senza passare dalle narici. Un esperimento che è valso la pubblicazione su «Science», la rivista scientifica più prestigiosa al mondo e che fornisce elementi fondamentali per la comprensione del linguaggio del cervello e apre la strada alle ricerche per il ripristino delle funzionalità di un sistema nervoso danneggiato.
Il Centro Iit di Neuroscienze e Scienze Cognitive è a Rovereto da 7 anni e dal 2013 coordinato dal professor Panzeri, un «cervello in fuga» rientrato dopo una carriera all’estero, soprattutto in Gran Bretagna. Una cinquantina di ricercatori, “sparsi” tra i laboratori di corso Bettini, messi a disposizione da Cimec e quelli in Progetto Manifattura. L’Iit è un esempio di come l’eccellenza attragga: il laboratorio è stato aperto qui, all’epoca, «per la fama che già aveva Cimec, con cui c’è una collaborazione importante» spiega Panzeri.
Ed è lui stesso che illustra la portata della scoperta sull’olfatto: «Il nostro team ha fornito gli strumenti matematici per decodificare il codice neurale, generando una formula matematica che spiega come il cervello combina l’attività dei neuroni del sistema olfattivo per produrre le sensazioni - osserva il professore, coadiuvato nello studio dalla ricercatrice Iit Monica Moroni - Il nostro studio dimostra per la prima volta come l’alfabeto del cervello combina e organizza la sequenza temporale dell’attivazione di diversi gruppi di neuroni posizionati in diverse parti del cervello, come l’alfabeto scritto o quello musicale combinano in una sequenza temporale diverse lettere o note per generare il significato di una frase o il piacere di una canzone».
Per dirla semplice, il cervello è una macchina che processa informazioni. Quando il naso di avvicina ad una rosa, mandiamo al cervello impulsi elettrici, che mobilitano i neuroni.
Quali? A seconda del profumo, entrano in azione alcuni neuroni, o gli stessi ma in un ordine diverso. Vale per l’olfatto come per la vista e l’udito. Ecco, da anni l’Iit studia questo accendersi dei neuroni, per imparare la “lingua” del cervello. «È come quando si impara una lingua straniera. Prima di tutto, serve un dizionario. Negli anni l’abbiamo creato: facendo sentire profumi diversi abbiamo preso nota di quali neuroni entravano in azione e in quale ordine, su ogni cosa. Così da conoscere le parole, come se fosse una lingua straniera - continua Panzeri - quell che abbiamo fatto questa volta, è il passo successivo. Provare a comunicare noi, provare a dire qualcosa». È questa la parte difficile: sono stati creati odori artificiali, realizzati con il modello matematico sviluppato dai ricercatori dell’Iit. Poi si è tenuto l’esperimento, grazie ai colleghi della New York University che collaborano a questo studio, e che hanno trasmesso gli odori artificiali alle cellule nervose del bulbo olfattivo. Lo hanno fatto - banalizzando molto - accendendo i neuroni “giusti” attraverso l’applicazione di piccoli fasci luminosi.
Risultato: il soggetto era in grado di distinguere odori diversi. Si è riusciti cioè a far sentire un odore al cervello, senza passare dal naso. Una scoperta che apre notevolissime possibilità. Capire come funziona un cervello sano permette di comprendere se esistono patologie. Ma soprattutto, comprendere le strategie di elaborazione degli stimoli sensoriali permetterà - questa la speranza - di aiutare chi ha un cervello perfettamente funzionante, ma si trova con un organo lesionato, a vedere - o sentire - di nuovo il mondo.