Rifiuti illeciti a Dro: c'è la mano della mafia
La «lunga mano» della mafia e dell’ndrangheta sul business dello smaltimento di rifiuti illeciti ha cercato di piazzare una sua base operativa anche in Trentino. E per un po’ di tempo ci è riuscita, almeno fino a quando i carabinieri del Noe di Trento (il Nucleo operativo ecologico dell’Arma) non hanno sentito puzza di bruciato ed esattamente un anno fa hanno posto sotto sequestro il capannone di proprietà della «Salcon sas» di Como ma dislocato a Ceniga, esattamente tra l’attuale «Jolly Blue (ex Gigajoy) e l’azienda Santoni. Ieri, a distanza di poco più di un anno da quel sequestro (il capannone è ancora “sigillato” per ordine della magistratura), è emerso che i proprietari dell’immobile facevano parte di una rete di persone che gestiva da anni il traffico di rifiuti illeciti in tutta Italia. E in manette sono finite anche Matteo Salamone, formalmente amministratore unico della «Salco sas» con sede operativa Ceniga, e Angelo Romanello, di fatto colui che controllava e decideva tutto all’interno della società. Ma soprattutto è emerso che il capannone di Ceniga, in località Matoni, era una delle «pedine» nello scacchiere di siti sparsi in tutto il nord Italia che l’organizzazione utilizzava per far girare e smaltire rifiuti illeciti ma non pericolosi.
Il quadro generale è contenuto nelle 264 pagine che compongono l’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Milano Sara Cipolla che ha messo un punto fermo sull’inchiesta condotta dai Carabinieri Forestali (e anche dal Noe di Trento) e dalla direzione distrettuale antimafia di Milano. Undici persone in manette, nove agli arresti domiciliari e due in carcere. Tra questi ultimi colui che gli inquirenti definiscono il vero «dominus» di tutta l’organizzazione, il calabrese Angelo Romanello, 35 anni, «promotore, organizzatore e finanziatore dell’associazione a delinquere», sottolinea chi ha svolto le indagini andate avanti per mesi e mesi. Quando a metà settembre dell’anno scorso i carabinieri del Noe di Trento misero i sigilli al capannone di Ceniga la custodia giudiziaria dell’immobile venne affidata proprio a lui che formalmente non compariva tra i soci dell’azienda (l’amministratore unico era Matteo Salamone, anche lui agli arresti domiciliari da ieri). Il tempo di incrociare alcuni dati inizialmente non disponibili e poi il provvedimento venne annullato nel momento in cui gli inquirenti appurarono che Romanello era pregiudicato, già finito a più riprese in inchieste legate all’ndrangheta calabrese.
Nell’ordinanza del tribunale di Milano il gip Sara Cipolla accoglie sostanzialmente tutte le contestazioni che fanno parte del castello accusatorio della Procura e della direzione distrettuale antimafia del capoluogo lombardo. La «Salcos sas» acquistò la Tecnometal di Guido Tambosi acquistò nel settembre 2018 ma ancora prima di chiudere l’operazione, già due mesi prima, «tramite il suo prestanome Matteo Salamone, Angelo Romanello inviava carichi di rifiuti presso l’azienda - scrive il gip di Milano - incontrando tra l’altro l’opposizione dell’allora proprietario Tambosi che non voleva ricevere rifiuti. Di fatto - prosegue il gip - Romanello utilizzava a suo piacimento la Salcon sas per realizzare traffici illeciti dei rifiuti».