Accesi sulle vette bellunesi i fuochi per l'autonomia
Una quarantina di falò accesi, nel nome della lotta autonomista, su altrettante vette dolomitiche della provincia di Belluno. Così, sabato notte, il movimento Belluno autonoma Regione Dolomiti (Bard) ha celebrato la Giornata dedicata alla rivendicazione dell'autogoverno nel vicino territorio alpino che appena due settimane fa ha visto ricostituirsi l'ente provinciale, dopo tre anni di commissariamento.
Sabato sera sono state circa trecento le persone che si sono incamminate su sentieri e mulattiere per preparare i fuochi osservando dall'alto le vallate che attendono un primo segnale concreto dalle istituzioni, cioè il trasferimento delle competenze dalla Regione Veneto a quest'area di montagna, come previsto dallo Statuto regionale e dalla legge quadro approvata l'estate scorsa a Venezia che dà al legislatore sei mesi di tempo per procedere con le norme attuative.
Si tratta di attribuire a questo angolo delle Alpi una serie di poteri specifici, nel rispetto peraltro delle previsioni della legge nazionale che ha ridimensionato le Province ordinarie, rendendole enti di secondo grado, ma consentendo alle tre zone montane di Beluno appunto, Sondrio e Verbano-Cusio-Ossola di poter ottenere maggiori responsabilità su delega regionale.
«È stato un nuovo momento per sottolineare l'impegno e anche per unire in un abbraccio simbolico tutte le nostre comunità alpine che non si rassegnano, dal Cadore all'Agordino, dalla Valbelluna (con Belluno e Feltre) alla val di Zoldo, dall'Alpago al Comelico», scrive il Bard.
La notte di sabato, dunque, mentre da Firenze la ministra Maria Elena Boschi si lasciava andare nel suo attacco agli statuti speciali, si è dunque accesa nel segno dell'autonomia, lungo il perimetro della provincia bellunese, dal confine occidentale con il trentino a quello orientale con il Friuli, passando per i versanti settentrionali verso il Sudtirolo e l'Austria e meridionali sulla Pedemontana veneta.
«Tante, tantissime fiamme: un segno tangibile della nostra volontà di cittadini che vogliono rimanere a vivere nei nostri splendidi territori», commenta ancora il movimento bellunese, evocando i rischi, in qualche caso già diventati triste realtà, che le terre alte rivivano processi di spopolamenti a causa dell'assenza di adeguate politiche economiche e sociali, in grado di rispondere alle esigenze specifiche di un territorio che presenta le difficoltà tipiche dell'organizzazione della vita in montagna.
L'attesa ora è palpabile: si rivolge particolare attenzione ai primi passi del nuovo ente provinciale, composto solo da sindaci e consiglieri comunali eletti dai loro colleghi: dieci membri e un presidente, Daniela Larese Filon (sindaco di Auronzo, centrosinistra), che dovranno confrontarsi con la Regione e con lo Stato per far rispettare i tempi del trasferimento di competenze in una nutrita serie di materie strategiche (attività produttive, l'agricoltura, il turismo, risorse idriche, energia, le relazioni transfrontaliere e le minoranze linguistiche ladine e germanofone).
Ma oltre ai tempi, si tratterà di valutare la qualità di questa cessione di sovranità da Venezia a Belluno, vale a dire quale sarà il margine effettivo di manovra in autonomia e quali gli ambiti legislativi concorrenti con la Regione o addirittura nei quali il Veneto intendesse in ogni caso mantenere l'ultima parola su quella dei montanari (si pensi, per esempio, al contesto dell'ipersfruttamento delle acque, che oggi vede la provincia dolomitica costretta a difendersia sia sul fronte idroelettrico con il proliferare di centrali sia su quello irriguo al servizio della pianura.
Sarà interessante capire quale piega prenderà il confronto, specie tenendo conto che i provvedimenti attuativi dovrebbero arrivare prima delle elezioni regionali della prossima primavera (alle scorse europee il bard aveva sostenuto con successo l'europarlamentare uscente Herbert Dorfmann).
Il tutto in uno scenario denso di incognite a livello nazionale (a cominciare dalla riforma del titolo V della Costituzione che riguarda appunto le articolazioni territoriali della Repubblica) e con una situazione locale in cui arriverà probabilmente ben presto al pettine il nodo di un ente molto debole sul fronte della rappresentanza democratica, la Provincia ordinaria depotenziata dalla nuova legge, ente che dovrebbe però diventare l'interprete di una rimarchevole forma di autonomia istituzionale.
Va da sé che si farà sempre più pressante l'ovvia richiesta che a scegliere gli eletti nell'ente della futura autonomia siano direttamente i cittadini bellunesi.
Quei cittadini che da anni attendono una risposta alla loro storica rivendicazione per l'autogoverno e che forse adesso credono veramente nell'avvicinarsi del momento di svolta ma sono consapevoli che poi al Bellunese servirà anche un più forte riconoscimento da parte dello Stato.
Nel frattempo prendono corpo via via le ipotesi di collaborazione fra Belluno, Trento e Bolzano, che contemplano fra l'altro la richiesta - condivisa dalla maggioranza di governo in Trentino e in Alto Adige - che la vicina provincia dolomitica entri a far parte dell'Euregio, nonché l'utilizzo dei fondi stanziati dalle due Province autonome per il fondo destinati ai Comuni di confine.
Qualche novità anche in altri ambiti istituzionali, come il recente accordo fra gli Ordini dei veterinari di Trento e di Belluno, che hanno deciso di federarsi, per unire le forze e affrontare problemi che accomunano i due territori montani.
Che l'unione delle genti alpine rappresenta la risposta più intelligente ed efficasce al nuovo centralismo e alle pressioni economiche e sociali sui popoli di montagna è l'idea promossa dallo stesso movimento Bard, il cui sogno peraltro resta la nascita, in un futuro più o meno lontano, di una nuova Regione composta dalle tre province dolomitiche.
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